Cerca nel blog

mercoledì 29 settembre 2021

Bellissima l'Italia

 


Non so scrivere poesie: mi piace, però, leggere quelle degli altri. Come le poesie di Franco Arminio. “Mi piace l’Italia che non sa di mondo che non sa di questo tempo”: ecco, questa è anche la mia Italia, quella che più amo.

 

Bellissima l’Italia
annidata sull’Appennino.
È la mia Italia,
è l’Italia che trema
e in cui mi inginocchio
ogni giorno
davanti alla porte chiuse
ai muri squarciati.
Bisogna partire da qui,
qui c’è il sacro che ci rimane
e gli animali più belli e più liberi
e grandi spazi di silenzio
e di luce.
A questa Italia voglio dedicare
il resto della mia vita, camminarci dentro
ogni giorno, dalla Sila ai Sibillini,
da Smerillo a Montaguto.
Mi piace l’Italia che non sa di mondo
che non sa di questo tempo.
Venite con me, andiamo insieme
ad Amandola e ad Acerenza,
basta un vicolo
una chiesa, un soffio di vento.

 

Franco Arminio


mercoledì 22 settembre 2021

La bellezza è un'Annunciazione

 


Definire la bellezza, espressa nelle sue più diverse declinazioni, con una semplice formula è un modo senz’altro riduttivo. Certo, ognuno ha la propria idea del bello e come tale resta legittima e meritoria. Trovo affascinante e illuminante la definizione che ne dà lo scrittore Raffaele La Capria nel suo libro “Lo stile dell’anatra” (Rizzoli editore), quando scrive che “la bellezza è un’Annunciazione che si presenta con un messaggio misterioso, intraducibile nelle parole, e in una luce abbagliante che genera timore e stupore. Così dovrebbe essere la Bellezza: un’annunciazione”.

Insomma, secondo lo scrittore partenopeo, la bellezza ce la porta un angelo attraverso un messaggio impenetrabile che nessuno riesce ad immaginare. E’ l’Annunciazione concepita e dipinta dai pittori del Rinascimento, grandissimo tra tutti il Beato Angelico. L’Annunciazione presuppone sempre la presenza di due soggetti: l’angelo e colui cui l’angelo si rivolge. Ciò vuol dire – dice La Capria – che “la bellezza per svelarsi ha bisogno di un incontro che avviene nel tempo, ed è perciò relativo al tempo. Non ha senso una Bellezza che splende per conto suo, è necessario il complemento di chi ne resta abbagliato. Questi però non può essere soltanto un guru arbitro del gusto, che indica anno per anno i nuovi traguardi della sensibilità, e neppure un favorito degli dèi. Dev’essere, in ipotesi, chiunque sia predisposto per natura, per cultura, o meglio per semplice aspettativa – per nostalgia -, ad accogliere il messaggio dell’Angelo. Chiunque lo abbia meritato, chiunque sappia riconoscerlo e riceverlo, o abbia sentito il desiderio di incontrarlo.”

Mi viene da pensare che oggi quest’angelo messaggero di bellezza, che trionfava nelle opere degli antichi maestri, è quasi sparito dal mondo, scende sempre più raramente tra di noi. E’ stato soppiantato dall’angelo della tecnologia che annuncia al mondo intero, giorno dopo giorno, i suoi ultimi ritrovati, che ci abbagliano e ci confondono. E ci rendono schiavi.


giovedì 16 settembre 2021

Capri e non più Capri

 


Capri: non puoi vederla se non l’hai sognata prima


Da Norman Douglas a Thomas Mann, da Edwin Cerio a Tommaso Marinetti, da Curzio Malaparte a Pablo Neruda, passando per Alberto Savinio, Alberto Moravia, Elsa Morante…: esistono luoghi che sono diventati celebri nel mondo per la fama dei personaggi illustri che li hanno frequentati e celebrati, prima ancora che per la loro bellezza. Capri è certamente il principe di questi luoghi. E tra i suoi frequentatori abituali - a cavallo degli anni 50/60 del secolo scorso - c’era anche lo scrittore Raffaele La Capria il quale, quando aveva solo 65 anni – oggi ne ha la bellezza di 99 - “per ritornare là dove si è stati giovani” decise di comprare una casetta di contadini nella campagna sotto il Monte Solaro, tra le viti e gli ulivi digradanti a terrazze, raggiungibile solo scalando ben 150 scalini. Con quel suo trasferimento sull’isola il grande letterato napoletano voleva scrivere un libro su Capri, sullo spirito di quel luogo; finì per scrivere un libro sul suo ritorno nell’isola delle Sirene, quando il canto delle sirene non lo incantava più: “Capri e non più Capri”, questo il titolo, pubblicato da Mondadori nel 1991, libro molto bello scovato sul banchetto di un mercatino dell’usato. Me lo sono goduto questa estate, seduto sul terrazzino della mia casetta nel Cilento, da cui si scorge in lontananza propria quella sagoma inconfondibile dell’isola di Capri.

Nei libri di Raffaele La Capria – scrittore che io amo - aleggia sempre un filo sottile di malinconia che a me piace. E’ una malinconia creativa tendente all’introspezione, alla riflessione, alla nostalgia, sentimenti questi nobilitati soprattutto dagli artisti romantici e decadenti dell’Ottocento. Leggo nel libro: “E così qui sono a Capri e non-più-Capri, il malessere continuo che mi prende è dovuto proprio a questa sensazione che tutto è non-più, ed è perduto giorno dopo giorno inesorabilmente. La vacanza è il momento che meglio si presta a percepire questo fatto, perché nella vacanza si ha tutto il tempo a disposizione per contemplare la vacanza di ogni cosa, e nessuna occupazione quotidiana ci distrae da questa osservazione del mondo e di tutto ciò che va nell’universo alla deriva”.  

Lo scrittore partenopeo, ritornato dopo trent’anni di assenza, non riconosce più la Capri della sua giovinezza dove nacque “il mito della natura abitata dagli dèi”, dove il paesaggio era il riflesso del suo stato d’animo, dove l’acqua era sempre più trasparente. La piazzetta, quel famoso salotto del mondo, simbolo stesso dell’isola dove si andava per guardare e farsi guardare, un tempo centro di raffinata mondanità cosmopolita, appare irriconoscibile agli occhi dello scrittore, l’immagine della più becera società dei consumi. Ma è proprio nei luoghi più belli della terra che meglio si percepisce il degrado che avanza, quel “cammino verso il disordine” che modifica e condiziona l’uomo nell’anima e nel corpo, profanando i paesaggi più belli. E’ il rapporto dell’uomo con la natura che è cambiato e “non è più spensierato”, è il sentimento nei confronti dell’isola che non è più quello di una volta, ed è a Capri che lo scrittore se ne accorge meglio che altrove. “E’ un sentimento – scrive La Capria – che nasce da un’esperienza traumatica fatta da quelli della mia generazione, e solo da loro, in tutta la storia dell’umanità. Solo noi abbiamo vissuto, nel breve arco di una vita, il tempo in cui la Natura (il mare, il cielo, la terra) era la stessa che è sempre stata per millenni, e il tempo in cui non è più quella, ed è malata, sofferente, disanimata come il fondo del mare. E come si fa allora a godere a cuor leggero della sua bellezza, come si fa ad ammirare un panorama o un bel paesaggio?” E’ un grido di dolore, questo, che fa riflettere e che dobbiamo fare nostro se vogliamo salvare i luoghi più belli della Terra.


sabato 11 settembre 2021

Il ritratto di Dorian Gray

 


Ho riletto con rinnovato piacere “Il ritratto di Dorian Gray” di Oscar Wilde. Aldo Busi, nella sua originale e sfrontata prefazione, rivolge una calda raccomandazione ai giovani di “lasciarsi avvelenare in quantità non modica” da questo libro meraviglioso. “Il veleno della letteratura – scrive Busi – acuisce il senso della normalità e della straordinaria bellezza di tutto ciò che essendo normale, non finisce mai di stupire e di interessare. Il veleno della letteratura non dà assuefazione e resta il solo che permetta viaggi sempre più distanti e esponenzialmente eccitanti”. Non servono le mie parole per raccontare questo libro: altri, molto più autorevoli di me, ne hanno scritto. Mi piace però riportare, di seguito, alcune citazioni raccolte dal libro di questo geniale scrittore, figura emblematica del decadentismo della letteratura di fine Ottocento.

Vi è una sola cosa al mondo peggiore del far parlare di sé, ed è il non far parlare di sé.

E’ meglio non essere differenti dai propri simili. I brutti e gli stupidi hanno la parte migliore in questo mondo: possono mettersi a loro agio e godersi lo spettacolo a bocca aperta. Se niente sanno della vittoria, viene per lo meno risparmiata loro la coscienza della sconfitta. Vivono come dovremmo tutti vivere, indisturbati, indifferenti, e senza inquietudine. Non portano rovina agli altri, né altri la portano a loro.

Quando una persona mi piace moltissimo non ne dico mai il nome a nessuno: è come rinunciare a una parte di lei. Ho imparato ad amare il segreto: mi sembra l’unica cosa che può rendere misteriosa – o splendida – la vita moderna. La cosa più banale diventa deliziosa se solamente la si nasconde.

Forse dimentichi che sono sposato, e l’unico fascino del matrimonio è nel rendere assolutamente necessaria per entrambe le parti una vita di inganni. Non so mai dov’è mia moglie, e lei non sa mai cosa sto facendo. Quando ci incontriamo, ci raccontiamo le storie più assurde con le facce più serie.

Con un abito da sera e la cravatta bianca, come hai detto una volta, chiunque, anche un agente di cambio, può conquistarsi la reputazione di persona civile.

Quelli che sono sempre fedeli sanno solo il lato banale dell’amore: mentre gli infedeli ne conoscono le tragedie.

Ogni influenza è immorale…perchè influenzare qualcuno significa dargli la propria anima.

L’unico modo di liberarsi di una tentazione è di abbandonarsi ad essa. Resisti, e la tua anima si ammala di nostalgia per le cose che si è proibita, di desiderio per ciò che le sue mostruose leggi hanno reso mostruoso e illecito. E’ stato detto che i grandi eventi del mondo hanno luogo nella mente. Ed è nella mente, e solo lì, che si commettono anche i grandi peccati dell’umanità.

La giovinezza è l’unica cosa che val la pena di possedere.

Sempre! E’ una parola tremenda. Rabbrividisco quando la sento pronunciare. Piace molto alle donne, che rovinano ogni bella favola tentando di farla durare per sempre. E poi è una parola senza significato.

L’unica differenza fra un capriccio e una passione eterna è che il capriccio dura un po' più a lungo.

Perdendo la bellezza, quale che essa sia, si perde tutto.

Posso aver compassione di tutto, tranne che della sofferenza. Di quella non ho nessuna pietà. E’ troppo brutta, mostruosa, avvilente. Mi sembra di una tremenda morbosità questa simpatia che al giorno d’oggi hanno tutti per il dolore: della vita bisogna amare i colori, la bellezza, la gioia. E le ferite, meno se ne parla meglio è.

Per riprendersi la giovinezza basta ripeterne tutte le sciocchezze.

Al giorno d’oggi la gente sa il prezzo di tutto e non conosce il valore di niente.

Gli uomini si sposano per stanchezza, le donne per curiosità. E se ne pentono sia gli uni che gli altri.

Nessuna donna è un genio. Le donne sono un sesso decorativo: non hanno mai niente da dire, ma lo esprimono in modo incantevole. Sono il trionfo della materia sullo spirito, così come gli uomini sono il trionfo dello spirito sulla morale.

La ricerca della bellezza è il vero segreto della vita.

Ciò che chiamano lealtà o fedeltà a me sembra più che altro letargo dell’abitudine, o mancanza di fantasia. La fedeltà è per la vita sentimentale ciò che la coerenza è per la vita dell’intelletto – una pura e semplice ammissione di fallimento.

Un grande poeta, un poeta veramente grande, è la più grande, è la più impoetica delle creature. I poeti con minore talento, invece, hanno molto più fascino: più le loro rime sono scadenti, più pittoreschi essi appaiono. Il solo fatto di aver pubblicato un libro di sonetti mediocri rende una persona irresistibile, perché vive quella poesia che non sa scrivere. Gli altri scrivono la poesia che non hanno il coraggio di vivere.

Una sigaretta è l’esempio perfetto del vero piacere. E’ squisita e ti lascia insoddisfatto.

Amo il teatro: è tanto più vero della vita.

Esistono solo due tipi di persone realmente affascinanti: quelle che sanno assolutamente tutto, e quelle che non sanno assolutamente niente.

Viviamo in un’epoca in cui solo le cose inutili sono veramente indispensabili.

E’ ben magra consolazione sentirsi dire che l’uomo che ci ha offerto una pessima cena ha una vita privata irreprensibile.

Da noi basta che un uomo abbia cervello e si distingua dagli altri perché la lingua dei mediocri gli si scateni contro.

Forse non ci si sente mai tanto a proprio agio come quando si è costretti a recitare una parte.

Quante sciocchezze dice la gente sui matrimoni felici…un uomo può essere felice con qualsiasi donna – purchè non la ami.

Non ho mai cercato la felicità. Chi vuole la felicità? Io ho inseguito il piacere.

Non ho paura della morte: è il venire a me della morte che mi terrorizza.

E’ l’incertezza che affascina. Un velo di nebbia rende incantevole ogni cosa.

La tragedia della vecchiaia non è l’essere vecchi, ma continuare ad essere giovani.

Tu sei il simbolo di ciò che la nostra epoca va cercando e ha paura di aver trovato. Come sono felice che tu non abbia mai creato niente, scolpito una statua, dipinto un quadro, o prodotto nulla al di fuori di te stesso. La vita è stata la tua arte. Hai fatto del tuo essere una musica – i tuoi giorni sono i tuoi sonetti.


venerdì 3 settembre 2021

Le mie vacanze nel Cilento

 


Ognuno conserva dentro di sé un suo luogo dell’anima che si porta inciso nella memoria come un’immagine sacra. Ed è in questo luogo che si ripara – a volte anche solo con l’immaginazione – quando ha bisogno di una sospensione dal presente, dal tran tran quotidiano. E’ un luogo, questo, che spesso richiama dei punti fermi di riferimento: una quercia secolare che svetta maestosa verso il cielo; un pugno di case in pietra addossate le une alle altre che sfidano i secoli; un muretto a secco che rende più dolce un pendio; una panchina su un belvedere che si affaccia sul mare. Ci si aggrappa a questi simboli come l’edera al muro, immaginandoli sempre allo stesso posto che attendono immutabili ed eterni il nostro ritorno. Poi, un bel giorno, si scopre che quella quercia secolare l’hanno abbattuta per far passare l’ennesima strada; al posto di quel pugno di case ora c’è un grande albergo; il muretto a secco è crollato perché nessuno più fa manutenzione; quel belvedere da cui si scorgeva il paradiso è stato occultato da una serie di anonime villette a schiera. Insomma, quelle immagini della memoria che sembravano immortali, in cui ci si identificava, sono state distrutte, stravolte e con esse anche una parte di noi: il nostro conforto dell’anima.

Rimuginavo dentro di me questi pensieri mentre mi avvicinavo lentamente – dopo circa tre ore di macchina – al mio paese natio, nel Cilento, dove amo trascorrere l’estate. Qui, in questa terra che solo pochi anni fa era semisconosciuta ed oggi viene letteralmente invasa dal turismo di massa, ho la mia casetta avita di origine contadina: custodisce il mio passato, gli anni dell'infanzia e della mia prima giovinezza. Qui, mi illudo ancora di tornare indietro nel tempo. Ma nulla è più come prima: la modernità ha stravolto quell’antico equilibrio esistente tra l’uomo e la natura, ha seppellito quelle serene atmosfere conviviali. E gli incendi dolosi stanno distruggendo, anno dopo anno, il resto del territorio non ancora invaso dal cemento. Tutto è mutato in maniera rapida e a volte disastrosa: il carattere delle persone, il panorama, la terra, il mare, le stagioni, i profumi, i sapori. Ho come l’impressione che il progresso e la tecnologia, che dovrebbero migliorare la qualità della vita e farci stare meglio, ci rendano, invece, sempre più infelici, insoddisfatti e incattiviti. E se un tempo si stava peggio dal punto di vista della salute, dell’igiene, dei trasporti, dei servizi in generale e dell’aspettativa di vita – nessuno lo mette in dubbio - è pur vero, però, che allora si riusciva a godere delle piccole cose della vita e a ritagliarsi semplici spazi di serenità.

Nonostante tutto, devo dire che – per chi proviene da una grande città - l’effetto di tranquillità e di pace che ancora si avverte arrivando in un piccolo paese è sempre notevole, così come immediato è il contatto con la natura circostante. La Roma caotica e rumorosa che mi sono lasciato alle spalle sembra distante anni luce. Qui mi fa compagnia il silenzio; qui, in questa casetta costruita con le pietre locali nei primi anni del Novecento, posso vivere per giorni e giorni come un eremita, in completa solitudine; qui, il tempo ha un’altra dimensione, scorre lento, allo stato puro e a volte sembra di poterlo misurare soltanto osservando il nascere e il morire del giorno, ascoltando il canto di un gallo che mi sveglia tutte le mattine alle sei o il frinire monotono delle cicale durante le assolate e lunghissime giornate estive.

Conduco una vita appartata, quasi monacale: mi sveglio presto, la mattina, e la sera non faccio mai tardi. Uno dei pochi riti sociali che mi concedo - di sera - è quello di gustare un gelato artigianale nella tranquilla piazzetta di Sant’Antuono di Torchiara (un borgo a un tiro di schioppo dal mio paese), dove c’è la storica gelateria “Di Matteo”, una delle migliori del Cilento, inserita nella prestigiosa guida del “Gambero Rosso”. Per il resto, incontro poche persone, non frequento pizzerie o discoteche o assembramenti (a prescindere dal covid), non possiedo cellulari, non navigo in internet perché non ho neanche il computer (questo post l’ho scritto a mano, prima di batterlo al pc), guardo poca televisione e soprattutto evito il telegiornale durante l’ora di cena. Le mattinate scorrono lente tra letture, passeggiate in campagna a raccogliere fichi e brevi incursioni al mare - tra Agropoli e Paestum - per un bagno nelle ore in cui non c’è ancora l’assalto dei vacanzieri alla spiaggia. Ma il mio rapporto con il mare è cambiato, non è più quello di una volta. Vedo una bottiglia di plastica che galleggia sull’acqua; vedo il mio vicino di ombrellone che nasconde le cicche di sigaretta nella sabbia; vedo i resti di un falò notturno sulla spiaggia, con contorno di bicchieri e piatti di plastica…e mi rattristo. Si offusca in me quel piacere che può offrire una mattinata al mare. Sparisce la magia del luogo. Lo confesso: mi viene voglia di scappare per non vedere. Ma perché, mi domando, dobbiamo sporcare l’acqua dove ci bagniamo e la sabbia dove ci distendiamo? Sembra quasi che la bellezza, oggi, esista per essere violata. Per essere oltraggiata. Anche nel passato ci si poteva imbattere in una bottiglia abbandonata lungo la spiaggia (di vetro, perché la plastica non era stata ancora inventata), ma era solo una bottiglia dimenticata. Poi c’era sempre qualcuno che la raccoglieva, perché era ancora un oggetto prezioso che poteva servire, aveva un costo. Oggi la spazzatura la si può trovare ovunque, al mare come lungo un sentiero di montagna: è un modo di essere e di vivere. E’ la moderna società dei consumi usa e getta.

La mia estate nel Cilento è fatta di piccole cose, di semplici abitudini, di pochi divertimenti che non hanno nulla a che vedere con le mode del momento. In questi vuoti giorni di vacanza, sul far della sera, quando il caldo è meno soffocante, amo rifugiarmi sul terrazzino di casa in una sorta di muto e solitario raccoglimento. E’ un terrazzino che ha poco spazio vivibile, ma in compenso mi offre un grande panorama, la cui contemplazione mi spinge a meditare sui grandi temi dell’esistenza e a ritrovare me stesso. Osservo nella sottostante vallata i boschi di querce, le vigne, gli olivi secolari, la strada a scorrimento veloce piena di macchine, la cosiddetta Cilentana, che si incunea tra le colline. In lontananza, quando la giornata è limpida, lo sguardo arriva fino alla Costiera Amalfitana con le sue alte cime che declinano dolcemente verso la Penisola Sorrentina; vedo all’orizzonte l’inconfondibile, bellissima sagoma dell’isola di Capri. Ma vedo anche quella collina, che fino a ieri era coperta da una rigogliosa macchia mediterranea, che sta bruciando da molte ore, e vedo quelle brutte costruzioni in alto che deturpano il paesaggio, laddove poteva sorgere uno spazio verde, una sorta di balcone sulla vallata. Bellezza e bruttezza sembrano convivere in questa terra, e la bruttezza è sempre opera dell’uomo, mai della natura. E mentre si fa sera e il sole sembra nascondersi laggiù all’orizzonte, tingendo di giallo oro lo specchio immobile del mare che bagna Agropoli, sono insidiato da una lieve malinconia che rimanda al declino delle cose e delle persone e mi fa pensare, con un brivido, che tutto è destinato a finire, come questa mia vacanza nel Cilento.