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martedì 9 giugno 2020

Centocelle



Abito in un quartiere di Roma che si chiama “Centocelle”, limitrofo all’omonimo Parco Archeologico dove sorgeva - circa duemila anni fa - la villa imperiale ad duas lauros dell’imperatrice Elena (madre di Costantino), circondata dalla grande piscina termale e dagli alloggiamenti per i suoi cavalieri. Per la sua grande estensione, la dimora imperiale venne chiamata Centum Cellae, da cui deriva l’attuale toponimo. Grazie alla presenza di questi importanti resti archeologici l’area del parco, di oltre 120 ettari – di cui solo una trentina aperti al pubblico – è sottoposta a vincolo paesaggistico e da tempo attende quegli interventi di riqualificazione che potrebbero rilanciare, dal punto di vista socio-ambientale-culturale, tutto il territorio che gravita a sud est della Capitale. Va detto che proprio in questa area fu realizzato, nell’aprile del 1909, il primo aeroporto italiano, la cui pista lunga circa 400 metri ancora si conserva, come da foto. E qui doveva sorgere, negli anni settanta, il famoso Sistema Direzionale Orientale (SDO) che avrebbe dovuto liberare il centro storico di Roma da tutti i Ministeri e da tutti gli altri uffici del potere politico-economico. Il progetto, per fortuna, non venne realizzato ed oggi il Parco attende tempi migliori per decollare.

Il luogo non è molto frequentato: tranne pochi amanti del footing, la maggior parte delle persone del quartiere preferisce il vicino parco Villa De Sanctis (di cui ho parlato in un mio post precedente), che tra l’altro custodisce il Mausoleo funerario della succitata imperatrice Elena, che da queste parti era di casa. Devo dire che anch’io, per “oliare” le mie articolazioni sempre più arrugginite, vado spesso a passeggiare su quella vecchia pista abbandonata e lungo quei vialetti circostanti delimitati da radi cipressi, dove la mentuccia e il finocchietto selvatico crescono spontanei e dove svolazzano liberi corvi e pappagalli. Lo confesso: non è il massimo delle aspirazioni umane. Ma, purtroppo, solo questo offre il convento. E allora, per circa un’ora al giorno mi allontano dai rumori, dall’aria inquinata e dal traffico cittadino e vado lì a respirare il silenzio, a corteggiare i miei pensieri, a stemperare le mie malinconie. E ogni volta mi vengono in mente quelle meravigliose parole - in cui mi identifico - con le quali il filosofo francese Denis Diderot iniziava un suo famoso dialogo filosofico, verso la metà del ‘700:

“Che faccia bello o cattivo tempo è mia abitudine andare a passeggiare ogni pomeriggio verso le 5 nei giardini del Palais-Royal. Intrattengo me stesso con la politica, l’amore, il gusto, la filosofia e abbandono la mente al suo libertinaggio lasciandola padrona di seguire ogni pensiero che le si presenti, saggio o folle che sia. E la mente si comporta come quei giovani dissoluti che corrono dietro alle ragazze con l’aria sventata, il volto sorridente, l’occhio vivace e il nasino all’insù, corteggiandole tutte senza attaccarsi a nessuna di loro. Ecco: i miei pensieri sono le mie puttane”.

8 commenti:

  1. Vai su quella vecchia pista a "corteggiare" i tuoi pensieri. Io avrei scritto... a farli decollare. :-) Ciao Francesco

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    1. Ma decollano, dopo averli corteggiati. :) Ciao Francesco

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  2. https://visusversusanimum.blogspot.com/

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  3. fa un po' tristezza il luogo in cui vai a respirare il silenzio, a corteggiare i [miei] pensieri, a stemperare le [mie[ malinconie (bellissime parole). Meriterebbero scenari più consoni.
    massimolegnani

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    1. Grazie per le tue parole. Le tue osservazioni – caro Carlo – non sono del tutto infondate: i miei pensieri, proprio per poterli pensare, “meriterebbero scenari più consoni”. E’ pur vero, però, che se andassi a “passeggiare” (inteso come attività fisica e sportiva) in un contesto dove la bellezza la fa da padrona, i miei pensieri sarebbero certamente sopraffatti dalla stessa bellezza del posto, e per me sarebbe difficile corteggiarli. E’ come dire che la nostra bellezza interiore, il nostro intimo sentire, perda la sua efficacia di fronte a quella bellezza esterna che ci viene regalata dalla natura o dall’arte. Devo dire, tuttavia, che quando desidero pensare in maniera diversa, vado a passeggiare ( e questa volta nell’accezione più nobile del termine) in quell’altra Roma, quella eterna, la più bella. Tra l’altro, ti dirò di più: non amo molto quei parchi incantevoli e sovraffollati, dove tutto sembra costruito con la riga e il compasso, dove tutti corrono, prendono il sole e fanno picnic sull’erba. Pertanto, non avendo a disposizione un bosco o un sentiero di campagna, né potendo usufruire di quelle meravigliose stradine di montagna a te tanto care, devo accontentarmi del Parco Archeologico di Centocelle (almeno fino a quando sto a Roma), il quale – seppure non possa competere con Villa Borghese o con i giardini del Palais-Royal – mi permette di fare quel minimo di attività fisica giornaliera. E ti assicuro che quando “corricchio” su quella lunghissima pista avvolta in un totale, rigenerante silenzio, nell’ascoltare soltanto il rimbombo dei miei passi e il gracchiare dei corvi, i miei pensieri – saggi o folli che siano - dimenticano per un momento il luogo, si liberano e volano in alto felici. :) :)
      Un caro saluto e buona serata.

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    2. Sono completamente d'accordo con ciò che dici. Per dialogare con la propria anima è quasi necessario avere il vuoto intorno. A me capita spesso quando nuoto tranquillamente in piscina, ma anche quando sono immerso nell'ascolto della musica classica che favorisce il mio prendere contatto con pensieri o idee che a mia insaputa mi stavano dentro.

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    3. Fa sempre piacere trovare una persona in linea con i tuoi pensieri e i tuoi sentimenti. E poi, visto il lavoro che fai, è ancora più gratificante

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