Io credo che la letteratura sia l’unico strumento espressivo
che consente di avere – attraverso l’uso delle parole - un incontro ravvicinato
ed esclusivo con qualsiasi tipo di personaggio, fosse anche il più spregevole moralmente.
E questo, senza alcun turbamento e senza alcuna “incazzatura” a carico di chi
legge. E’ noto che le persone con cui si ha a che fare tutti i giorni hanno
pregi e difetti: ci si va d’accordo e ci si litiga, ci si annoia e ci si sente
in perfetta armonia. Sono persone che, nella maggior parte dei casi, abbiamo
scelto noi perché più vicine alla nostra cultura, al nostro modo di pensare, ai
nostri interessi. Eppure, in una società così complessa come questa in cui
viviamo, nonostante la tecnologia ci permetta di comunicare con i mezzi più
diversi, appare sempre più difficile e faticoso confrontarsi con chi ci sta
vicino. Insomma, interloquire con gli altri, ascoltare le loro ragioni o far
valere le nostre, non sempre genera piacere e divertimento.
Viene allora voglia di rifugiarsi nella lettura, a volte più
appagante e conciliante del confronto/scontro con i nostri simili. E nella lettura, i personaggi che si possono incrociare
sono davvero i più difformi; sono talmente stravaganti e poco affidabili che di
sicuro - se li dovessimo veramente conoscere nella realtà di tutti i giorni – difficilmente
desidereremmo averli come amici e credo che mai permetteremmo loro di invadere
la nostra sfera privata. Questi soggetti, affascinanti o pericolosi, narcisi o
inetti, buoni o crudeli, si lasciano osservare e giudicare tra le righe con
distacco e disincanto, perché non entrano mai in rapporto diretto con i nostri
sentimenti e non mettono in dubbio le nostre certezze e la nostra morale.
Insomma, difficilmente urtano la suscettibilità o la pazienza che ci ritroviamo,
come invece accade quando discutiamo con un qualsiasi conoscente.
Dai personaggi dei libri – lo possiamo ben dire – accettiamo
ogni comportamento, fosse anche la peggiore delle azioni, ma non transigeremmo se
una tale condotta sconveniente appartenesse ad un amico o ad un familiare. Il
poeta russo Iosif Brodskij, nel
ricevere il premio nobel per la letteratura nel 1987 ebbe a dire: “Mi pare che un libro, come interlocutore,
sia più fidato di un amico o dell’innamorata. Un romanzo o una poesia non è un
monologo, bensì una conversazione tra uno scrittore e un lettore; una
conversazione, ripeto, del tutto privata che esclude tutti gli altri – un atto,
se si vuole, di reciproca misantropia.
Un’opera d’arte, in special modo un’opera letteraria e una poesia in
particolare, si rivolge all’uomo tête-à–tête, stabilendo con lui rapporti diretti, senza
intermediari di sorta”. Sia ben chiaro: esiste ancora un discreto piacere
nell’intrattenersi, magari senza incorrere in eccessivi tormenti, con le
persone vere. E si spera, naturalmente, che siano sempre di nostro gradimento,
simpatiche e gentili e soprattutto dotate di un minimo di intelletto. Provate a
discutere con un cretino in una qualsiasi circostanza: “prima ti trascina al suo livello – diceva Oscar Wilde – e poi ti batte con l’esperienza”. E
provate poi a parlare con chi vuole insegnarvi a vivere o inculcarvi la sua
morale o avere sempre ragione e che si crede superiore a voi. Quanta fatica e
quanta pazienza occorre avere quando si incrociano siffatti individui! Eppure
sono tutte persone che consideriamo normali: non escono dai libri.
Con un libro tra le mani, invece, comodamente seduti in
poltrona - senza innervosirci e senza soffrire – possiamo addirittura seguire un
individuo pluriomicida come Raskol'nikov,
protagonista del romanzo “Delitto e
Castigo” di Fedor Dostoevskij. Ma
chi vorrebbe mai averlo come amico o come fratello un tale soggetto? Possiamo
affezionarci, però, alla figura di Hanta,
che esce dalla penna dello scrittore ceco Bohumil Hrabal, protagonista del libro “Una solitudine troppo rumorosa” . Costui è un uomo solitario che
da 35 anni lavora in uno scantinato di un vecchio palazzo di Praga, pressando libri
mandati al macero e bevendo ettolitri di birra, forse per dimenticare la sua
condizione di solitudine. I libri più importanti, quelli che meritano di essere
salvati perché contengono idee e pensieri eterni, Hanta li salva dalla
distruzione ed ogni sera, quando ritorna a casa, riempie la sua borsa di quel
prezioso carico. Se poi vogliamo divertirci, possiamo farlo con i due fratelli
cavernicoli Edwards e Vania,
protagonisti del libro “Il più grande
uomo scimmia del Pleistocene” dello scrittore inglese Roy Lewis, i quali pur vivendo nell’Africa di quasi 3 milioni di
anni fa, si esprimono con un anacronistico e divertente linguaggio moderno. Con
un libro come “Aspettando Godot” di Samuel Beckett possiamo fare conoscenza
con i due più bizzarri e insensati personaggi della letteratura: Vladimiro ed Estragone, che si
incontrano per caso una sera in aperta campagna, per aspettare un certo Godot, di cui non sanno
nulla, non l’hanno mai visto e non sono sicuri se verrà a quell’appuntamento
così assurdo. Possiamo poi imbatterci in Harry
Haller, un intellettuale cinquantenne che non esercita alcuna professione
(nessun’idea gli era più odiosa e ripugnante che quella di avere un impiego,
osservare un orario, obbedire agli altri), il quale si sente metà uomo e metà
lupo, dilaniato e reso infelice da questa duplice coscienza di spirito e di
istinto, sempre sull’orlo del suicidio! Chi lo volesse conoscere può aprire il
libro di Hermann Hesse “Il lupo della steppa”. Certo, risulta
essere un amico sopportabile tra le pagine di un libro, ma chi mai potrebbe
accompagnarsi a lui nella vita reale? E la stessa cosa si può dire di Cicikov, che incontriamo nel romanzo “Le anime morte” di Gogol. Questo personaggio è un affarista spregiudicato e senza
scrupoli, un abile truffatore, un millantatore alla continua ricerca di potere
e di ricchezze, che viaggia in lungo e in largo nella Russia zarista. E poi c’è
lui: Pinocchio, di Collodi il quale ci rappresenta e ci
somiglia, con i suoi vizi e le sue virtù, con i suoi momenti di tristezza e con
i suoi slanci di gioia e di affetto, con la sua furbizia, ma anche con la sua
ingenuità. Mi fermo qui, ma potrei continuare perché la letteratura è un pozzo
senza fondo di personaggi. Però se abbiamo “voglia” di persone “normali ed
equilibrate”, dobbiamo cercarle fuori dai libri. Ma attenzione: spesso sono
noiose…opportuniste… invadenti…sciocche…inconcludenti. E ci fanno arrabbiare.