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mercoledì 17 gennaio 2018

Confessioni di una maschera



Io credo che sarebbe riduttivo parlare di letteratura giapponese del Novecento se dimenticassimo uno dei suoi interpreti principali: Yukio Mishima, nato a Tokyo nel 1925, acceso nazionalista nonché sostenitore del potenziamento militare del suo paese e della sua vocazione imperialista, morto suicida nel 1970 con un clamoroso harakiri, alla maniera degli antichi samurai.
“Confessioni di una maschera” (pubblicato nel 1949) è il suo primo e indiscusso capolavoro letterario che gli procurò una immediata popolarità internazionale. Devo dire che mi ero già accostato, nel passato, alla narrativa nipponica leggendo Quel che resta del giorno di Kazuo Ishiguro, un libro di rara bellezza che mi aveva positivamente colpito. La lettura di “Confessioni di una maschera” - in virtù della sua prosa raffinata ed elegante - non poteva che rafforzare la mia stima nei confronti di questi due scrittori del Sol Levante.  Yukio Mishima mette al centro del suo romanzo la “maschera”, quale simbolo metaforico della “doppia identità” di un individuo che si esplica tra realtà ed apparenza, tra sfera intimistica e sfera sociale. La storia ripercorre il dramma esistenziale di un giovane di buona famiglia – ci troviamo nella capitale giapponese nel periodo a cavallo della seconda guerra mondiale – il quale, per non soggiacere ai severi pregiudizi di natura sociale e familiare ed essere, altresì, accettato ed amato da chi gli stava intorno, si vede costretto a nascondere la sua omosessualità e, quindi, il suo personale disinteresse nei confronti delle donne.
E’ un tema, quello della “maschera”, praticamente inseparabile dalle vicende umane, tant’è che nella vita di tutti i giorni le persone non sempre si mostrano per quello che sono realmente, ma sentono spesso il bisogno di indossare una maschera: per puro esibizionismo o per esplicita vanità. Ma anche per convenienza o per inadeguatezza esistenziale. C’è da dire, inoltre, che la maschera ha conquistato tantissimi scrittori fin dai tempi più antichi. Per rimanere nella letteratura del Novecento, basti pensare a Luigi Pirandello ed ai suoi memorabili personaggi descritti ne “Il fu Mattia Pascal” e “Uno, nessuno e centomila”, le cui esistenze sono legate indissolubilmente ad una maschera, dietro alla quale celano la propria natura più intima.
E dietro ad una maschera si nasconde anche il giovane protagonista che nasce dalla penna di Yukio Mishima, per sentirsi normale e difendersi da una società e da un sistema educativo che – in quel determinato periodo storico - mirava a produrre soldati, giovani coraggiosi e virili, “esseri di pura carne animale non viziata dall’intelletto”. Lui invece, il ventenne Kochan, è d’indole assai riservata, ha un fisico gracile e non emerge nello sport, è troppo portato all’introspezione, difetta di audacia ed è chiuso sui libri più del dovuto. Ma la cosa peggiore è che non mostra alcun interesse per le ragazze, come i suoi compagni di scuola, ma prova invece una evidente attrattiva per i corpi maschili; è affascinato dai soldati che muoiono in battaglia e dalla natura tragica del loro mestiere; si sofferma estasiato, ebbro di piacere fisico oltre che estetico, al cospetto del San Sebastiano trafitto dalle frecce di Guido Reni; e già da piccolo, nel leggere le fiabe, non provava alcuna simpatia per le principesse ma voleva bene solo ai principi e tanto più ne voleva “ai principi uccisi o destinati alla morte”. E bastava che un giovane perisse di morte violenta perché lo amasse perdutamente. E allora la morte, per il nostro personaggio, diventa il suo pensiero costante, l’unico che può liberarlo da quel fardello gravoso che lo perseguita da sempre: il dover apparire agli occhi degli altri (la società, la famiglia, gli amici) diverso da come si sente realmente. Però anela ad una “morte gloriosa in battaglia” anche se poi “quando suonavano le sirene d’allarme, quello stesso aspirante a morte gloriosa si lanciava a corsa pazza verso i rifugi, seminando tutti quanti dietro di sé”. Ma bisognava pur vivere e per vivere, il nostro eroe è costretto a fingere una “normalità” che non gli appartiene, a simulare una storia d’amore con la sorella di un suo amico, a reprimere sentimenti e impulsi di vera attrazione fisica nei confronti dei maschi. E a furia di camuffarsi da individuo normale con una maschera di circostanza, il protagonista finisce per logorare quel minimo di normalità che forse possedeva in origine, diventando così una persona incapace di credere in qualcosa che non fosse simulata.

8 commenti:

  1. ho letto qualcosa di Mishima tanto tempo fa e ricordo poco se non lo scollamento tra l'asprezza dell'uomo (le idee politiche estreme, la morte violenta e teatrale), e la delicatezza dello scrittore, la cura per le parole, lo sguardo morbido sui personaggi (ancora ricordo il desiderio insoddisfatto per una donna da cui nel buio era diviso solo da una cortina di tessuto, una pagina di finissimo erotismo).
    hai avuto anche la medesima impressione?
    massimolegnani

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    1. Sono d'accordo con te. Mishima era un personaggio contrastante: estremo nelle sue idee politiche e nei suoi comportamenti, ma raffinato e delicato nella scrittura. I suoi libri confermano questo suo modo di essere.

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  2. Ho letto diversi libri di Mishima. Questo di cui hai scritto fu il primo e tuttora il mio preferito. Sul tema della maschera mi ha sempre affascinato una frase di Oscar Wilde: “Gli uomini mentono. Date loro una maschera e vi diranno la verità.”

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    1. Di Mishima ho letto solo il libro di cui sopra: una buona lettura. Ho sentito parlare molto bene anche di un altro suo libro: Neve di primavera. Quella frase di Wilde è davvero illuminante :-)

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  3. Sempre molto interessanti e ben scritti questi tuoi post

    PS: ho trovato stamattina in spam due tuoi commenti uno del sei gennaio ed uno del quindici. Mi spiace, blogspot deve aver fatto le bizze. Li ho tirati su e commentati. Se per caso avessi anche commentato il mio ultimo post ed il commento si fosse perso mi scuso e se vuoi passa nuovamente a commentare.

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    1. Grazie Daniele, sei molto gentile. E' vero, due miei commenti erano spariti e non riuscivo a capire il perché. Adesso è tutto chiaro e ti ringrazio per queste tue precisazioni. La rete a volte fa questi scherzi...

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    2. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  4. Scusa l'ot, ha rifatto il problema ma ci sono stato attento e ho ritirato su il commento sul post di oggi. Grazie per le tue parole

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