Sono stato sempre attratto dalla
bellezza, nella sua accezione più vasta. Quella bellezza che si può cogliere non
solo osservando un’opera d’arte, ma anche una strada dove regna il silenzio e
la pulizia, così come una piazzetta con la sua fontanella al centro dove
potersi fermare a riflettere. Direi che sono stato educato a questa sensibilità
cercando di raffinare lo sguardo, dando valore alle cose belle che pure esistono
nella nostra realtà quotidiana, che sia un antico palazzo o un’aiuola fiorita
lungo un marciapiede o un vecchio muro in pietra impreziosito dalla patina del
tempo. E’ un esercizio, questo, che mi accompagna da sempre e diventa ancor più
incombente di questi tempi in cui il guardare – che non sia rivolto solo ed esclusivamente
allo schermo di uno smartphone – sembra sparito del tutto dalle attività umane.
Osservare una piazza con le panchine non divelte e sporche di vernice, senza
erbacce e senza immondizia, mi fa stare bene. Osservare un muro senza scritte,
senza pubblicità ma solo invecchiato dal tempo, mi dona serenità. Il contrario,
invece, mi massacra l’anima. Mi rattrista.
Rimuginavo dentro di me questi
pensieri mentre percorrevo a piedi una strada di un quartiere periferico di
Roma – una come tante, non esiste differenza - circondato da centinaia di
macchine (quasi tutti Suv e fuoristrada, come se la Capitale si trovasse
sull’Altipiano delle Ande), parcheggiate a casaccio, sulle strisce pedonali e
ovunque ci fosse un po' di spazio libero. Devo dire che mentre proseguivo - cercando
di evitare macchine e cassonetti straripanti di spazzatura e tavolini e sedie dei
bar lungo il marciapiede pieno di cartacce e gente incollata con lo sguardo al
cellulare – ero come insidiato da un vago latente malessere. Avevo
l’impressione che nessuno facesse più caso a quel disordine, o apparisse
turbato da quel contesto urbano in cui ci si muoveva abitualmente. Eppure –
pensavo – il traffico in città ormai ci sta strozzando. I rumori sono al limite
della sopportazione umana. L’aria che respiriamo non è certo quella di montagna.
I marciapiedi sono diventati orinatoi per cani, sporchi e maleodoranti (mi
dispiace dirlo, per chi ha un animale, ma è così), e si cammina su un tappeto
di cicche di sigarette e spazzatura. Ogni spazio visibile, come i muri dei
palazzi, le saracinesche dei negozi, perfino i monumenti e le facciate delle
chiese sono zeppi di graffiti, di scritte con le bombolette spray le une sulle
altre, e poi manifesti pubblicitari e dépliant che svolazzano ovunque e ti
aggrediscono visivamente senza via di scampo, deturpando l’ambiente circostante
e accrescendo la percezione del degrado.
Devo dire che vivendo in una
grande città ogni condotta, ogni minimo particolare, ogni cosa che mi circonda
non posso che registrarla come riflesso della decadenza dei nostri tempi. Non
riesco più ad estraniarmi dal brutto, in tutti i suoi innumerevoli aspetti. Mi
ossessiona. A volte vorrei essere indifferente, menefreghista: ma non ci
riesco. Faccio fatica a ritrovarmi in una città che vedo sempre più spesso
abbandonata a se stessa, dove i comportamenti sono omologati al ribasso e dove
il senso del decoro e della civiltà sembrano spariti. Diamo sempre la colpa a
chi ci governa e non vogliamo mai riconoscere le nostre responsabilità. Sembriamo
divisi tra l’impulso a trascurare le nostre percezioni, diventando sempre più
impassibili alle brutture che ormai ci sommergono, e lo stimolo opposto a
riconoscere che noi siamo quello che vediamo e che il nostro benessere
psico-fisico è legato, in buona misura, alla qualità del luogo che siamo
costretti a guardare e ad abitare. “Una città che rinasce”, così si presentava
nella campagna elettorale il nuovo sindaco di Roma. Più o meno le stesse parole
che usava il suo predecessore, e poi il predecessore del predecessore, così
andando indietro nel tempo fino ad arrivare agli Imperatori dell’Antica Roma.
Dobbiamo essere consapevoli che
l’importanza del decoro urbano si fonda sull’idea che tutti noi, nel bene e nel
male, siamo persone diverse in luoghi diversi, e se i luoghi cambiano, noi cambiamo
con essi. E a volte basta una strada
pulita per far migliorare notevolmente il nostro umore.