“…Un ospedale, oltre all’efficienza
delle strutture, deve proprio contemplare una dimensione affettiva che compensi
il malato di ciò che ha perduto, non solo la salute, quindi, ma i famigliari,
gli affetti, che sono essenziali. E’ la cosa più importante: la dimensione
umana, riflesso di quella umanistica. (…) Ma non basta che una cosa funzioni:
occorre anche che una cosa sia bella, che corrisponda a un’esigenza interiore,
e questa esigenza non è appunto quella della mera funzionalità. Il funzionalismo
e il razionalismo hanno molto spesso ridotto l’uomo a una macchina che alla
fine del lavoro deve essere parcheggiata come un’automobile in un deposito per
essere umani. Questo ha distrutto il senso stesso dell’architettura. (…)
La sanità è una condizione
normale, che non avverti. La malattia non la puoi scegliere: ti accade, è una
violenza che tu subisci senza poter far nulla. Non puoi dire: scelgo tra l’essere
sano e l’essere malato. La sanità ti accade e non la senti, la malattia ti
accade e la senti. (…)
L’ospedale, come la prigione,
è un luogo che cristianamente mira alla riparazione, alla possibilità (ma
questo non capita quasi mai in prigione…) che uno ne esca migliorato. Non un
luogo della scelta, ma della necessità. Quindi, la bellezza è un sostegno che
consente di renderti più disponibile a guarire, a non lasciarti prendere dalla
malattia, a non abbandonare la resistenza, a non lasciarti morire. L’ambiente,
illuminato dalla bellezza, ti mette in buona disposizione rispetto alla
guarigione. Ecco perché abbiamo detto, citando autori del passato, che un
ospedale deve essere bello come una reggia, tale che anche un re sano possa
andarci e starvi bene come fosse in vacanza. Se in una stanza di ospedale c’è
un quadro o una piccola biblioteca, venti o trenta libri, il malato vede
ricrearsi intorno a sé un ambiente che ha a che fare con la normalità, con la
quotidianità, con il benessere. Rendere bello l’ospedale serve, cioè, al bene.
E’ quello che hanno fatto le strutture ospedaliere del Quattrocento in poi. Perché
il tema dell’assistenza è un tema sociale, civile. E’ la risposta della società
al bisogno individuale urgente, improvviso, come è la malattia. La risposta
della solidarietà umanistica. Se l’ospedale è un luogo di costrizione, quella
costrizione deve essere allora temperata dalla bellezza. Diceva Palladio, delle
sue architetture, che dovevano essere tanto comode quanto belle. “Perfettamente
commode e onestamente belle”. E un ospedale, perciò, dev’ essere tanto comodo
quanto bello, per le ragioni che ho appena esposto. Ricordiamo però che non si
tratta di una bellezza messianicamente intesa, la bellezza estrema di una
visione consolatoria, come in Morte a
Venezia di Thomas Mann, quando il protagonista sta morendo e vede in
lontananza il giovane Tadzio che gli piaceva…La bellezza negli ospedali è una
bellezza funzionale alla sanità, al bene, alla guarigione. Uno strumento per un
fine. Contro la fine”
(tratto
da “Il bene e il bello” di Vittorio Sgarbi)
Peccato che gli ospedali siano tutt'altro, in genere.
RispondiEliminaCi penserà il Ministro Lorenzin a rendere più belli gli ospedali...: ;-(
RispondiEliminaRido.... ah!
EliminaChe ridere...
Sapessi le risate che mi faccio io!! In che mani sta la sanità...
EliminaNoto ovviologo.
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