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sabato 20 luglio 2024

Si scrive...e si legge troppo

 


Io credo che ogni libro sia alla ricerca del suo lettore. E si rivolga a lui in quanto latore di bisogni che può soddisfare leggendo proprio quel libro. E’ una sorta di attrazione reciproca. Non esiste un libro buono per tutti i gusti. Certo, ci saranno pure delle eccezioni, come in tutte le cose della vita. Si può anche amare lo stesso libro, ma le emozioni e gli stimoli che se ne ottengono saranno sicuramente diversi a seconda del lettore. Per questo motivo io credo che sia molto difficile regalare o consigliare un libro da leggere se non si conosce molto bene la persona cui è diretto. Diciamocelo: il lettore cerca sempre se stesso tra le pagine di un libro. D’altra parte, costringersi a leggere un best seller (solo perché è il libro più venduto del momento) o un capolavoro della letteratura universale, solo perché ci si vergogna di non averlo ancora letto, è un errore da non commettere. Un’opera letteraria che viene da tutti celebrata e che ti sforzi di leggere senza riuscirci, non può essere domata con la forza della volontà: meglio lasciar perdere. Ognuno cerchi le letture nel campo dove sono attecchiti i semi del proprio sentire e continui con gli autori che gli sono piaciuti. E, partendo da lì, vada pure alla ricerca di emozioni simili, più congeniali al proprio modo di essere e di pensare. E lasci perdere le mode del momento che esistono anche nel mondo della letteratura.

Ciò che conta non è la quantità dei libri letti. Non lasciamoci intimidire da quelli che divorano un libro al giorno. La lettura, quella vera, è fatta di lentezza, di passione, di sostanza, di riflessione. Leggere non è correre incessantemente da un libro all’altro. Ci sono alcuni che in tutta la loro vita hanno letto solo una ventina di libri – e continuano a rileggerli – eppure si considerano lettori soddisfatti perché in quei pochi testi hanno trovato il mondo. A volte mi viene da pensare che il lettore onnivoro, quello che campa perché legge, sia un eterno insoddisfatto: cerca ma non trova. O trova, ma non gli basta. E c’è invece chi ha letto solo la Bibbia o il Corano o Le mille e una notte o i Promessi Sposi o Le avventure di Pinocchio e non ha bisogno di leggere nient’altro perché ha già letto tutto. Ed è un lettore felice.

In un delizioso libriccino che si intitola “Una biblioteca della letteratura universale” Hermann Hesse osa affermare, addirittura, che “si legge troppo, e che questo gran leggere non fa affatto onore, ma torto, alla letteratura”. I libri non esistono per fornire agli uomini un surrogato di vita, ma al contrario “hanno valore soltanto se guidano alla vita, se sanno servirla e giovarle … e nulla è più sbagliato del leggere per distrarsi”.

La vita è breve – dice Hesse – e a nessuno verrà chiesto nell’aldilà quanti libri è riuscito a leggere seriamente e fino in fondo. Perciò meglio non sprecare il proprio tempo in letture inutili. Da ogni lettura bisogna attendersi qualcosa, come da ogni passo della vita. “Leggere spensieratamente e distrattamente – scrive Hermann Hesse - è come andare a spasso in un bel paesaggio con gli occhi bendati. Né dobbiamo leggere  per dimenticare noi stessi e la nostra vita quotidiana, ma al contrario perché ci sia possibile riprendere in mano con maggior consapevolezza, fermezza e maturità la nostra esistenza… non da fuggitivi e disamorati della vita ma da volenterosi che cercano amici capai di aiutarli. Se così fosse e avvenisse, non si leggerebbe molto più della decima parte di quanto oggi vien letto, e tutti saremmo dieci volte più lieti e più ricchi. E se ciò comportasse che i nostri libri non venissero più venduti, e se comportasse altresì che noi autori scrivessimo dieci volte di meno, questo non sarebbe affatto un guaio per il mondo. Poiché, come è evidente, le cose non stanno meglio per quanto concerne lo scrivere che per il leggere”.


6 commenti:

  1. Questo interessante post lo ricollego ad un passo di D'Avenia ,nell'arte di essere fragile. Un autore che apprezzo molto,per il senso altamente spirituale che infonde, nonché il valore e il significato che dà alla vera cultura .

    “I latini per “curare” usavano la parola colere da cui cultum,da cui il termine “cultura”(l’agricoltura non era altro che il prendersi cura del campo).La cultura non ha nulla a che fare con il consumare oggetti culturali:ci si illude che consumando più libri, più musica, più quadri,si acquisirà più cultura.Conosco persone che consumano tantissimi oggetti culturali, però questo non le rende più umane,anzi spesso finiscono con il sentirsi superiori agli altri.Cultura vuol dire stare nel campo,farlo fiorire,a costo di sudore.Significa conoscere la consistenza dei semi,i solchi della terra,i tempi e le stagioni dell’umano e occuparsene perché tutto dia frutto a tempo opportuno.Nella cultura ci sono il realismo del passato e la lentezza del presente,cosa che il consumo non conosce:esso vuole rapidità e immediatezza,non contempla la passione e la pazienza…”

    Ti auguro una serena estate tra la contemplazione e la bellezza del tuo rifugio:)

    Grazie sempre per i tuoi stimolanti e arricchenti post

    L.

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    1. Grazie L. per l’apprezzamento.
      “ci si illude che consumando più libri, più musica, più quadri, si acquisirà più cultura…”. Parole veritiere queste di D’Avenia. In fondo Hesse diceva la stessa cosa quando scriveva che certi lettori, a volte, “si comportano come quei malati sprovveduti, i quali, sapendo che nelle farmacie si trovano molte medicine efficaci, si danno un gran daffare e assaggiano qua e là tutto quello che vi trovano in ogni scaffale e in ogni vasetto. Eppure, così come nelle vere farmacie, anche nelle librerie e nelle biblioteche ciascuno potrebbe trovare le erbe medicinali che fanno al caso suo, dalle quali, anziché intossicarsi e ingozzarsi, potrebbe trarre ristoro e nuovo vigore”. Un saluto e serena estate anche a te.

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  2. Leggere compulsivamente per fare numero non l'ho mai ritenuta buona norma. Leggo ciò che mi ispira al momento e alla necessità, riprendo letture sospese, ne mollo altre che nutrivano altre aspettative. La lettura diventa stato d'animo, si nutre di nostre sensazoni e ne moltiplica altre, ne affina diverse. Non siamo dalla parte del consumo frettoloso, come scrive L, ma guidati da passione e pazienza, consapevolezza del piacere.

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    1. Concordo con le tue parole: “la lettura diventa uno stato d’animo”. Ha a che fare con le nostre vicissitudini personali di quel particolare momento che influiscono, non di poco, sulle nostre preferenze letterarie. E poi bisogna leggere con lentezza, senza correre per arrivare rapidamente alla fine. E’ come intraprendere un viaggio: la felicità non è raggiungere la destinazione finale, ma godersi le bellezze lungo il percorso. Se un libro mi piace, amo sorbirlo piano piano, parola dopo parola, anziché ingurgitarlo. Lo faccio durare di più. Leggere lentamente è soffermarsi sulle parole ascoltandone la musicalità, è cogliere il silenzio che si nasconde tra una frase e l’altra, è distogliere gli occhi e la mente dalla pagina, ogni tanto, per pensare e viaggiare in un mondo parallelo.

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  3. Non sono d’accordo con l’affermazione paradossale di Hesse: anche lasciando perdere i best seller e i libri-civetta di personaggi famosi in altri campi, esiste una sterminata letteratura che merita di essere letta e o sei dotato di scienza infusa e peschi al primo colpo il romanzo che si adatta perfettamente alle tue esigenze di lettore oppure dovrai procedere per tentativi e dovrai leggere cento libri per trovarne dieci che davvero ti entusiasmeranno.
    massimolegnani

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    1. Simpatico il tuo parallelismo tra salite e letture, ma non è sempre così razionale la scelta di un percorso ne’ di un libro. Ti faccio l’esempio di Fenoglio di cui abbiamo già parlato: dopo la bocciatura del partigiano johnny avrei dovuto, secondo la logica del “risparmio” di letture, evitare altri suoi libri. Invece ho voluto leggere altro di lui e la malora e una questione privata sono state due piacevolissime sorprese.
      ml

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