Amo il poeta Vincenzo Cardarelli;
i suoi versi malinconici legati a ricordi indelebili del tempo passato; amo la
sua arte poetica avvinta come edera a quel sofferto e discordante sentimento di
amore per il suo paese d’origine - Tarquinia - che
lasciò da giovane e a cui rimase legato per tutta la vita. E di cui sentiva la mancanza soprattutto
quando se ne allontanava. Paradossalmente, immaginava il suo paese come un
luogo perduto e lontano, per desiderarlo. Oppure doveva scorgerlo attraverso il
finestrino di un treno in corsa, per sentirlo veramente suo: “Giace lassù la
mia infanzia/ Lassù in quella collina/ ch’io riveggo di notte/ passando in
ferrovia...”, così leggiamo nella sua poesia “Passaggio notturno”. E, ancor di più, questa sua contrastante propensione
amorosa nei confronti del paese natio si percepisce nell’incipit del suo unico
romanzo “Villa Tarantola”: "Fin da ragazzo – scrive Cardarelli - ho
amato le distanze e la solitudine. Uscire dalle porte del mio paese e guardarlo
dal di fuori, come qualche cosa di perduto, era uno dei miei più abituali
diletti”. Tarquinia è per Cardarelli
quello che Recanati era per Leopardi: il natio borgo selvaggio, tanto amato
quanto osteggiato. Un paese che diventa, attraverso la sua poesia, luogo
universale, un microcosmo con caratteristiche socio-culturali-ambientali simili a tutti i
paesi. E – lo confesso – quando il poeta ricorda con i suoi versi Tarquinia, io
percepisco il mio paese, nel Cilento. Provo i suoi stessi sentimenti.
Dicevo di questo suo romanzo “Villa Tarantola” con cui Cardarelli vinse il
Premio Strega nel 1948, un libro introvabile e fuori catalogo che cercavo da tanto
tempo. Ebbene, giorni fa, l’ho finalmente trovato su un banchetto di un
mercatino dell’usato, che si trova dalle parti di San Giovanni a Roma. E’ stata
una gioia immensa. E’ proprio vero che la felicità - come diceva Trilussa - è
una piccola cosa, come, appunto, trovare un libro che cercavi. Che poi è anche un
libro di rara bellezza, per il suo stile raffinato, ricco di notizie storiche, artistiche
e poetiche. E’ un’edizione del Club degli Editori nel 1968, che ripropone la copertina
originale del 1948 (Edizioni Meridiana). L’ho letto immediatamente, scavalcando
tanti altri libri che attendono da tempo.
“Villa Tarantola” è una raccolta di scritti autobiografici con cui
Cardarelli racconta i suoi burrascosi rapporti con il padre, il quale non
voleva che studiasse e pretendeva che diventasse un buon commerciante, lui che
invece aveva “il bacillo della cultura e della letteratura nel sangue”;
e poi racconta il suo enorme bisogno di affetto, i suoi platonici amori
giovanili fatti di sguardi, di pedinamenti, di piaceri solo cerebrali per delle
donne che, a volte, non aveva nemmeno il coraggio di conoscere “camminando
sulla loro traccia fuggitiva come Apollo dietro Dafne, come Teseo guidato dal filo
d’Arianna, ma senza fare un passo di più per raggiungerle”, figure quasi
evanescenti che ritroviamo anche nei suoi versi malinconici; e racconta la sua misantropia di uomo senza
famiglia, che viveva in camere d’affitto e passava da una pensione all’altra “come
uno straniero, un pellegrino o, se volete, un vagabondo”; la sua scarsa
partecipazione alla vita letteraria che lo isolavano sempre di più; il suo
intransigente moralismo e il suo eloquio tagliente, feroce e poetico, che tutti
ammiravano e molti temevano. Il libro non poteva non raccontare dei fatti e
misfatti del suo “etrusco paese” natale “con le sue molte torri e i suoi
campanili, come una San Gemignano in Maremma” e poi di altri luoghi in cui
aveva soggiornato: come nelle Marche, il cui paesaggio “è quale noi lo
conosciamo in Leopardi: bellissimo, dolce, e nondimeno avaro di ogni facile e
umana consolazione”. Dedica delle pagine tenere e affettuose a Recanati, il
paese del suo amato Leopardi: “è come tornare dopo molti anni al proprio
paese natale. Non si può salire questo colle senza sentirsi il cuore stretto da
una commozione indicibile. Par proprio di averci vissuto in questo paese…non
soltanto è il nostro passato, che risorge da ogni pietra, ma un motivo
inesauribile e perenne di meditare sul nostro destino, di ripiegarci su noi
stessi”. Ci parla poi dei suoi passaggi per Urbino, “l’infinita melodia
delle colline raffaellesche”; Ferrara, Venezia, dove voleva trascorrere solo un paio di giorni e invece ci rimase tre anni; Milano, che rivede dopo
undici anni di assenza e non riesce a trovare le sensazioni di un tempo. Ma le
pagine più belle e ricche di aneddoti io trovo che siano quelle dedicate a Roma,
che lo accolse non ancora ventenne: qui fece i mestieri più diversi prima di
diventare il poeta che conosciamo. Prima che cominciasse a provare “il
perturbante piacere delle congratulazioni” da parte di chi lo leggeva. E
così ci descrive la Roma barocca che “ci rammenta ad ogni passo la nostra
fragilità, la nostra miseria, ma, nel tempo stesso, tutto conduce a farci
guardare in alto”. Ed ecco allora le grandi strade con le altissime
facciate dei suoi palazzi. “E che dire delle madonne che passeggiano sui
tetti? Delle miriadi di croci, di ostensori, e altri emblemi issati in cima
agli obelischi e sui fastigi delle chiese, che si scoprono, chissà perché,
soltanto all’alba? Sono i miracoli, le apparizioni di Roma”. E poi la Roma del Rinascimento, del Sei e del
Settecento “dove non c’è vicolo, non c’è piazzetta, in cui non ci si senta
difesi nello spirito e nel corpo e i nostri occhi non abbiano materia di
diletto…”; la Roma dei caffè letterari che lui frequentava dove si
consumavano discussioni e battibecchi, come il Caffè Aragno “il quale non
era un caffè, ma un foro, una basilica, un porto di mare”; quella Roma,
insomma, che lo aveva ripagato di tutto, facendogli sembrare dolce perfino la
povertà, senza farlo sentire mai solo.
Chi lo ha conosciuto – come lo scrittore Libero Bigiaretti che ha scritto una
bella e struggente prefazione al suo libro – lo ricorda, soprattutto negli
ultimi anni della sua vita, ormai lontano dalla sua vena creativa, seduto a un
tavolo all’aperto del solito bar di Via Veneto a Roma, dove trascorreva lunghe
ore della giornata, indossando cappotto, cappello e
sciarpa anche d’estate. E c’era sempre qualcuno che – pur canzonando questa sua
bizzarra abitudine - ogni tanto gli si avvicinava tentando di ottenere una di
quelle sue sferzanti e colte battute, per cui un tempo era famoso. La foto che
ho postato sopra, che lo ritrae di spalle, è una sorta di icona inconfondibile:
rimanda alla sua solitudine, alla sua precoce decadenza fisica e intellettuale.
Chissà come avrebbe raccontato la Roma di oggi, uno come lui che sapeva
guardare il mondo con occhi disincantati, standosene seduto da solo al tavolo
di un caffè!
Conosco il Cardarelli poeta ma non sapevo che avesse scritto anche un romanzo, vincendo addirittura il Premio Strega. Da come ne parli, sembra un bel libro. Peccato che sia fuori catalogo.
RispondiEliminaFrancesco
Si è un bel libro, anche se i romanzi autobiografici appartengono a quel genere di letteratura che non sempre piace a tutti. Io sono un estimatore di questa letteratura. A tal proposito scrive Cardarelli, in questo suo libro, che Riccardo Bacchelli considerava “scrittori mancati” tutti quegli autori di “memorie d’infanzia e di giovinezza”. Tuttavia, pur essendo convinto che il suo vecchio amico e collega - nel pronunciare quella sentenza negativa che in qualche maniera lo riguardava - non pensasse propriamente a lui, il poeta si chiedeva perché il semplice fatto di trattare un argomento piuttosto che un altro potesse decidere della bravura o meno di uno scrittore. Per Cardarelli le vie che conducono all’arte sono infinite e “niente è più sbagliato che esigere o ricercare quel che un artista avrebbe dovuto o voluto fare. Si ricerchi piuttosto quel che ha potuto e che ha fatto”. Ciao Francesco e grazie
EliminaHo molto apprezzato questo scritto su Cardarelli, uno dei poeti che più ammiro. Un saluto.
RispondiEliminaGrazie davvero per l'apprezzamento :)
EliminaRicambio il saluto
Apprezzo tanto il Cardarelli poeta. Non lo conoscevo in veste di scrittore. Grazie di questa condivisione.
RispondiEliminaMi permetto di condividere una lirica di Cardarelli a mio avviso speciale: "Autunno." Saluti cordiali.
Già lo sentimmo venire
nel vento d'agosto,
nelle pioggie di settembre
torrenziali e piangenti
e un brivido percorse la terra
che ora, nuda e triste,
accoglie un sole smarrito.
Ora che passa e declina,
in quest'autunno che incede
con lentezza indicibile,
il miglior tempo della nostra vita
e lungamente ci dice addio.
Grazie a te per la bella poesia. L'autunno, oltre che stagione della natura, è anche la mia stagione dell'anima. E credo che possa essere considerata anche la stagione preferita di Cardarelli: "il miglior tempo della nostra vita". Un caro saluto, Maria.
Elimina...direi che qui ci sta tutto l'incipit del tuo precedente post- "Fare buona letteratura è anche raccontare la propria vita, raccogliere suggerimenti dal proprio vissuto. D’altronde, quasi tutti gli scrittori del passato, mescolando a volte finzione letteraria e realtà, hanno scritto romanzi autobiografici.." .
RispondiEliminaÈ lampante poi vedere come dentro le autobiografie di questi scrittori e poeti, viene svelata anche un po della tua, che fa non solo un attento recensore ma anche un attento scrittore:)
Forse anche per questo ami Cesare Pavese per quanto siano vere le sue parole del tipo:
- La letteratura ci difende dalle offese della vita.
- Leggendo non cerchiamo idee nuove, ma pensieri già da noi pensati, che acquistano sulla pagina un suggello di conferma. Ci colpiscono degli altri le parole che risuonano in una zona già nostra – che già viviamo – e facendola vibrare ci permettono di cogliere nuovi spunti dentro di noi.
Non mi sono allontanata dal post:) credo di esserci finita proprio dentro.
È così difficile avvicinare i giovani ,piegati sullo smartphone, a distrarre lo sguardo su talune bellezze?A sostituire una connessione culturale,spirituale ...con la freddezza tecnologica?
La Roma barocca per Vincenzo Cardarelli... è la finestra dove scorgiamo soprattutto il nostro passato:"ci rammenta ad ogni passo la nostra fragilità, la nostra miseria, ma, nel tempo stesso, tutto conduce a farci guardare in alto”
Quanto è complicato scrivere con questi nuovi cambiamenti di google...non penso che la parte spirituale possa piegarsi ad un compromesso,piuttosto se ne allontana da questa sorta di prigione dell'anima..
Buona serata
L.
Si, non solo ci sei finita tutta dentro - nel mio post - ma addirittura l’hai completato… arricchito… migliorato, con le tue belle parole: grazie davvero, L.
EliminaE’ proprio vero, quando leggiamo un libro, in qualche maniera cerchiamo, tra le sue pagine, “pensieri già da noi pensati”, come diceva giustamente Pavese. E se quel libro è autobiografico e vi scorgiamo un qualcosa che ci somiglia, in cui ci identifichiamo, allora il piacere che ne deriva diventa incomparabile. E’ come se noi stessi diventassimo i protagonisti della storia narrata, è come se il libro lo avessimo scritto noi. Ecco, solo da questo punto di vista posso accettare l’idea di essere “un attento scrittore”…sorrido! Io sono soltanto un attento lettore, che legge con lentezza, armato di matita. Chi legge i miei post avrà certamente notato che quando parlo di un libro do molto spazio alle parole dello scrittore, a volte riporto interi periodi, un modo, questo, per entrare più efficacemente nel libro. Ed è anche una maniera per sottolineare come le parole dello scrittore siano molto più adeguate delle mie, soprattutto se quei pensieri espressi con quelle parole, sono anche i miei pensieri. La bellezza di Roma che ci viene svelata da Cardarelli è la stessa bellezza che può cogliere qualsiasi visitatore. Certo, noi per quanto ci impegniamo, non saremo mai capaci di descriverla come fa lui; però, se sapessimo almeno guardarla con attenzione solo con i nostri occhi, anziché attraverso lo schermo di un cellulare mentre la fotografiamo, potremmo sicuramente ammirarla e rimanerne estasiati. Come ben sai, io non avendo cellulari, non posso fotografarla. Però, quando posso, me la godo osservandola a lungo, senza fretta. 😊
Ciao L. e buona serata a te
bello il tuo piacere sublime nello scovare in una bancarella un libro che da tempo inseguivi, ha qualcosa di molto personale, condivisibile solo dall'esterno.
Eliminamassimolegnani
Grazie, Carlo. Un saluto :)
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