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lunedì 16 novembre 2020

Una crescita infinita? No grazie!

 


Dicono gli scienziati che il pianeta che abitiamo non ci basta più e per continuare a mantenere lo stesso tenore di vita - fatto di consumi e sprechi eccessivi, almeno per noi occidentali - ne servirebbe un altro con le stesse caratteristiche. Ciò significa che una crescita economica infinita e globalizzata, come quella che stiamo perseguendo, è incompatibile con un pianeta finito. E’ innegabile, però, che lo sviluppo economico, soprattutto durante quest’ultimo secolo, ha generato ricchezza e benessere – anche se per una minoranza dell’umanità -  tuttavia questo non vuol dire che si potrà continuare con uno sviluppo esponenziale, proprio in virtù del fatto che le risorse naturali sono destinate ad esaurirsi nei prossimi anni. Solo gli economisti – beati loro! - credono alla crescita materiale illimitata.

La pandemia che stiamo vivendo in questi mesi è una spia rilevante di un disagio socio-economico-sanitario che dovrebbe farci riflettere e indurci a cambiare non solo il nostro stile di vita, ma anche il nostro attuale modo di produrre ricchezza, che è diventato sempre più aggressivo e pericoloso nei confronti della natura e dei popoli, perché mercifica risorse naturali e umane. Il nostro pianeta, è bene non dimenticarlo, è governato da leggi naturali, sempre le stesse da milioni e milioni di anni: non possiamo, quindi, pensare di poterle cambiare e stravolgere a nostro piacimento, anche nei suoi aspetti climatici, senza arrecare danni irreversibili all’intero ecosistema. Per dirla con le parole di Tito Livio, se vogliamo salvarci e riconquistare quell’equilibrio perduto “non possiamo più tollerare né i nostri vizi né i loro rimedi”.

Lo confesso: io sono un sostenitore di quel nuovo modello di sviluppo che si chiama “decrescita felice”, modello che non è nemico del progresso e della prosperità fin qui raggiunta, ma fautore di un rinnovamento industriale ed economico in chiave ecologica volto a correggere le storture della “crescita per la crescita”, secondo quella sconsiderata credenza che il “più” sia migliore del “meno” e l’aumentare sia più opportuno del diminuire. L’attuale sviluppo economico – misurato con quel perverso strumento che si chiama PIL - va quindi totalmente ripensato, mettendo anche in discussione la movimentazione sproporzionata di persone e merci da un punto all’altro del pianeta, che genera un impatto disastroso sull’ambiente. Per sconfiggere la globalizzazione del mercato – che io considero nefasta – è necessario rivitalizzare l’artigianato locale e riscoprire e preferire i prodotti del nostro territorio: non è più accettabile, per esempio, che sulla nostra tavola ci siano arance provenienti dalla Spagna, mentre quelle siciliane - una delle nostre eccellenze - debbano andare all’estero, secondo logiche di mercato insane e incomprensibili. Va rivista l’organizzazione sociale del lavoro: bisogna lavorare meno, ma lavorare tutti. E bisogna rinunciare alla folle corsa verso i consumi. Siamo strapieni di cose superflue che accentuano il nostro vuoto esistenziale e il nostro smarrimento. Consumare e poi ancora consumare, sembra essere l’imperativo economico dei nostri tempi. E poi va ripensato il rapporto tra persone e strumenti digitali e tecnologici. Questi ultimi sono una grande conquista, non c’è che dire, ma è illusorio pensare che possano risolvere tutti i problemi che ci affliggono, o – come auspica qualcuno – sostituirsi addirittura all’uomo. Ho l’impressione che l’uso di questi mezzi tecnologici, di cui oramai siamo succubi, ci stia sfuggendo di mano: crediamo di controllarli, ma sono loro che controllano noi; non li possediamo, ma ne siamo posseduti.


14 commenti:

  1. -Consumare e poi ancora consumare, sembra essere l’imperativo economico dei nostri tempi. E poi va ripensato il rapporto tra persone e strumenti digitali e tecnologici


    Caro Pino se il "consumo" viaggiasse di pari passo con le volte in cui facciamo questa strada per raggiungere il tuo blog ci ritroveremmo a sostenere una "crescita felice e spirituale "...che non sarebbe affatto male .

    Condivido pienamente il fatto che bisogna favorire le nostre produzioni e non ad esempio le arance della Spagna con un costo ,soprattutto in questo periodo, impensabile.Non parliamo degli oli diluiti (a cosa?) e importati e poi venduti nei nostri supermercati come oli extravergine.

    Un pianeta governato da leggi naturali come giustamente dici ,non va dimenticato, e visto il periodo che ci ha piegati alla lentezza forzata e ad una nuova consapevolezza del tempo, è doveroso meditare in questo nuovo spazio a livello personale per arrivare a nuove consapevolezze di risveglio sociale, perché quelle politiche sono quelle attuali...


    Buona serata


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    1. Una "crescita felice e spirituale " in contrapposizione ad una crescita illimitata sarebbe una buona cosa, anche senza passare per il mio blog...e ti ringrazio per le tue parole sempre generose. Dici bene quando scrivi che "è doveroso meditare in questo nuovo spazio a livello personale per arrivare a nuove consapevolezze di risveglio sociale". Io me lo auguro...ma sono pessimista. Ciao e buona giornata

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  2. Sono con te al 100% ma anche consapevole, non solo dell'impossibilità di un arricchimento perpetuo, ma anche del - a brevissimo - degradamento fisiologico del pianeta fino all'inevitabile collasso.
    Avendo i miei 61 anni e nessun figlio da lasciare nello sfacelo..devo dire che guardo alla tragedia ventura con occhio meno affranto di quanto non ci si possa aspettare. Da par mio, intanto, perseguo comunque uno stile slow life, cercando di fare del mio meglio ma vedo che chi dovrebbe fare qualcosa, ora, se ne frega. Guarda solo i continui rimandi sul problema del riscaldamento globale...
    Siamo vittime ma anche carnefici, chi più e chi meno, cosciente..

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    1. E' proprio così, siamo vittime e carnefici allo stesso tempo e non so proprio come andrà a finire. Ciao

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  3. Credo che ormai siamo senza speranza.
    Ci siamo ficcati in un vicolo cieco, continuando così ci schianteremo contro il muro. Ma tornare indietro, decrescere, non sarà affatto una passeggiata felice: con il ridimensionamento dei bisogni, dei consumi e dei piaceri attraverseremo inevitabilmente una fase di impoverimento economico, di disoccupazione dilagante, prima di assestarci in un nuovo medioevo fatto di agricoltura e artigianato.
    le vicende legate al covid ce lo stanno dimostrando.
    massimolegnani

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    1. Decrescita non significa tornare al medioevo. Lo sviluppo economico, così come è organizzato, è il vero problema, e la soluzione non è uno sviluppo maggiore e infinito. Continuare a sostenere tale tesi non fa che aggravare il problema stesso. Ognuno di noi, nel nostro piccolo - così tanto per cominciare a cambiare qualcosa - potrebbe ispirarsi alla carta "Consumi e stili di vita" proposta al Forum delle Ong di Rio che comprende il cosiddetto programma delle 6 R.
      Rivalutare
      Ristrutturare
      Ridistribuire
      Ridurre
      Riutilizzare
      Riciclare
      Se riuscissimo, tutti insieme, a mettere in opera nella nostra vita quotidiana questi semplici obiettivi potremmo creare un circolo virtuoso di decrescita felice, sostenibile e conviviale. Senza tornare al medioevo. Ciao Carlo :)

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  4. Condivido ciò che hai scritto, anche relativamente alla cosiddetta decrescita felice. Oppongo solo un paio di obiezioni.
    La prima è che la gente, in generale, non ha contezza della situazione e delle dinamiche economiche in cui si muove il mondo per una questione di mera ignoranza. E il guaio è che quando anche provi a spiegare queste cose ti imbatti in una sorta di rifiuto generalizzato ad accoglierle.
    La seconda obiezione è che la decrescita felice non si attuerà mai perché nessuno o quasi è disposto a retrocedere di un millimetro dal benessere conquistato e ormai considerato diritto acquisito. Per cui, non c'è soluzione. Bisogna cominciare a prendere atto del fatto che ci sono problemi a cui non c'è soluzione.

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    1. Cambiare rotta è molto difficile e complicato, lo riconosco. Noi cittadini abbiamo molte responsabilità, a prescindere dalle dinamiche economiche che governano il mondo. Leggevo l'altro giorno su una rivista che in Italia il 15% della carne, il 10% del pane e della pasta prodotta finiscono nella spazzatura. E lo stesso spreco si registra per l'abbigliamento, per gli elettrodomestici e per il materiale informatico. In casa abbiamo un televisore in ogni stanza, uno o più telefonini a testa, una famiglia di 4 persone possiede 4 macchine e 4 PC, buttiamo scarpe nuove solo perchè non sono più di moda...insomma se riuscissimo a contenerci - senza per questo rinunciare al benessere conquistato - saremmo già sulla strada della decrescita e, senza farci mancare nulla, staremmo meglio noi e la terra che ci ospita.

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  5. Quasi tutti noi viviamo in modo innaturale la nostra vita perchè rimuoviamo costantemente la morte, facciamo finta che la morte non esista oppure la consideriamo una tragedia e quindi portiamo con noi l'angoscia della nostra finitezza.
    Per questo motivo abbiamo bisogno di essere dei consumisti compulsivi, sentiamo il dovere di vivere ogni momento il piu' intensamente possibile, siamo dei drogati della vita e temo che la decrescita felice non si potrà mai fare, perchè essa implica la serena accettazione e non l'angoscia del limite.
    "No limits" è lo slogan ufficiale della nostra società attuale: bisogna comprare sempre qualche oggetto nuovo, bisogna fare sempre qualcosa di nuovo e di più per non cadere in depressione, così come non bisogna pensare alla morte per non deprimersi.
    In tutto questo si è dimenticata la natura della vita, che è fatta di nascita e morte, che ha senso solo se accettiamo con naturalezza, senza provare pena, che alla fine moriremo.
    Se riusciamo a farlo, le nostre giornate saranno più calme e serene, saremo liberi di vivere in modo naturale e non a comprare oggetti o ammucchiare soldi.

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    1. Grazie di cuore per la tua bella riflessione che io condivido pienamente. Mi vengono in mente le parole di Epicuro, il quale diceva che non dovremmo temere la morte perché “quando ci siamo noi non c'è lei, e quando c'è lei non ci siamo più noi.» Ma tra il dire e il fare….ecco allora che la morte ci terrorizza e cerchiamo sempre di scacciarla dai nostri pensieri, così come ci terrorizza il vuoto che lo viviamo come un incubo. Infatti siamo sempre alla ricerca spasmodica di qualcosa che possa riempirlo, qualora si dovesse presentare durante la nostra giornata. Riempirlo a tutti i costi di spese…di messaggi....di telefonate....di oggetti...di musica come sottofondo (ma non per ascoltare musica, ma solo per non ascoltare il silenzio)…di immagini… di informazioni…di pubblicità (visiva e cartacea) che ci perseguita e ci invita sempre, in qualsiasi momento della giornata) a comprare e comprare. Tutto ciò dovrebbe suscitare in chiunque una reazione di rifiuto. Ma, purtroppo, non succede, perché siamo assuefatti al peggio.

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  6. "Pagine ingiallite "... il titolo stesso del tuo blog è già consapevolezza ed io mi ci trovo tantissimo in queste pagine ,un po' invecchiate ma che contengono risposte al presente e a questa forma di vita che molti definiscono progresso ,evoluzione.Mi sa che dovremmo aggiornare il significato delle parole , perché sinceramente sono rimasta forse io un po' troppo sulle pagine dei vecchi libri e dei vecchi dizionari .Mi chiedo cosa voglia dire progresso se è regresso e il perché io confonda questi termini ..


    Ci sono ritornata su questa pagina perché si sono aggiunte altre interessanti riflessioni e sono riuscita a non intravederne una ,che va dentro la vita prima che si giunga alla morte!

    Non è stato toccato un tasto dolente ,su cui tutta la nostra esistenza si sta basando ,ed è l'incapacità di conoscere o riconoscere l'Amore in tutto quello che facciamo .Tasto su cui chissà per quale ragione i nostri antenati e le vecchie generazioni edificavano vite e non Ponti Morandi o. Morenti fate voi:)

    Posso crescere o decrescere ma se non capisco quale importanza io dia all'Amore ...mi troverò sempre sulla strada del consumo maniacale per sostituirlo perché mi mancherà sempre .Nessuna credenza può occupare quello spazio ,nessun bene materiale può sostituirlo e allora anche mentre cerchiamo nel passato o arrivando oggi alla rassegnazione e accettazione dei bei processi frantumati e portati al degrado muore anch'esso : l'Amore... nello scritto !


    Abbiamo confuso il bene immateriale con quello materiale,l'educazione con la maleducazione ,il perdono con l'offesa,l'amore con l'odio...Qui dovremmo rimodernare tutti i dizionari perché ogni parola ne ha assunto un senso diverso o inverso ,e dovremmo sfruttare la tecnologia per recuperare soprattutto lo spirito dell'Amore... perche' esiste !... ma è assopito ha paura di non essere conosciuto e riconosciuto ,scatenandosi nelle innumerevoli forme depressive . La bellezza ,l'Amore non sono spesso tramandate e si diventa inevitabilmente un po' come gli aborigeni australiani ,perdendo quel senso di appartenenza si cerca di recuperarli drogandoli di alcool che non reggono !

    Buona serata


    L.

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    1. Ti ringrazio innanzitutto per le tue belle parole di apprezzamento nei confronti del mio blog e per la tua interessante riflessione che si aggiunge alle altre, altrettanto interessanti, come tu stessa hai notato. Tutte insieme integrano e arricchiscono il mio post. E’ proprio così: abbiamo dimenticato il vero significato delle parole. Oggi assistiamo ad una gara a chi grida di più, e ogni parola gridata assume un significato diverso da quello autentico. Come se gridare rafforzasse la ragione. Ma quando gli insulti e le insinuazioni prendono il posto degli argomenti, i risultati non possono che essere questi: un degrado culturale e sociale. Affinché una nazione possa crescere non basta il solo sviluppo economico, come vogliono far credere alcuni economisti. Serve innanzitutto una crescita culturale, civile e morale. E come dici giustamente tu – proprio perché abbiamo smarrito il vero significato delle parole - confondiamo “il bene immateriale con quello materiale, l'educazione con la maleducazione, il perdono con l'offesa, l'amore con l'odio”. E aggiungerei, tanto per stare in tema, lo sfruttamento e la distruzione dell’ambiente in cui viviamo, con la crescita economica. Ripeto quella citazione di Tito Livio che mi piace molto : “non possiamo più tollerare né i nostri vizi né i loro rimedi”. Dobbiamo proprio cambiare atteggiamento nei confronti delle cose e delle persone; dobbiamo affidarci alla lungimiranza delle nuove generazioni, a cui consegniamo il futuro. E sperare. Buona serata a te. L.

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  7. Il consumismo è la nuova religione, il nuovo oppio dei popoli. Nel mio piccolo cerco di evitare lo spreco e di diffondere il mio credo, ma spesso mi sembra di essere il famoso profeta che predica senza che nessuno lo ascolti.

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    1. E' proprio così: bisogna consumare e consumare sempre di più. Il sistema economico che abbiamo costruito è questo. E' necessario un cambio culturale...ma ci vorrà tempo.

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