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lunedì 9 maggio 2022

Sul viaggiare in treno

 


“Sono un pessimo viaggiatore, lo confesso. Mi è tanto difficile staccarmi da un luogo quanto assuefarmici. E sono inoltre un viaggiatore impaziente, incapace di acconciarmi ai fastidi, alle noie del viaggio. Ammiro coloro che sanno trasferirsi da un capo all’altro del globo senza nostalgie di sorta, con pochi oggetti di biancheria nella valigia. Per conto mio, simile a un emigrante, a uno zingaro, potrei dire, una volta in viaggio, “ominia mea mecum porto”, ma in un senso affatto opposto a quello che si ricava dal celebre motto di non so quale filosofo greco. E’ un bagaglio pesantissimo, è tutta la mia esistenza che io mi trascino dietro viaggiando.

Di notte, lungo la linea maremmana, guardo il mio vuoto scompartimento in una prigione che i vetri del finestrino rispecchiano da una parte e dall’altra, prolungandola all’infinito. Viaggio in un lentissimo e rumorosissimo bolide, in un enorme proiettile che non arriva, non scoppia mai. Poter dormire! Ma il mio sonno è un’operazione troppo macchinosa perché possa compiersi in ferrovia. Non mi rimane che vegliare e riflettere: starei per dire pregare. Eccitato dal fragore del treno, in preda a una lucida e tormentosa insonnia, cavo di tasca il mio taccuino, destinato ad annotazioni assai più innocenti, e scrivo: <<Per tutta la vita la fortuna m’è corsa appresso senza riuscire ad acciuffarmi>>. Oppure: <<Ho vissuto come un morto: nella memoria, nella fantasia degli altri>>. Scrivo ancora: <<Disordine, stanchezza, insufficienza, in tutte le occasioni, in ogni cimento della mia vita: perpetuo deficit o, per esprimermi con una parola meno frusta e meglio appropriata, perpetuo ammanco>>. Ecco in che modo una semplice notte in ferrovia può trasformarsi per me in una congiuntura molto seria.

Temo il viaggio, perché temo di venire, come al gioco, in troppo immediato contatto con me stesso. Ma quel che mi fa orrore soprattutto è il viaggiare di notte, ad occhi bendati, per così dire, senza potermi concedere l’unico diversivo e piacere che mi si offra in una situazione così tediosa: la vista della campagna, delle città colte a volo dall’alto d’un cavalcavia o rasentando col treno in moto le finestre delle case, e perfino, vorrei aggiungere, di quelle povere stazioni vuote, spesso importanti e provviste di decorosa tettoia, che i rapidi sorvolano rallentando, come per render loro l’onore delle armi.

Viaggiare è sognare, scrive Pascal. Sognare la felicità fuori di noi. E mentre il treno corre non mai abbastanza veloce per il mio desiderio, in quel trapasso, in quella sospensione di vita e di rapporti, fate che io possa starmene al finestrino, in assidua contemplazione di ciò che Rimbaud chiama “il fascino dei luoghi fuggenti”. Sarà ben difficile ch’io rinunci a questa mia vecchia consuetudine, in viaggio. Consuetudine che, d’altra parte, aggiunge allo strapazzo fisico una fatica psicologica assai più sottile ed estenuante e mi conduce ad abbrutirmi del tutto.

Sono, come vedete, un provinciale, un viaggiatore di terza classe, uno che, avendo talvolta affrontato viaggi piuttosto lunghi con lo stesso ingenuo trasporto con cui si fa una gita di piacere, è sempre giunto a destinazione come un “ecce homo”, con la barba cresciuta e impresentabilissimo. Ragione per cui devo riconoscere che il vero viaggiatore è quello che si raccoglie nello scompartimento come in casa propria e viaggia con le tendine abbassate. Costui arriva fresco fresco, senz’avere nessun sospetto dei luoghi che attraversò. Ha viaggiato come un baule, sissignori. Ma questa è la sola maniera di viaggiare. Così viaggiano tutti, salvo una piccola categoria d’inesperti e amanti del paesaggio, a cui ho la disgrazia d’appartenere…”

tratto dal romanzo “Villa Tarantola”
di Vincenzo Cardarelli

6 commenti:

  1. Ho viaggiato molto in treno, e molto ho atteso sulle banchine, arrivi e partenze. Treni indecenti all'epoca, non le freccerosse di oggi..addirittura ho dormito sui portavalige dei corridoi, quando viaggiavo da militare, e ho letto tanto, e mi sono riempito gli occhi di panorami, di tramonti e di albe, di sogni di paesi lontani e terre che correvano fuori dal finestrino, e ho chiacchierato e ascoltato mondi diversi o paralleli. Dovremmo essere tutti, almeno un giorno, viaggiatori di terza classe, coi sogni di bimbo come bagaglio e la passione del viaggio nel sangue. E non smetterò mai di ringraziare i miei, che me l'hanno instillata a vita..

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    1. Amo il treno: è il mezzo di trasporto a me più congeniale. Anche per fare un lungo viaggio. Meglio della macchina, che mi fiacca nel fisico e nello spirito; meglio del pullman, lo trovo troppo angusto e non mi permette nessun movimento; meglio dell’aereo, su cui non ho mai messo piede e, il solo pensiero che un mezzo così pesante possa volare, mi provoca angoscia e inquietudine; meglio della nave...perchè non so nuotare. Soli o in compagnia, con i nostri pensieri o con un libro da leggere o semplicemente guardando il panorama che scorre veloce davanti a noi, il treno ha la straordinaria capacità di elevarci in uno stato di incantata suggestione e di far volare la nostra immaginazione. Certo, dobbiamo fare i conti con i nostri compagni di viaggio che - se un tempo non molto lontano si addormentavano con la bocca aperta o cercavano di attaccare bottone - oggi amano parlare al cellulare ad alta voce per raccontare a tutti i loro fatti personali. Perciò se vedo che lo scompartimento in cui mi trovo è troppo rumoroso, cambio immediatamente posto. In attesa che istituiscano uno scompartimento per chi non vuole essere disturbato dai “cellulardipendenti”. Viva il treno. :)

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  2. Bellissima questa parte di scritto da te riportata.
    "Temo il viaggio, perché temo di venire, come al gioco, in troppo immediato contatto con me stesso. Ma quel che mi fa orrore soprattutto è il viaggiare di notte, ad occhi bendati, per così dire, senza potermi concedere l’unico diversivo e piacere che mi si offra in una situazione così tediosa: la vista della campagna, delle città colte a volo dall’alto d’un cavalcavia o rasentando col treno in moto le finestre delle case"

    Come se effettivamente il viaggio stesso , soprattutto al buio impedisse all'anima di scorgere bellezza bendandola...

    Mi son permessa di approfondire questo scrittore e poeta,a tal proposito ,cercando una parte che sviscerasse ancor più il suo senso del viaggio:)...e mi son trovata già ad affezionarmi ad un approfondimento maggiore dei suoi versi.Per questo ringrazio te e ti auguro buon fine settimana...

    **
    Paesaggio notturno

    Giace lassù la mia infanzia.
    Lassù in quella collina
    ch’io riveggo di notte,
    passando in ferrovia,
    segnata di vive luci.
    Odor di stoppie bruciate
    m’investe alla stazione.
    Antico e sparso odore
    simile a molte voci che mi chiamino.
    Ma il treno fugge. Io vo non so dove.
    M’è compagno un amico
    che non si desta neppure.
    Nessuno pensa o immagina
    che cosa sia per me
    questa materna terra ch’io sorvolo
    come un ignoto, come un traditore.



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    1. Mi ritrovo nelle parole di Cardarelli: anch'io non amo viaggiare di notte in treno. E' come viaggiare "ad occhi bendati" e credo che nessuna espressione sia più efficace di questa usata dal poeta per sottolineare il suo stato d'animo di viaggiatore. Sapere che i versi di Cardarelli sono di tuo gradimento non può che farmi piacere. E grazie per la bella e malinconica poesia da te postata.
      Un saluto :)

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  3. davvero interessanti, e di fina letteratura, queste riflessioni sul viaggiare in treno di Cardarelli. Mi piace quel timore sottile di farsi troppo coinvolgere dal panorama di viaggio a ritrovar se stessi.
    ml

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    1. Dici bene: si può fare letteratura anche descrivendo un viaggio in treno...o pedalando in bicicletta lungo un pendio di montagna. ;))

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