Secondo le statistiche in
Italia si legge poco. Molto poco. Pare che più della metà dei nostri
connazionali non legga nemmeno un libro all’anno. Ma se da una parte i lettori
diminuiscono, dall’altra aumentano in maniera esponenziale le pubblicazioni:
vengono infatti dati alle stampe circa 60.000 nuovi libri ogni anno. Sembra un curioso
paradosso, ma questi sono i dati. D’altra parte basta entrare in una qualsiasi
libreria di una grande città per rendersi conto della gigantesca mole di libri
esposti in bella mostra negli scaffali. Si avverte un senso di saturazione e di
frustrazione, nello stesso tempo, perché non sai da dove iniziare.
Le librerie dovrebbero essere
i “luoghi dello spirito” ma quando poi ti capita di imbatterti nell’ultimo
libro di Massimo D’Alema “Non solo euro” più di una domanda sorge spontanea:
cosa ha da spartire siffatta opera letteraria con lo “spirito”? Che cosa può
mai scrivere di così interessante un politico come l’autore del suddetto libro,
che non abbia già detto e ribadito (ahi noi!) in questi ultimi quarant’anni di
vita politica? Ma le sorprese, per chi
mette piede in questi posti dedicati alla cultura, sono veramente tante.
Sarebbe infatti molto interessante, dal punto di vista antropologico, conoscere
qualcuno che spende 15 euro per immergersi nelle ponderate riflessioni di
Maurizio Lupi riportate nel suo ultimo capolavoro, pubblicato da Mondadori, “La
prima politica è vivere” . Inoltre, per chi non lo sapesse, “La mafia uccide
d’estate”: a svelarcelo è il Ministro dell’Interno Angelino Alfano, in libreria
a sole 18,50 euro (Mondadori). Sono scrittori molto in voga: gli “scrittori
politici”.
Hanno fatto il loro ingresso
nel mondo della letteratura anche gli “scrittori calciatori”: e con questi si
potrebbe formare più di una nazionale. Si parte dal numero 10, Pirlo, che
essendo notoriamente un calciatore pensante, non poteva scrivere che “Penso
dunque gioco”; poi c’è il portiere e capitano della nazionale Gigi Buffon che
non si è sprecato molto nel trovare un titolo al suo libro: “Numero 1”,
pubblicato da Rizzoli; è presente anche Marchisio che ci racconta le sue
emozioni giocando nella “Juventus” (Priuli
& Virlucca Editore). Se poi qualcuno va cercando emozioni forti, allora non
può perdersi “L’ultimo gladiatore” di Antonio Conte. In attesa del nuovo
allenatore della nazionale, non poteva mancare il suo ex (Cesare Prandelli) con il suo libro pubblicato
da Giunti (prima della disfatta mondiale), il cui titolo ci tranquillizza: “Il
calcio fa bene”. Si potrebbe continuare, ma fermiamoci qui e apriamo un’altra
finestra: quella degli “scrittori giornalisti famosi”, le cui belle facce fanno
capolino dalla quarta di copertina dei loro libri. Costoro, non contenti di
apparire ormai da anni nei talk show serali, hanno trovato il modo per
rimpinguare i lauti compensi televisivi con un po’ di diritti d’autore elargiti
loro a piene mani da editori compiacenti, per i quali non conta quello che
scrivi, ma il volto noto che ti ritrovi. Ha fatto così il suo esordio nel mondo
letterario Giovanni Floris, passando senza alcuna difficoltà dagli studi di Ballarò
alla libreria con il suo primo romanzo “Il confine di Bonetti”, edito da
Feltrinelli. E che dire di Massimo Gramellini, il quale, dopo il grande successo
di pubblico per il suo primo libro pubblicato da Longanesi nel 2012 “Fai bei
sogni” – grazie ai ripetuti passaggi pubblicitari a “Che tempo che fa” dove è
ospite fisso - tenta di nuovo la scalata delle classifiche di vendita con la
sua ultima creatura letteraria “La magia del buongiorno”, una raccolta di
corsivi già pubblicati nel corso degli ultimi anni sulla prima pagina del “La
Stampa” di cui è vicedirettore. Ma se il simpatico Gramellini (lo scrivo senza
ironia) non fosse stato il personaggio noto che tutti conoscono e non avesse
avuto quella vetrina settimanale da Fazio - mi chiedo – i suoi lettori lo
avrebbero ugualmente premiato? Gli editori lo avrebbero rincorso allo stesso
modo? Qualche dubbio mi sovviene. E così potremmo andare avanti con gli
scrittori attori…gli scrittori presentatori…gli scrittori cantanti ecc. Va
evidenziato, inoltre, nel panorama editoriale una categoria molto particolare
che annovera i cosiddetti “scrittori di successo”. Sono quelli che vanno di
moda in un determinato momento e che sfornano uno o più libri all’anno, come
Giorgio Faletti, Beppe Severgnini, Stefen King, Ken Follet, Dan Brown, Fabrizio
Volo. Mi viene in mente un certo Leopardi che all’inizio dell’’800, quando la
televisione ancora non era stata inventata, scriveva: “è più facile ad un libro mediocre
d’acquistare grido per virtù di una fama già ottenuta dall’autore, che ad un
autore di venire in reputazione per mezzo di un libro eccellente”. Il
grande poeta di Recanati aveva già previsto tutto. A questo punto uno si
potrebbe chiedere: ma i grandi scrittori, quelli con la S maiuscola, che fine
hanno fatto? Dove sono finiti i
D’Annunzio, i Pavese, gli Svevo, i Dostoevskij? Sono ancora presenti nelle
librerie? Si, per fortuna ci sono ancora, basta cercarli. Non occupano,
naturalmente, i primi posti delle vetrine, perché quelli sono ormai riservati
agli improvvisati scribacchini dei
nostri tempi: i vip della televisione, dello spettacolo e della politica.
La vera letteratura, se
proprio lo vogliamo ammettere, è altro. E’ quella che non deve misurarsi con i
mezzi di comunicazione di massa che contraddistinguono l’epoca in cui viviamo, ma
deve suggerire domande, deve agire come coscienza critica, deve essere oggetto
di inquietudine ma anche di denuncia. E’ quella che suscita riflessioni
profonde: luogo di metafore, di esperienze
di vita, di dubbi, di illusioni. E’ quella letteratura che si propone come
testimonianza e memoria, una memoria che sia sempre presente nella coscienza
degli uomini e che si opponga alle mode e ai fatti di attualità ricorrenti, già
ampiamente enfatizzati dai mass media.
Ho l’impressione che oggi la
degenerazione della scrittura abbia abbassato notevolmente la qualità della
domanda di lettura: preferiamo i libri della Littizzetto e di Vespa piuttosto
quelli di Svevo e di Calvino. Il lettore è invogliato a comprare un romanzo soltanto
se lo stesso viene presentato e divulgato in televisione, come qualsiasi altro
prodotto commerciale. E siccome nelle
trasmissioni televisive si parla tanto - per esempio - dei romanzi scritti da
Dario Franceschini – tutti pubblicati da Bompiani - e non si discute mai di Beppe Fenoglio o di Ennio Flaiano, il
lettore/telespettatore verrà acculturato dall’opera omnia del Ministro della
Cultura e non conoscerà i suoi vicini di scaffale presenti in libreria, i cui
cognomi iniziano appunto con la lettera F. Con questo non voglio dire che non
ci siano nobili eccezioni: penso a Camilleri, Eco, Erri De Luca, Tabucchi e
tanti altri. Resta il fatto, però, che il chiacchiericcio letterario mediatico
oggi ha il sopravvento sulla buona letteratura. Diceva Italo Calvino che “l’ideale
sarebbe sentire l’attualità come il brusio fuori dalla finestra, che ci avverte
degli ingorghi del traffico e degli sbalzi meteorologici, mentre sentiamo il
discorso dei classici che suona chiaro e articolato nella stanza”.