Quando una persona è ferita
nel fisico e soffre, si rende conto – forse per la prima volta - di quanto la vita e
la salute siano valori inestimabili, mai del tutto apprezzati. Riflettevo
su questo pensiero mentre mi trovavo ricoverato in un letto d’ospedale per un
intervento chirurgico. Ho avuto la sensazione, in quella particolare condizione, di
non essere una persona del tutto autonoma, ma un corpo inerte, insensibile, in
balìa del tempo che pareva si fosse fermato e del tutto assoggettato all’infermiere
di turno, che aveva libero accesso sul mio corpo. L’ospedale, sotto certi
aspetti, ti rende bambino, soffoca qualsiasi pudore e ti costringe alla totale dipendenza
degli operatori sanitari che si prendono cura di te. E’ un’esperienza umana che
ti fornisce, comunque, l’opportunità di scoprire alcuni valori sottesi in una
condizione di piena salute e ti rafforza psicologicamente, consentendoti di
affrontare eventuali future avversità con uno spirito diverso.
Soprattutto nelle situazioni di
sofferenza e di solitudine, l’uomo sente il bisogno di ricercare un segno di
felicità, un qualsiasi diversivo che lo liberi dall’angoscia; avverte sempre l’
esigenza di aggrapparsi a qualche pensiero positivo che gli permetta di
superare le avversità del momento. In tali frangenti nessun dialogo appare
impossibile, qualsiasi atto diventa il centro dei suoi pensieri e dei suoi
affetti: può succedere, allora, che parli con un gatto o con un albero, oppure segua,
senza annoiarsi, i movimenti di una mosca che volteggia sul suo corpo o una
formica che faticosamente trasporta il suo cibo nella tana. Quello che sembra
del tutto insignificante in una condizione di normalità, diventa di
straordinario interesse in un contesto di isolamento e di abbandono.
E così per sentirmi meglio, quel
giorno, inseguivo con gli occhi qualcosa che mi riportasse alla normalità, che
mi scrollasse di dosso quella deleteria indifferenza, che mi alleggerisse la
sofferenza. I miei occhi andavano spesso verso la finestra che si apriva alla
sinistra del mio letto, oltre la quale potevo solo immaginare quella routine
quotidiana, tante volte disprezzata. Ora la desideravo, non vedevo l’ora
di poterla riprendere. Con rinnovato piacere. E’ proprio vero: riusciamo a
capire l’importanza delle piccole gioie solo quando ci vengono a mancare
all’improvviso. Vale per le persone, ma vale anche per le cose e le azioni di
tutti i giorni. E mentre vaneggiavo su questi concetti, all’improvviso la mia
attenzione è stata attratta da un insieme di nuvole bianchissime che
volteggiavano nel cielo: si allungavano, si sfilacciavano, assumevano forme
bizzarre, si intrecciavano. Sembravano candidi batuffoli, onde marine che svolazzavano
e si susseguivano, colori immacolati che esplodevano, morbidi cuscini.
La visione di quell’improvviso
spettacolo naturale ha avuto il merito di allontanare momentaneamente il malessere che mi opprimeva; quei ghirigori,
quei riccioli disegnati nel cielo che scorgevo dal mio letto d’ospedale erano diventati
il mio piacevole svago pomeridiano; proprio quelle nuvole, che in altre
occasioni non avrei degnato di uno sguardo, ora mi allietavano la giornata, mi avevano finalmente riportato alla vita,
alla serenità, all’ottimismo E mentre osservavo incantato quei giochi in continuo
movimento - come se mi trovassi ad assistere allo spettacolo più bello del mondo
– mi è venuto da pensare che solo un luogo come l’ospedale, nonostante il suo
carico di sofferenze, ha la forza di farti capire l’essenza stessa della vita e
l’importanza delle piccole grandi cose.