venerdì 3 settembre 2021

Le mie vacanze nel Cilento

 


Ognuno conserva dentro di sé un suo luogo dell’anima che si porta inciso nella memoria come un’immagine sacra. Ed è in questo luogo che si ripara – a volte anche solo con l’immaginazione – quando ha bisogno di una sospensione dal presente, dal tran tran quotidiano. E’ un luogo, questo, che spesso richiama dei punti fermi di riferimento: una quercia secolare che svetta maestosa verso il cielo; un pugno di case in pietra addossate le une alle altre che sfidano i secoli; un muretto a secco che rende più dolce un pendio; una panchina su un belvedere che si affaccia sul mare. Ci si aggrappa a questi simboli come l’edera al muro, immaginandoli sempre allo stesso posto che attendono immutabili ed eterni il nostro ritorno. Poi, un bel giorno, si scopre che quella quercia secolare l’hanno abbattuta per far passare l’ennesima strada; al posto di quel pugno di case ora c’è un grande albergo; il muretto a secco è crollato perché nessuno più fa manutenzione; quel belvedere da cui si scorgeva il paradiso è stato occultato da una serie di anonime villette a schiera. Insomma, quelle immagini della memoria che sembravano immortali, in cui ci si identificava, sono state distrutte, stravolte e con esse anche una parte di noi: il nostro conforto dell’anima.

Rimuginavo dentro di me questi pensieri mentre mi avvicinavo lentamente – dopo circa tre ore di macchina – al mio paese natio, nel Cilento, dove amo trascorrere l’estate. Qui, in questa terra che solo pochi anni fa era semisconosciuta ed oggi viene letteralmente invasa dal turismo di massa, ho la mia casetta avita di origine contadina: custodisce il mio passato, gli anni dell'infanzia e della mia prima giovinezza. Qui, mi illudo ancora di tornare indietro nel tempo. Ma nulla è più come prima: la modernità ha stravolto quell’antico equilibrio esistente tra l’uomo e la natura, ha seppellito quelle serene atmosfere conviviali. E gli incendi dolosi stanno distruggendo, anno dopo anno, il resto del territorio non ancora invaso dal cemento. Tutto è mutato in maniera rapida e a volte disastrosa: il carattere delle persone, il panorama, la terra, il mare, le stagioni, i profumi, i sapori. Ho come l’impressione che il progresso e la tecnologia, che dovrebbero migliorare la qualità della vita e farci stare meglio, ci rendano, invece, sempre più infelici, insoddisfatti e incattiviti. E se un tempo si stava peggio dal punto di vista della salute, dell’igiene, dei trasporti, dei servizi in generale e dell’aspettativa di vita – nessuno lo mette in dubbio - è pur vero, però, che allora si riusciva a godere delle piccole cose della vita e a ritagliarsi semplici spazi di serenità.

Nonostante tutto, devo dire che – per chi proviene da una grande città - l’effetto di tranquillità e di pace che ancora si avverte arrivando in un piccolo paese è sempre notevole, così come immediato è il contatto con la natura circostante. La Roma caotica e rumorosa che mi sono lasciato alle spalle sembra distante anni luce. Qui mi fa compagnia il silenzio; qui, in questa casetta costruita con le pietre locali nei primi anni del Novecento, posso vivere per giorni e giorni come un eremita, in completa solitudine; qui, il tempo ha un’altra dimensione, scorre lento, allo stato puro e a volte sembra di poterlo misurare soltanto osservando il nascere e il morire del giorno, ascoltando il canto di un gallo che mi sveglia tutte le mattine alle sei o il frinire monotono delle cicale durante le assolate e lunghissime giornate estive.

Conduco una vita appartata, quasi monacale: mi sveglio presto, la mattina, e la sera non faccio mai tardi. Uno dei pochi riti sociali che mi concedo - di sera - è quello di gustare un gelato artigianale nella tranquilla piazzetta di Sant’Antuono di Torchiara (un borgo a un tiro di schioppo dal mio paese), dove c’è la storica gelateria “Di Matteo”, una delle migliori del Cilento, inserita nella prestigiosa guida del “Gambero Rosso”. Per il resto, incontro poche persone, non frequento pizzerie o discoteche o assembramenti (a prescindere dal covid), non possiedo cellulari, non navigo in internet perché non ho neanche il computer (questo post l’ho scritto a mano, prima di batterlo al pc), guardo poca televisione e soprattutto evito il telegiornale durante l’ora di cena. Le mattinate scorrono lente tra letture, passeggiate in campagna a raccogliere fichi e brevi incursioni al mare - tra Agropoli e Paestum - per un bagno nelle ore in cui non c’è ancora l’assalto dei vacanzieri alla spiaggia. Ma il mio rapporto con il mare è cambiato, non è più quello di una volta. Vedo una bottiglia di plastica che galleggia sull’acqua; vedo il mio vicino di ombrellone che nasconde le cicche di sigaretta nella sabbia; vedo i resti di un falò notturno sulla spiaggia, con contorno di bicchieri e piatti di plastica…e mi rattristo. Si offusca in me quel piacere che può offrire una mattinata al mare. Sparisce la magia del luogo. Lo confesso: mi viene voglia di scappare per non vedere. Ma perché, mi domando, dobbiamo sporcare l’acqua dove ci bagniamo e la sabbia dove ci distendiamo? Sembra quasi che la bellezza, oggi, esista per essere violata. Per essere oltraggiata. Anche nel passato ci si poteva imbattere in una bottiglia abbandonata lungo la spiaggia (di vetro, perché la plastica non era stata ancora inventata), ma era solo una bottiglia dimenticata. Poi c’era sempre qualcuno che la raccoglieva, perché era ancora un oggetto prezioso che poteva servire, aveva un costo. Oggi la spazzatura la si può trovare ovunque, al mare come lungo un sentiero di montagna: è un modo di essere e di vivere. E’ la moderna società dei consumi usa e getta.

La mia estate nel Cilento è fatta di piccole cose, di semplici abitudini, di pochi divertimenti che non hanno nulla a che vedere con le mode del momento. In questi vuoti giorni di vacanza, sul far della sera, quando il caldo è meno soffocante, amo rifugiarmi sul terrazzino di casa in una sorta di muto e solitario raccoglimento. E’ un terrazzino che ha poco spazio vivibile, ma in compenso mi offre un grande panorama, la cui contemplazione mi spinge a meditare sui grandi temi dell’esistenza e a ritrovare me stesso. Osservo nella sottostante vallata i boschi di querce, le vigne, gli olivi secolari, la strada a scorrimento veloce piena di macchine, la cosiddetta Cilentana, che si incunea tra le colline. In lontananza, quando la giornata è limpida, lo sguardo arriva fino alla Costiera Amalfitana con le sue alte cime che declinano dolcemente verso la Penisola Sorrentina; vedo all’orizzonte l’inconfondibile, bellissima sagoma dell’isola di Capri. Ma vedo anche quella collina, che fino a ieri era coperta da una rigogliosa macchia mediterranea, che sta bruciando da molte ore, e vedo quelle brutte costruzioni in alto che deturpano il paesaggio, laddove poteva sorgere uno spazio verde, una sorta di balcone sulla vallata. Bellezza e bruttezza sembrano convivere in questa terra, e la bruttezza è sempre opera dell’uomo, mai della natura. E mentre si fa sera e il sole sembra nascondersi laggiù all’orizzonte, tingendo di giallo oro lo specchio immobile del mare che bagna Agropoli, sono insidiato da una lieve malinconia che rimanda al declino delle cose e delle persone e mi fa pensare, con un brivido, che tutto è destinato a finire, come questa mia vacanza nel Cilento.



8 commenti:

  1. se questa foto l'hai scattata tu dal terrazzino, è davvero una vista che riempie l'anima, roba da starci ore sul "terrazzino che ha poco spazio vivibile"!
    massimolegnani

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    1. La foto l'ha scattata mio figlio dal terrazzino: quel panorama io posso solo ammirarlo e non me lo perdo mai, sul far della sera. Come si vede, il sole sembra nascondersi dietro la sagoma inconfondibile dell'sola di Capri: una meraviglia.
      Ciao Carlo e grazie.

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  2. Mi hai ricordato i miei sessant'anni di vacanze settembrine a Scauri, confine Lazio/Campania. Un luogo scrigno testimone di tutta la mia infanzia, la mia adolescenza, i tormenti e le gioie, i cambi di vita ed il tempo con le persone amate. Non ho una casa mia laggiù. Siamo sempre stati in affitto. probabilmente per questo il distacco sarà più lieve, perché ora, ogni volta che ho occasione di ripassare, è la malinconia che tiene banco, quel "declino di cose e persone" cui fai cenno con delicata sensibilità per tutto il tuo post. Un declino che riguarda anche noi, cui troppa memoria comincia a far più male che bene. Grazie per lo spunto, e per l'ennesimo viaggio virtuale nel tempo..

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    1. Grazie Franco, per le tue belle parole. Hai proprio ragione: "la troppa memoria comincia a far più male che bene". Noi, sessantenni e oltre, una memoria almeno ce l'abbiamo...e ad essa ci aggrappiamo quando vogliamo evadere dal presente.
      Un caro saluto

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  3. Sai qual'è la mia "malinconia" caro Pino, che post come questo ...come il tuo li vedo sempre piú in via di estinzione, purtroppo.
    Parole come anima, spirito, passato, contemplazione, meditazione, silenzio, boschi, vigne, olive ,equilibrio tra uomo e natura ...pare facciano parte di un vissuto disintegrato e sostituito da una modernità che ne disconosce perfino la sempicitá delle parole ormai desuete, a cui si attribuiva un certo valore e significato, dando spazio a cosa?Alla "cementificazione" materiale e metaforicamente esistenziale...si costruiscono pareti per riprodurre l'eco e il compiacimento di quella forma di individualismo estremo che specie in questi ultimi tempi molti bramano dandone un interpretazione di libertà che li incatena piuttosto ad una forma di prigionia.È l'era dell'apparire e se non mi vedete farò in modo che accada...imbratterò il mio corpo di tatuaggi .

    Una volta si studiavano a scuola le cartine geografiche affisse ai muri, e tu memorizzavi internamente i confini , i rilievi , riuscivi a vedere il punto in cui vivevi e cosa ti circondava...

    Oggi a parte "google ti porto io" ...non necessitiamo di nessuna cartina geografica perchè è tutto affisso sul corpo, sappiamo dove ci troviamo e sappiamo chi siamo...la mappa dell' Io più che la mappa del mondo!!.La differenza ?Con la cartina affissa sul muro si entrava in connessione con ciò che ci circondava e lo si elaborava conoscendosi anche internamente, con la cartina sul corpo si fa "muro" a se stessi , disconnettendosi da ciò che ci circonda , disconoscendo anche se stessi.

    Il problema è che quando inizi a parlare di spiritualità, di anima , di contemplazione vieni scrutato in modo strano ...eppure non mi sembra una terminologia cosi complicata da portarti a cercarla sul vocabolario come me che ho cercato il termine hater, a parte che, senza nulla togliere alla terminologia inglese, non ho mai capito perchè usare un termine diverso dalla nostra lingua, se fosse per una questione semplificativa è altamente probabile ...oggi si tende alla "potatura" non solo degli alberi e dei vigneti ma anche delle parole...
    Mi sono quindi trovata a tradurre un termine da inglese a italiano scoprendo che poi qui in rete va tanto di moda.Perchè l'hater non è piú tanto anonimo come significato originale ma pare che se ne va indisturbato tra i vax, no vax, atei, credenti, anonimi e non anonimi...uno spettacolo umano di cui spesso perdo il gusto della lettura...e scusatemi dico perchè sono io a non capire voi...

    " Bellezza e bruttezza sembrano convivere in questa terra, e la bruttezza è sempre opera dell’uomo, mai della natura"


    Dare voce ad una natura cosí ferita solo chi parla e comprende il suo linguaggio riesce perfettamente .Io giuro in mare ho trovato quest'anno una bottiglia di vetro , chiara trasparente e con tappo(portata a riva e buttata nel bidone del vetro) ...nessun messaggio all'interno, penso che la natura si ravveda di farci arrivare messaggi scritti se mal interpretati!

    "Ognuno conserva dentro di sé un suo luogo dell’anima che si porta inciso nella memoria come un’immagine sacra. Ed è in questo luogo che si ripara – a volte anche solo con l’immaginazione – quando ha bisogno di una sospensione dal presente, dal tran tran quotidiano.
    "

    Grazie di cuore


    L.

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    1. La cosa che più mi rattrista – mia cara L. – è che ormai siamo assuefatti a qualsiasi orrore e disastro ambientale e niente più ci indigna. I rifiuti avanzano e noi li osserviamo e li accettiamo passivamente come se fossero il risultato di una triste calamità naturale e non il comportamento sbagliato dell’uomo. Quando il brutto riesce ad intossicare il bello, anche la nostra percezione estetica viene terribilmente modificata e inquinata. L’apparizione di una nave con la sua mostruosa stazza che occupa la laguna di Venezia, di fronte alla basilica di San Marco, è un’immagine talmente disturbante che offusca la bellezza circostante. E’ la terrificante rappresentazione di come un luogo dell’anima può essere “consumato” dal turismo di massa. Sporcare un luogo – che sia una spiaggia o una strada o un sentiero di campagna o un muro di cinta in pietra - è diventato uno sport nazionale e nessuno fa niente, in primis lo Stato, per frenare questo scempio. Si imbratta tutto, e come scrivi tu, si è arrivati ad imbrattare anche il proprio corpo con i tatuaggi, come certi muri delle periferie cittadine. Bellezza e bruttezza sembrano convivere in un abbraccio mortale, l’ho scritto nel post: mi sono trovato ad osservare quel tramonto magnifico immortalato nella foto sopra, mentre un’intera collina bruciava distruggendo flora e fauna. Un disastro. Non sapevo se gioire per la bellezza che mi offriva la natura o disperarmi per il gesto di un delinquente che aveva dato fuoco a quella bellezza.
      Grazie a te per il tuo bel commento, che io condivido e buona giornata

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  4. Spero con tutto il cuore proprio di no, spero che non venga distrutto quel meraviglioso gioiello che è il Cilento. Sai, ci sono stata non molti anni fa, in vacanza :Palinuro, Ascea, Pisciotta e spesso, nelle domeniche d’estate andavo a mare ad Agropoli. La magia di quel posto naturale ti abbraccia, però anche io mi sono chiesta spesso se il rilancio del Cilento non abbia finito inevitabilmente anche per rovinarlo. Speriamo che resista all’aggressività umana. Bel blog, buona serata.

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    1. Innanzitutto, grazie per essere qui e grazie per le tue belle parole. Palinuro, Ascea, Pisciotta, Agropoli….e tanti altri piccoli borghi affacciati sul mare, rappresentano le perle del Cilento. E’ chiaro, però, che se si arriva in massa in un bel posto, qualunque esso sia, qualche problema si crea, soprattutto se non rispettiamo la natura e l’ambiente di cui siamo ospiti. Diceva una volta un filosofo che se scopri un bel posto devi evitare di dirlo agli altri, altrimenti arrivano e lo distruggono. Provocazione a parte…ti consiglio di ritornare ancora nel Cilento: ne vale sempre la pena! Un saluto

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