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mercoledì 23 dicembre 2020

Scrivere sul blog

 


Le relazioni mediate dalla tecnologia sono ormai diventate dominanti nella vita di ognuno di noi. Possiamo trascorrere giorni e giorni senza mai intrattenere alcun rapporto interpersonale de visu, senza mai guardare in faccia il nostro interlocutore, pur comunicando con qualcuno. In certi contesti il corpo – che ha un proprio linguaggio e riesce a trasmettere i sentimenti che viviamo in quel determinato momento - sembra scomparso, sostituito dalla sola parola, che ha preso sempre più spazio da quando esistono i telefonini. Basta guardarsi in giro: tutti parlano da soli, anche ad alta voce, collegati con un altrove indefinito, incuranti degli altri che stanno accanto. Ma il corpo scompare anche in altre circostanze, ovvero quando lascia spazio alla scrittura (posta elettronica, facebook, whatsApp, blog e chi più ne ha più ne metta) il cui contenuto, di sicuro, non è paragonabile alla ricchezza di quei carteggi e di quella corrispondenza che hanno fatto letteratura a partire dal Settecento.

Da alcuni anni - scrivendo su questo blog – anch’io intrattengo indirettamente e virtualmente “relazioni” con chi ha la bontà di leggere i miei post, e questo avviene non solo con chi vi lascia un commento, ma anche con coloro che passano da queste parti fugacemente e poi spariscono, per non farvi mai più ritorno. Devo dire che le poche persone che mi leggono assiduamente (si contano sulle dita di una mano…ma mi bastano) e con cui scambio parole e riflessioni, hanno ormai assunto caratteristiche di familiarità e di amicizia, fanno parte del mio quotidiano. E quando loro non vengono da me, ricambio la visita: vado io a cercarle nei loro blog pur non sapendo nulla della loro vita, tranne quelle poche cose personali che si riescono a cogliere durante “l’incontro”. Lo confesso: mi rattristerei se un giorno non dovessi più vedere sul mio post quell’account…quel nome…quell’Anonimo, con cui i diretti interessati lasciano tracce del loro passaggio, il cui bisogno di comunicare e di essere letti credo sia pari al mio, checché ne dicano quelli che scrivono solo per se stessi. Sentirei la mancanza di quelle persone che, senza averle mai viste realmente, “conosco” da tanto tempo. Ogni tanto qualcuno mi abbandona, non mi legge più, così apparentemente senza motivo: chissà, forse ho deluso le sue attese, si è stancato di me, oppure quell’affinità nata casualmente tra di noi si è semplicemente spenta. La relazione allora svanisce, come una bolla di sapone. A volte ho come l’impressione che dall’altra parte non ci sia nessuno, che la persona con cui sono in contatto non abbia un corpo, tant’è che mi viene da pensare che la mia relazione con lui/lei - più che virtuale, come solitamente si dice - sia puramente spirituale. Di lui o di lei esiste esclusivamente la parola scritta, non il linguaggio del corpo, anche se qualcuno dissemina la scrittura di “faccine” per simulare un sorriso, un sentimento, un saluto. Ci diamo del tu fin dal primo momento, come vecchi amici, a volte ci prendiamo la libertà di qualche confidenza, esprimiamo liberamente le nostre opinioni. Addirittura, entriamo con delicatezza finanche nelle nostre vite private. E poi ci rallegriamo quando le idee che comunichiamo collimano. Non mi è mai capitato di “litigare” con qualcuno, non metto filtri di nessun genere, non ho mai cancellato commenti, anche perché noi siamo quel che scriviamo e ognuno è responsabile delle proprie parole. Le parole ci identificano. Sono il riflesso della nostra anima.

E già, scriviamo! In un mondo in cui le parole davvero si sprecano e nonostante sia già stato scritto tutto ciò che c’era da scrivere, ci proviamo ancora a lasciare un segno sulla carta e, ora, anche nell’immensità della rete. Scriviamo, forse, per avere consapevolezza di essere intelligenti in un mondo di mediocri; e scriviamo per alleviare il dolore o per confessarci. E perché no: scriviamo per non morire, per rallentare il tempo, per viaggiare senza partire. Scriviamo per tornare indietro nel tempo, ed io con i miei post lo faccio frequentemente. E poi scriviamo per fuggire in un mondo migliore, che a volte è quello dell’immaginazione, ma scriviamo anche per liberarci dalla malinconia sperando che quel messaggio, quel pensiero, quella richiesta di consenso, quel commento, insomma quella riflessione venga – anche solo momentaneamente – raccolta da qualcuno e poi lasciata. E devo dire che in una situazione difficile come questa che stiamo vivendo, in cui è sconsigliata la fisicità e la vicinanza dei corpi, la parola e la scrittura diventano fondamentali per accorciare quel distanziamento sociale che ci viene imposto e per alleviare la solitudine e la tristezza del momento.

Auguro un sereno Natale agli abituali frequentatori del mio blog (sono sicuro che si faranno vivi anche in questa occasione) e a tutti coloro che, almeno per una volta, si ritrovano per caso a passare da queste parti.

giovedì 17 dicembre 2020

Ogni tanto

 




Ogni tanto
volgo lo sguardo alla fonte
e vo alla ricerca dei sogni
che sono scomparsi nel nulla.
Li cerco negli angoli bui,
nei vicoli,
che il sole più non carezza,
nelle lunghe notti d’estate,
tra lucciole e sonni sudati.
Invano
m’aggiro tra vecchie dimore
ormai abbandonate,
invano
scruto i balconi serrati
ed i vasi di fresie tutte seccate.
Invano
cerco un viso amato
affacciato a un verone,
che chiama
e mi chiede qualcosa.
Invano!
Mi resta questa mia disperata ricerca
di spazi dispersi nel nulla,
di corse per campi e sentieri
che sanno ancora di vecchi profumi
aggrappati alle siepi di gialla ginestra,
ridente su poggi e colline,
di glicini abbracciati ai cancelli
e di bimbe ridenti e chiassose
coi capelli arruffati,
spazzati dal vento.
Poi vedo, d’un tratto,
dei visi curiosi affacciati
alla casa che amai,
alla casa che serra ancora le voci
più care al mio cuore
ed un senso d’angoscia m’opprime,
mi strazia i pensieri
e m’offusca la mente.

Salvatore Armando Santoro