Passeggiare lentamente per le strade del centro
storico di Roma, da soli o in compagnia, è un modo gradevole di godere il
proprio tempo. Il passeggiare riunisce, almeno per me, due piaceri: quello di
pensare e quello di guardare, occupazioni che oggi non sembrano riscuotere
grande interesse. Roma, pur essendo una città piuttosto rumorosa e caotica –
come tutte le metropoli – custodisce posti abbastanza tranquilli dove ritrovare
silenzio e solitudine. Vivo nella città eterna da oltre
quarant’anni, eppure devo dire che non ho ancora finito di scoprire tutti i suoi
innumerevoli angoli, quelli più nascosti e suggestivi, le sue bellezze
artistiche, la magnificenza dei suoi antichi palazzi. Roma, da questo punto
di vista, è fonte inesauribile di esplorazioni, di incontri inattesi
e di scoperte improvvise. Forse come nessun’altra città al mondo.
Facevo queste considerazioni l’altro giorno, mentre parcheggiavo la mia macchina nel piazzale Numa Pompilio, antistante le Terme di Caracalla. Avevo deciso di fare due passi a piedi con mio figlio (ormai grande), alla ricerca di quella “medicina dell’anima” che serve a stemperare quei momenti di dolce malinconia. E di questi tempi devo dire che non mancano. Mi trovavo nell’area dove circa duemila anni fa sorgeva il complesso architettonico delle terme della Roma imperiale (i resti maestosi stanno ancora lì a testimoniarne lo splendore), una sorta di moderno centro polifunzionale del benessere psico-fisico, con volte affrescate e con statue grandiose, che comprendeva palestre, bagni, campi sportivi, sale per massaggi e saune, ristoranti, biblioteche, ecc. Insomma tutto ciò che rendeva la vita bella e godibile agli antichi romani. Mi veniva da pensare, osservando in lontananza quei resti monumentali, che siamo passati dalla bellezza di una simile opera architettonica, quale luogo di socializzazione e di ritrovo per attività ricreative, alla bruttezza di quel “luogo non luogo” che è il centro commerciale, dove vengono forgiati non cittadini, ma consumatori. Poveri noi!
Prima di imboccare Via di Porta San Sebastiano – che corre parallela a via di Porta Latina sulla sinistra, formando un angolo davvero delizioso di una Roma poco frequentata (per la gioia di chi, invece, la frequenta) – ci siamo soffermati ad ammirare quella inconfondibile villa color ocra, circondata da un bellissimo parco, situata in cima ad una piccola collina, che domina tutta la zona circostante, in cui è vissuto uno dei figli più grandi della Roma moderna: Alberto Sordi. L’indimenticabile Albertone nazionale, uno degli interpreti più amati del cinema italiano, non poteva scegliere un posto migliore in cui vivere, forse quello a lui più congeniale. Oggi la casa, dopo la sua morte, è diventata un museo che raccoglie i suoi oggetti più cari. Il mausoleo di un grande dei nostri tempi tra le grandiose rovine del passato.
Dicevo di Via di Porta San Sebastiano, che praticamente costituisce il tratto iniziale di Via Appia Antica, considerata dai Romani la Regina Viarum, una delle più grandi arterie del mondo antico, che collegava Roma a Brindisi e dal cui porto partivano le navi commerciali per l’Oriente. Se non fosse stata lastricata con i famosi sampietrini (per chi non lo sapesse, sono quei cubetti di selce estratti dalle cave poste ai piedi dei Colli Albani, con cui vengono pavimentate le vie del centro storico di Roma) la strada - fiancheggiata da alte mura che racchiudono deliziosi giardini con piante secolari, oltre ad antiche dimore e resti archeologici – avrebbe avuto l’aspetto di un grosso sentiero di campagna. Peraltro proprio la campagna, con le sue pecore che vi pascolavano al posto delle macchine che oggi vi parcheggiano, dominava certamente quest’area rinchiusa entro la cerchia delle Mura Aureliane, almeno fino ai primi del ‘900.
A quell’ora, erano circa le due del pomeriggio di una bella domenica di sole, la strada appariva pressoché deserta. Per girare senza troppi affanni per Roma devi andare controcorrente: uscire quando gli altri sono ancora a tavola e rientrare quando gli stessi escono. Solo l’incontro di qualche persona solitaria munita di mascherina – ci hanno detto che dobbiamo stare da soli se vogliamo sconfiggere questo maledetto virus che tarda a lasciarci – mi riportava alla difficile normalità del momento. Devo dire che nel percorrere questa strada totalmente immersa nella quiete, si percepisce una piacevole sensazione di pace: poter ascoltare i propri passi che risuonano sul selciato, sempre soffocati da ben altri quotidiani frastuoni, è una cosa rara a cui – noi abitanti delle città - non siamo più abituati. Ma ecco che mi si presenta, sulla destra della strada, la chiesa di San Cesareo, dalla severa facciata tardo-rinascimentale attribuita a Giacomo della Porta.
Non c’è strada, a Roma, che non abbia la sua bella chiesetta, il suo edificio religioso, la sua edicola votiva, a testimonianza di duemila anni di cristianesimo e la presenza di 266 papi ascesi al soglio pontificio. Un po’ più avanti, sulla sinistra, una finestrella con una grata su un muro di cinta permette di vedere un bel giardino, all’interno del quale si scorge una deliziosa casetta con le sue finestre a crociera e la loggia affrescata. Leggiamo che era la “casina del cardinale Bessarione”, un illustre umanista greco che morì in Italia nella seconda metà del ‘400. L’insieme, casetta e giardino, riproduce un modello esemplare di dimora gentilizia, e offre al visitatore un’idea di come doveva essere piacevole e semplice la vita per il letterato che vi dimorava nella Roma del primo Rinascimento. Lo confesso: se mi venisse offerta la possibilità di vivere in quell’esilio di pace, tra alberi secolari, stanze affrescate e qualche libro, accetterei senza indugio. Ho pretese modeste. Sorrido!
Proseguendo per via di Porta S. Sebastiano si può svoltare, sulla sinistra, in un bel Parco con cipressi e pini secolari che prende il nome da una delle più illustri famiglie della Roma repubblicana: gli Scipioni, il cui sepolcro risalente al III secolo a.c. venne qui rinvenuto nei primi anni del 1600. Le mie nebulose reminiscenze scolastiche mi riportano a Scipione l’Africano, il famoso condottiero che sconfisse il generale cartaginese Annibale. Attraversando il Parco ci si imbatte in un delizioso tempietto rinascimentale dalla forma ottagonale, che sorge a pochi passi da Porta Latina, una delle più imponenti e meglio conservate delle Mura Aureliane, conosciuto con lo strano nome di S. Giovanni in Oleo. E’ un monumento molto grazioso che non ti aspetteresti mai di trovare: sembra quasi che qualcuno di notte l’abbia posto lì per farti una sorpresa, o che sia piovuto dal cielo, dono di un dio sconosciuto. Leggiamo, invece, che secondo un’antica tradizione, sorge sul luogo ove San Giovanni Evangelista fu sottoposto al supplizio dell’olio bollente dal quale uscì illeso. Progettato dal Bramante, fu restaurato dal Borromini nel Seicento che rifece l’elegante coronamento della cupola decorato con festoni di rose e palme. A quell’ora era chiuso, però dallo spioncino dell’ingresso si intravedeva un piccolo altare con delle sedie e le pareti decorate con stucchi che invitavano alla preghiera e alla meditazione. Purtroppo anche questo piccolo gioiello dell’arte, che pochi conoscono, non è stato risparmiato dal vandalismo dei soliti idioti che di notte vanno in giro per Roma ad imbrattare la città con i loro graffiti. E pensare che c’è pure qualche politico nostrano – che magari dovrebbe contrastarli – il quale si ostina a riconoscere come artisti questi soggetti, che per me sono i nuovi barbari. Evidentemente quel politico non ha la minima idea di cosa sia l’arte. E non riesco, poi, ad immaginare cosa possa aver pensato quell’artista mentre sporcava, con la sua bomboletta spray, un monumento che sta lì da oltre 500 anni e che vivrà nei secoli futuri. Chissà, forse pensava di poter essere ricordato anche lui per l’eternità!
Per ritornare sui miei passi, ho percorso via di Porta Latina dove si trova, in una quieta e raccolta piazzetta, una delle più pittoresche basiliche della vecchia Roma, con il suo magnifico campanile, che conserva la semplicità delle sue antiche origini: San Giovanni a Porta Latina. Proprio antistante la chiesa sorge un caratteristico pozzo Sono entrato.
Non c’era nessuno. Solo un vecchietto – che sembrava uscito da un quadro del ‘600 - stava in raccoglimento in fondo alla navata il quale, osservando gli affreschi del XII secolo che ornano le pareti, più che pregare sembrava stesse meditando sulla caducità delle umane vicende. Mi sono soffermato ad assaporare la sacralità e il silenzio di quel luogo e poi sono uscito più sereno. La strada prosegue tra alte mura e cancelli in ferro battuto a protezione di meravigliose dimore circondate da bellissimi giardini: sono le ambasciate di Canada e Norvegia e la residenza dell’ambasciatore del Giappone.
Mentre tornavo a casa – dopo aver trascorso un paio d'ore di piacevole ozio in una Roma lontana dai flussi turistici e in compagnia di mio figlio - la lunga fila di macchine che scorreva nella direzione opposta mi rammentava che l’altra Roma, quella più festaiola, si apprestava allo shopping serale, al rito dell’apericena e della movida.
affascinante passeggiata per le vie di Roma. Mi è piaciuta l'originalità del percorso, quell'andar controcorrente che non è snobismo ma il sapersi ritagliare nella calca della metropoli angoli solitari incredibilmente belli.
RispondiEliminacomplimenti
ml
Grazie Carlo per l'apprezzamento. No, lo snobismo non mi appartiene: sono una persona semplice che ama il silenzio e la solitudine, che non è "una tremenda condanna" - come diceva Bernardo Bertolucci - ma "una meravigliosa conquista". Quando giro per Roma cerco sempre di evitare i luoghi troppo affollati, perchè gli assembramenti non mi piacciono, indipendentemente dal Covid 19. A volte basta svoltare l'angolo per trovare posti belli e suggestivi. E nella quiete te li godi meglio. Un caro saluto
EliminaBellissima questa tua passeggiata. Ho molto apprezzato il modo come l'hai raccontata nel fare emergere, mentre ti trovavi al cospetto delle bellezze architettoniche e naturali che incontravi lungo il percorso, le tue intime sensazioni. Francesco
RispondiEliminaGrazie anche a te, Francesco. Un saluto
EliminaHai ragione. E te lo dico da romano che apprezza la Roma insolita, solitamente disertata dalla folla..e proprio vicino Caracalla, dove sei stato a passeggio, a Via dei SS Quattro, al Celio, puoi trovare una delle Basiliche più affascinanti di Roma, a due passi da S. Clemente (altra magnifica perla, ma più gettonata). Il complesso dei SS Quattro Coronati stupisce davvero e sorprende per come sia "fuori circuito" nonostante la sua posizione privilegiata.. e da un lato meglio così, alcune meraviglie è meglio che rimangano appartate: brilleranno di più per chi abbia voglia di (ri)scoprirle..
RispondiEliminaPotevo non conoscere il Monastero dei SS. Quattro Coronati? Proprio su questo luogo ho scritto più di un anno fa un post - da te commentato - che puoi rileggere a questo link
RispondiEliminahttps://paroletrapagineingiallite.blogspot.com/search?q=un%27oasi+di+silenzio+nel+cuore+di+Roma . Ciao Franco e grazie.
ahah.. vedi.. certi luoghi restano nel cuore!
EliminaProprio così...un'oasi di pace
EliminaOltre che ricercatore della medicina dell'anima(bella definizione) credo tu sia stato anche un ottima "guida turistica" in questo reale virtuale.
RispondiEliminaRicordo di essere stata con il mio gruppo folkloristico in una delle tante esibizioni la prima volta che risale ad un bel po' di anni fa .Poi tante altre volte ma ahimè mi son dovuta subire tutto ciò che tu sei riuscito ad evitare,e ho perso più della metà di quel fascino che descrivi e che davvero merita un buon equilibrio interiore ed esteriore per poter assorbire bene ogni dettaglio.
Buona serata
Bisogna sempre cogliere ogni occasione per ammirare la bellezza, in qualsiasi forma essa si manifesti ed in qualunque luogo essa si trovi. E’ chiaro che ognuno di noi ha un modo diverso di guardare, tant’è che mi viene da pensare che – nella società dell’immagine in cui viviamo - noi siamo quello che guardiamo. Naturalmente il guardare genera anche sentimenti e reazioni emotive differenti, frutto della nostra sensibilità, della nostra cultura e dell’educazione che abbiamo ricevuto. Insomma della nostra filosofia di vita. E’ chiaro che tutto ciò si apprezza meglio se intorno a noi non ci sono assembramenti di persone, tanto per usare un termine molto in voga di questi tempi. Buona serata a te
EliminaP.S. : Mi incuriosisce quel “gruppo folkloristico” con cui vai in giro per Roma :))
Riaprirò. Nel mentre passeggio per Roma con te. Ciao
RispondiEliminaE io ti leggerò. Felice di passeggiare per Roma con te. Un saluto, Liberius
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