Quando mi capita di vedere in
televisione certi ministri e certi parlamentari ( a dir la verità cerco sempre
di evitarli, per non rattristarmi), i quali dall’alto dei loro prestigiosi e
strapagati incarichi istituzionali sciorinano in ogni occasione - con
saccenteria e senza alcuna vergogna - le solite ovvietà spacciandole per grandi
competenze, non posso non pensare a quello che diceva un poeta cinese, un certo
Su Shih della dinastia Song, vissuto intorno all’anno 1100: “ogni famiglia,
quando nasce un bimbo, lo vuole intelligente. Io con la mia intelligenza ho
sofferto e mi sono rovinato tutta la mia vita. Spero solo che il mio bimbo sia
stupido e ignorante: coronerà così una vita placida diventando ministro”.
Evidentemente, tale assunto avrà
ispirato anche i genitori di alcuni degli attuali politici e amministratori
pubblici, visto che quest’ultimi- da bambini stupidi e ignoranti quali erano -
hanno potuto coronare la loro vita diventando ministri senza soffrire, così
come si augurava per il figlio quel poeta cinese della dinastia Song. Stupidi
si, ma ricchi e felici, considerato che lo stipendio medio lordo di un
parlamentare sfiora i 20.000 euro. E già, perché la stupidità, la cialtroneria,
la scarsa intelligenza, oltre a costituire “titoli di merito” per scalare le
vette più alte della politica, pare che preservino pure dalle sofferenze e
dagli affanni della vita. Ma non era solo il poeta cinese a pensarla così. C’è
un famoso passo della Bibbia (nel libro di Qoelet) che recita: “grande sapienza
è grande tormento; più intelligenza avrai, più soffrirai”. Vi risulta che i
nostri politici, da come ci governano, siano intelligenti? O che abbiano grande
sapienza? O che soffrano? La stupidità, l’incompetenza, l’ottusità dei loro
cervelli sono una sorta di vaccino che li rende immuni da qualsiasi difficoltà
dell’esistenza, da qualsivoglia angoscia esistenziale. Osservateli questi governanti
nelle varie trasmissioni televisive: sono sempre sereni e felici; sorridono
sempre, soprattutto le ministre. Essi restano imperturbabili anche di fronte ad
una sciagura, anche quando un’alluvione distrugge un intero paese, anche quando
le famiglie si ritrovano senza lavoro: loro non sono mai responsabili di quanto
accade. E se c’è una responsabilità, ebbene questa appartiene sempre a qualcun
altro.
Il politico, anche dinanzi a
domande sgradevoli che lo inchiodano alle proprie responsabilità (a dire il
vero di siffatte domande, da parte di un giornalismo sempre più asservito al
potere, ne riceve davvero poche), non si scompone minimamente e sorridendo, ci
illumina dicendo che “il paese ha bisogno di riforme, che non possono più
essere rinviate”; ci spiega che “senza crescita economica le diseguaglianze
sociali aumenteranno”; ci chiarisce che “ è disponibile al confronto con
l’opposizione e le parti sociali”; ci fa capire che “ affermare che i politici
dovrebbero prendere quanto gli altri lavoratori è solo demagogia”. E si
potrebbe continuare all’infinito con queste frasi fatte e con tutte le altre banalità
che vanno bene per ogni situazione.
Sconfiggere verbalmente il
politico è un’impresa davvero impossibile. Odiarlo non serve a nulla.
Dileggiarlo col sarcasmo e l’ironia non scalfisce le sue “certezze”, le sue
ardite autoassoluzioni. Lui rimane impassibile, freddo, distaccato: ha sviluppato
– dopo tantissime legislature e infinite battaglie verbali - una scorza talmente
dura che difficilmente si piega. Tutto gli scivola addosso. La sua forza
vincente sta nel fatto di non vedersi come noi lo vediamo, cioè incapace, né di
dubitare mai di se stesso. Colpito dalle nostre invettive o dagli strali
(finti) del giornalista di turno, resterà sempre in bilico, senza mai cedere,
roteando all’infinito su se stesso e mostrando un ghigno folle e insulso, che
lo libera da qualsiasi incertezza, da qualunque scrupolo di coscienza. E noi
cittadini soffriamo in preda alla più cupa frustrazione.
Ricordate il principio di
Peter, noto anche come principio di incompetenza?. E’ una tesi che sarebbe paradossale se non fosse vera e che riguarda le dinamiche di carriera all’interno di
un’organizzazione gerarchica, formulata da uno psicologo canadese, tale
Laurence Peter. Secondo me questo principio viene applicato anche in politica,
altrimenti non si capisce perché ci siano tanti incompetenti. Peter afferma che
“ in qualsiasi gerarchia, ognuno tende a salire di grado, finché non raggiunge
il suo livello di massima incompetenza; pertanto ogni incarico elevato è
destinato a finire nelle mani di un incapace”. In altre parole, se un cittadino
svolge molto bene la sua attività lavorativa – facendo l’impiegato o l’avvocato
o il medico, ecc. – passo dopo passo questo lavoratore farà la sua bella
carriera all’interno dell’organizzazione in cui presta la sua opera. Scalando
questa piramide, otterrà incarichi con un grado di difficoltà sempre superiore
alle sue effettive competenze e capacità (per esempio verrà promosso Ministro
della Repubblica). A questo punto la sua carriera avrà raggiunto l’apice e, pur
essendo totalmente incompetente, non verrà mandato via ma conserverà quella
poltrona per la quale si è dimostrato inadatto. E se proprio dovrà essere
rimosso, allora gli verrà dato un incarico superiore. Così funziona la politica
in Italia.