Di questi tempi, più che di
tempo pieno abbiamo bisogno di tempo vuoto. La nostra mente ama le piccole cose
dell’esistenza quotidiana, si lascia ispirare da un paesaggio, da una bella
parola, dal sorriso di una persona, da un albero che ci regala ombra in una
torrida giornata estiva. Ha bisogno di tempo - la nostra mente - per elaborare
tutto ciò che vede, che ascolta, che legge. Non può essere travolta dagli
eventi. Eppure, ogni giorno i mezzi di informazione, come la televisione e la
radio, i giornali e la pubblicità, la rete e i social e chi più ne ha più ne
metta, inondano le nostre esistenze di notizie, di avvenimenti, di parole, di
immagini, di rumori. Quando troppi fatti ci aggrediscono contemporaneamente -
siano essi importanti o marginali - e reclamano di essere compresi e ascoltati tutti
nella stessa maniera, la nostra mente viene oppressa. Viene ferita. Se pensiamo,
poi, alla quantità di carta, sotto forma di giornali e riviste, che riempie le edicole
e alle migliaia e migliaia di libri pubblicati ogni anno che nessuno legge; se
pensiamo alla disinvoltura con cui gli “ospiti” dei talk show televisivi urlano
tutto e il contrario di tutto, non per cercare una verità condivisa ma per
mostrare di saperla più lunga degli altri; se pensiamo alla spudoratezza di
certi attori, giornalisti, cantanti, politici, calciatori che si ostinano a
scrivere i loro inutili libri e libercoli che - ahimè! - si trovano pure in
testa alle classifiche; se pensiamo a quante parole e a quante scemenze girano attraverso
i social in una sola giornata; ebbene, se pensiamo a tutto ciò, ci assale
inevitabilmente l’angoscia e avvertiamo un forte bisogno di silenzio.
“Si deve smettere di tacere solo
quando si ha qualche cosa da dire che valga più del silenzio”. Lo
scriveva nel 1700 l’abate Joseph Antoine Dinouart in un suo libriccino intitolato
“L’arte di tacere seguita dall’arte dello scriver poco” (Castelvecchi
editore). Con questo delizioso libretto l’insigne ecclesiastico del XVIII
secolo si scaglia contro la sovrabbondanza di parole dette e scritte, contro
l’abituale smania narcisistica di dire qualcosa e di mettersi in evidenza in
ogni occasione. Il silenzio sarebbe indispensabile a tutti quegli autori – e sono
la maggioranza - che scrivono male e scrivono troppo, “mentre sarebbe un
bene di grande utilità se quegli scrittori validi e giudiziosi che troppo amano
tacere, offrissero più spesso al pubblico insegnamenti saggi e importanti”.
“L’arte di tacere” sembra
proprio parlare dell’oggi e ci invoglia a guardare con attenzione alle storture
dovute all’eccesso di comunicazioni, informazioni e scrittura in generale. E’
un piccolo grande libro che dovrebbero leggere tutti coloro che parlano e
scrivono troppo, anche quando dovrebbero tacere. La domanda sorge spontanea: ma
noi che scriviamo sui nostri blog siamo per caso esenti da questa moratoria? Qualcuno dirà che ci sono differenze di merito e di valore e quindi vanno fatti dei distinguo, però un po' di
silenzio – diciamolo - ogni tanto non farebbe male a nessuno. Non guasterebbe.
“Quale che sia la disposizione d’animo che abbiamo verso il silenzio –
diceva l’abate Dinouart – dobbiamo sempre diffidare di noi stessi: la smania
di dire qualcosa sarebbe già un motivo sufficiente per tacerla”.