Viviamo in una società dove i
mezzi di informazione – in primis la pubblicità - celebrano, incessantemente,
il trionfo del corpo sano e giovane, rigettando qualsiasi immagine e qualsivoglia
riferimento legati alla fine naturale di quel corpo; rifiutano ogni aspetto che
possa far pensare alla morte. Anche gli anziani vengono presentati in
atteggiamenti giovanili – magari con una bella e forte dentiera che frantuma
con un solo morso una mela o con un apparecchio acustico per sopperire alla
perdita dell’udito - però sempre scattanti
e propositivi, come se davanti a loro avessero ancora un’intera vita da
consumare. La televisione, poi, si rivolge di continuo a un telespettatore che
è essenzialmente un consumatore - qualunque età egli abbia – e gli parla di
vita e mai di morte. Come se il trapasso non esistesse e non facesse parte
della vita.
Eppure – nonostante blandisca
persone sempre più passive, disposte a farsi adescare senza reagire - la TV ci
ha ormai abituati a guardare anche la morte. Anzi lo spettacolo della morte.
Io credo che nessuno, prima
dell’avvento della televisione, abbia mai assistito a tanti omicidi e a tanti
funerali - tra film e orrori legati alla cronaca nera di tutti i giorni –
quanti ne sono riservati a un normale cittadino della nostra epoca. Da un lato
c’è il tentativo di fuggire dalla morte, di nasconderla agli occhi dei
telespettatori, di evitarla in tutti i modi, mentre dall’altro irrompe
ineluttabilmente sullo schermo televisivo come un vero spettacolo. La morte viene
mostrata nelle sue varie ed innumerevoli
rappresentazioni; domina la fiction, naturalmente, ma l’informazione di
sciagure, di massacri familiari, di efferati omicidi in questi ultimi tempi non
sono da meno ed occupano sempre più spesso le prime pagine dei giornali e degli
spettacoli televisivi di intrattenimento. E’ quasi sempre una morte drammatica,
per uccisione o per incidente, condita con dovizia di particolari davvero raccapriccianti.
Tanto per fare un esempio: se un aereo precipita in mare causando la morte di
tutti i passeggeri, non ci sarebbe la necessità di indugiare su macabri
particolari, perché ognuno di noi è in grado di immaginare la tragica sorte
toccata a quelle persone. Tuttavia, pur di rendere lo spettacolo più forte e
morboso, la telecamera si sofferma sui resti umani che galleggiano sull’acqua e
quelle immagini vengono date in pasto ad un pubblico sempre più vorace ed
esigente.
Tragedie che generano angoscia
ma nello stesso tempo ci tranquillizzano perché non ci toccano direttamente, le
osserviamo sgomenti ma ne usciamo liberati perché sono morti che appartengono
ad altri.
Ma la cosa più aberrante si
verifica dopo, a disgrazia avvenuta, quando tutti i mezzi di informazione ne
hanno diffusamente parlato: succede che orde di curiosi – spinti dalle immagini
televisive e dagli innumerevoli spettacoli pomeridiani dedicati all’evento - si
rechino come in una gita domenicale sui luoghi del disastro, o dell’incidente,
o dell’efferato delitto passionale a caccia di morbose curiosità, immortalando
l’avvenimento con fotografie e filmini da mostrare ai loro amici e familiari
che non hanno avuto questa possibilità. E se è presente anche la telecamera,
allora qualche attimo di notorietà è assicurato. Potranno salutare con la
manina e testimoniare la loro effettiva presenza sul luogo dello spettacolo.
Io di fronte a queste oscene esibizioni
mi domando sempre: ma è la televisione a creare interesse per questo genere di
informazione, oppure tale comportamento è dettato da un normale bisogno
dell’animo umano nell’immedesimarsi in tragedie che si ripetono, purtroppo, da sempre?
Sono i giornalisti con i loro servizi e con le loro telecamere impietose che
fanno di una disgrazia uno spettacolo televisivo, o sono piuttosto i
telespettatori che cercano emozioni sempre più forti? E come qualsiasi
spettacolo che si rispetti – in presenza di una telecamera - non possono
mancare gli applausi: e sono quelli che vengono tributati immancabilmente alla
bara che esce dalla chiesa. Ma che significato hanno gli applausi durante un
funerale? L’applauso dovrebbe sottolineare un momento di gioia non di dolore, è
rivolto ai vivi non ai morti. Ma è possibile che per esprimere partecipazione e
dispiacere si debba applaudire come allo stadio o al teatro? Non sarebbe un
comportamento più rispettoso restare in silenzio?
Mi vengono in mente le parole
scritte da Antonio Scurati nel suo romanzo “Il sopravvissuto”: “Terminata la messa funebre, un applauso fragoroso
e assurdo accolse le sette bare all’uscita della chiesa. In verità non c’era
nulla di così sorprendente in quel battimano rivolto a dei cadaveri. Educata da
milioni di ore trascorse davanti alla televisione, quella gente reagiva di
fronte a ogni evento dell’esistenza, fosse anche gravemente luttuoso, con
l’unico comportamento richiesto al pubblico televisivo: l’applauso”.
L'applauso è automatico. Comunica condivisione. Come applaudire ad uno schermo alla fine di un film. Se poi chiedi a quei plaudenti il perché ti dicono "che ne so, ma è contagioso". Come un'ebola benigna. Un marchio ad evitare l'esclusione, a certificare appartenenza. I sopravvissuti si sentiranno fuori luogo, un giorno ormai prossimo.
RispondiEliminaIo non potrei mai applaudire. L'applauso automatico proprio non mi viene. Mi sbaglierò, ma di fronte ad una bara preferisco stare in silenzio
RispondiEliminaNon vorrei sembrare classista ma, a me sembra che l'applauso, durante un funerale, scatti qualora vi sia una grande partecipazione di folla. Oppure,durante un funerale di una vittima che, in qualche modo, meriti di essere omaggiata.
RispondiEliminaL'applauso, quindi, come tributo spontaneo del popolo.
Cosa che neppure io approvo ma che posso comprendere.
Sebbene io trovi che il silenzio, così pregno di significati, sia la forma più alta di considerazione e di rispetto.
Mi è capitato di partecipare ad un funerale in cui non c’era una grande partecipazione di folla, non bisognava omaggiare nessuna vittima di guerra o di terrorismo; eppure, ad un certo punto, è scoppiato l’applauso. Per me incomprensibile. La televisione, sotto certi aspetti, continua a fare danni. Grazie per il tuo commento.
Eliminahai scritto:
RispondiElimina..."tale comportamento è dettato da un normale bisogno dell’animo umano nell’immedesimarsi in tragedie che si ripetono, purtroppo, da sempre?"...
la TV è la moderna arena di Nerone, il popolo ha bisogno di vedere la morte per esorcizzare la paura di morire, non solo, l'altrui dipartita appaga la meschinità umana. Le gite turistiche a Cogne, Erba o Avetrana sono visite allo zoo delle bassezze, molti guardano le gare di auto e morto sperando di assistere in diretta a un incidente mortale.
TADS
“La TV è la moderna arena di Nerone…” Un’immagine che non poteva sintetizzare meglio la realtà in cui viviamo. Grazie Tads
Eliminanon capisco e non contribuisco agli applausi in chiesa, non mi piacciono sia che si tratti di un funerale sia che si tratti di un matrimonio.
RispondiEliminaLi considero ... Fuori luogo, ecco.
Sono pienamente d'accordo con te, Silvia. Grazie
RispondiEliminaè senza dubbio un riflesso dell'emotività indotta dalla tv, che tristezza!
RispondiEliminaLa televisione, purtroppo, condiziona tutti i nostri comportamenti. Ciao Sara
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