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giovedì 25 luglio 2024

Uomini e cani

 


Sono nel parco vicino casa per la mia passeggiata mattutina. E’ un luogo, questo, frequentato soprattutto da due categorie di persone: quelle di una certa età – come lo scrivente – che si illudono di mantenere in forma un fisico bastonato dagli anni, facendo footing, e quelle che accompagnano il cane ad espletare i propri bisogni fisiologici (ne so qualcosa, perché ogni tanto ritorno a casa con una sorpresa, poco gradita, sotto le scarpe).

All’improvviso il silenzio del parco è rotto da un urlo disperato, poco distante: "Nooooo! Nooooo!" Non sapendo cosa stesse succedendo, mi giro spaventato e vedo un signore, sui cinquant’anni, che corre in preda allo sconforto verso il suo cane che si sta rotolando a pancia in su, beatamente, nella terra sollevando una fitta coltre di polvere. Nooo! - continua a urlare - “fermati!”. Lo raggiunge e comincia a schiaffeggiarlo urlando come un ossesso queste testuali parole: “sei proprio una stronzaaa!” (capisco che è una femmina). La povera bestia stava solo facendo il cane all’insaputa del padrone e, forse, aveva dimenticato che prima di uscire di casa il suo amato padrone le aveva fatto il bagnetto. O forse era fresca di toelettatura al costo di 50 euro a seduta: il mio barbiere se ne prende 16 per shampoo e capelli (povero me, valgo meno di un cane). E ora che faceva quella “stronza”? Si sporcava tutta. Si strofinava nella polvere senza chiedere il permesso al padre-padrone.

In quali mani sono capitati questi poveri animali da compagnia! Devono sopportare tutte le bizze dei loro padroni che li vogliono, a tutti i costi, umanizzare. Li senti chiamare con i nomi propri di persona, e poi “amore”…”bello di mamma”. Li vedi, nei mesi invernali, che se ne vanno in giro al guinzaglio con il cappottino, al mare con gli occhiali da sole e il cappellino, li scorgi mentre fanno capolino dal marsupio come dei lattanti, nel passeggino con l’osso finto, li osservi mentre corrono avanti e indietro, fino allo sfinimento, per raccogliere la pallina e sollazzare il suo padrone. Per fortuna nel mondo animale non esiste ancora l’idea del suicidio…qualcuno potrebbe farla finita.


sabato 20 luglio 2024

Si scrive...e si legge troppo

 


Io credo che ogni libro sia alla ricerca del suo lettore. E si rivolga a lui in quanto latore di bisogni che può soddisfare leggendo proprio quel libro. E’ una sorta di attrazione reciproca. Non esiste un libro buono per tutti i gusti. Certo, ci saranno pure delle eccezioni, come in tutte le cose della vita. Si può anche amare lo stesso libro, ma le emozioni e gli stimoli che se ne ottengono saranno sicuramente diversi a seconda del lettore. Per questo motivo io credo che sia molto difficile regalare o consigliare un libro da leggere se non si conosce molto bene la persona cui è diretto. Diciamocelo: il lettore cerca sempre se stesso tra le pagine di un libro. D’altra parte, costringersi a leggere un best seller (solo perché è il libro più venduto del momento) o un capolavoro della letteratura universale, solo perché ci si vergogna di non averlo ancora letto, è un errore da non commettere. Un’opera letteraria che viene da tutti celebrata e che ti sforzi di leggere senza riuscirci, non può essere domata con la forza della volontà: meglio lasciar perdere. Ognuno cerchi le letture nel campo dove sono attecchiti i semi del proprio sentire e continui con gli autori che gli sono piaciuti. E, partendo da lì, vada pure alla ricerca di emozioni simili, più congeniali al proprio modo di essere e di pensare. E lasci perdere le mode del momento che esistono anche nel mondo della letteratura.

Ciò che conta non è la quantità dei libri letti. Non lasciamoci intimidire da quelli che divorano un libro al giorno. La lettura, quella vera, è fatta di lentezza, di passione, di sostanza, di riflessione. Leggere non è correre incessantemente da un libro all’altro. Ci sono alcuni che in tutta la loro vita hanno letto solo una ventina di libri – e continuano a rileggerli – eppure si considerano lettori soddisfatti perché in quei pochi testi hanno trovato il mondo. A volte mi viene da pensare che il lettore onnivoro, quello che campa perché legge, sia un eterno insoddisfatto: cerca ma non trova. O trova, ma non gli basta. E c’è invece chi ha letto solo la Bibbia o il Corano o Le mille e una notte o i Promessi Sposi o Le avventure di Pinocchio e non ha bisogno di leggere nient’altro perché ha già letto tutto. Ed è un lettore felice.

In un delizioso libriccino che si intitola “Una biblioteca della letteratura universale” Hermann Hesse osa affermare, addirittura, che “si legge troppo, e che questo gran leggere non fa affatto onore, ma torto, alla letteratura”. I libri non esistono per fornire agli uomini un surrogato di vita, ma al contrario “hanno valore soltanto se guidano alla vita, se sanno servirla e giovarle … e nulla è più sbagliato del leggere per distrarsi”.

La vita è breve – dice Hesse – e a nessuno verrà chiesto nell’aldilà quanti libri è riuscito a leggere seriamente e fino in fondo. Perciò meglio non sprecare il proprio tempo in letture inutili. Da ogni lettura bisogna attendersi qualcosa, come da ogni passo della vita. “Leggere spensieratamente e distrattamente – scrive Hermann Hesse - è come andare a spasso in un bel paesaggio con gli occhi bendati. Né dobbiamo leggere  per dimenticare noi stessi e la nostra vita quotidiana, ma al contrario perché ci sia possibile riprendere in mano con maggior consapevolezza, fermezza e maturità la nostra esistenza… non da fuggitivi e disamorati della vita ma da volenterosi che cercano amici capai di aiutarli. Se così fosse e avvenisse, non si leggerebbe molto più della decima parte di quanto oggi vien letto, e tutti saremmo dieci volte più lieti e più ricchi. E se ciò comportasse che i nostri libri non venissero più venduti, e se comportasse altresì che noi autori scrivessimo dieci volte di meno, questo non sarebbe affatto un guaio per il mondo. Poiché, come è evidente, le cose non stanno meglio per quanto concerne lo scrivere che per il leggere”.


giovedì 4 luglio 2024

Ninna nanna della guerra

 


Solo un grande poeta come Trilussa poteva denunciare l’insensatezza e l’ipocrisia e la nefandezza e l’atrocità della guerra - di tutte le guerre - con una ninna nanna dedicata a un bambino. La sua satira dolce amara, in dialetto romanesco, è un atto di accusa, quanto mai attuale, rivolto ai potenti della terra.

Ninna nanna, nanna ninna,
er pupetto vò la zinna:
dormi, dormi, cocco bello,
sennò chiamo Farfarello
Farfarello e Gujermone
che se mette a pecorone,
Gujermone e Ceccopeppe
che se regge co le zeppe,
co le zeppe d’un impero
mezzo giallo e mezzo nero.

Ninna nanna, pija sonno
ché se dormi nun vedrai
tante infamie e tanti guai
che succedeno ner monno
fra le spade e li fucili de li popoli civili...

Ninna nanna, tu nun senti
li sospiri e li lamenti
de la gente che se scanna
per un matto che commanna;
che se scanna e che s’ammazza
a vantaggio de la razza...

O a vantaggio d’una fede
per un Dio che nun se vede,
ma che serve da riparo
ar Sovrano macellaro.

Ché quer covo d’assassini
che c’insanguina la terra
sa benone che la guerra
è un gran giro de quatrini
che prepara le risorse
pe’ li ladri de le Borse.

Fa’ la ninna, cocco bello,
finché dura ’sto macello:
fa’ la ninna, ché domani
rivedremo li sovrani
che se scambieno la stima
boni amichi come prima.

So cuggini e fra parenti
nun se fanno comprimenti:
torneranno più cordiali
li rapporti personali.

E riuniti fra de loro
senza l’ombra d’un rimorso,
ce faranno un ber discorso
su la Pace e sul Lavoro
pe quer popolo cojone
risparmiato dar cannone!


Trilussa