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martedì 2 febbraio 2016

Dalle statue coperte alle modelle di Balthus



Sono un ammiratore di Balthasar Klossowski de Rola, in arte Balthus, nato a Parigi da padre polacco e madre russa. E’ uno dei maestri più misteriosi ed insoliti del XX secolo. Un artista molto amato e molto odiato: e solo i grandi sanno suscitare tali contrastanti sentimenti; un pittore di difficile collocazione, che detestava sia l’astrattismo che l’espressionismo ed era legato ad una sorta di realismo magico, dalla tecnica pittorica raffinata e aristocratica. Un pittore tanto antico quanto moderno.
Qualche giorno fa, mentre mi aggiravo  tra le sale delle Scuderie del Quirinale a Roma - dove è stata allestita la mostra sul grande pittore francese - mi chiedevo quali provvedimenti censori avrebbero potuto prendere gli organizzatori della manifestazione, qualora il presidente iraniano Hassan Rouhani fosse stato ricevuto in tale sede, anziché nei Musei Capitolini. E già, perché se si è arrivati ad “inscatolare” le nudità delle copie romane delle statue greche presenti in Campidoglio, per non offendere la sensibilità dell’illustre ospite (almeno così dicono, nonostante Rouhani non abbia mai presentato richieste in tal senso), non oso immaginare la reazione di siffatti organizzatori governativi al cospetto delle più “ardite” immagini dipinte da Balthus.
 
Ma lasciamo perdere questa ennesima figuraccia internazionale (in queste performance siamo maestri insuperabili) e ritorniamo a Balthus, celebrato in mostra nel settecentesco palazzo delle scuderie papali - a quindici anni dalla sua morte - con circa duecento opere, tra dipinti e disegni provenienti dai più importanti musei del mondo, oltre che da rilevanti  collezioni private. Trovandomi davanti ad un tale artista, mi viene da pensare: ma io cosa potrei mai scrivere di tanto interessante che non sia già stato scritto da persone più autorevoli e competenti di me? Nulla, evidentemente! Osservando i suoi quadri, tre sono gli aspetti che mi hanno maggiormente incuriosito e colpito: in primis, la fissa ieraticità di alcune composizioni (l’influenza dei maestri del Rinascimento è molto forte, in particolare quella di Piero della Francesca, che da giovane copiava per esercizio), poi  il colore utilizzato nelle tele, che sembra riprodurre le qualità opache dell’affresco (il pittore adoperava un particolare preparato a base di caseina), ed infine la tanto discussa dimensione erotico-sensuale, riscontrabile in quei nudi di ragazzine adolescenti, raffigurate in pose  a volte inverosimili tali da apparire sconvenienti. Tale rappresentazione si presta inevitabilmente ad una duplice lettura, si manifesta quasi sempre in bilico tra un innocente ed innocuo abbandono da parte del soggetto dipinto, tipico dell’età adolescenziale (da una parte), ed una posa maliziosa e astuta, dall’altra. Sembra quasi che le modelle-bambine che si affacciano dalle tele vogliano provocare la persona che hanno di fronte attraverso il proprio corpo ancora acerbo e facciano di tutto per assumere posizioni poco naturali.
 
Io penso che quando noi guardiamo un dipinto lo giudichiamo, innanzitutto, sulla base delle nostre percezioni sensoriali e poi in riferimento alle nostre conoscenze culturali. Quindi, il piacere o l’avversione o il turbamento che proviamo davanti ad un’opera d’arte nascono, essenzialmente, dal nostro modo di pensare, dalla nostra sensibilità, dai nostri principi morali. Insomma da quello che siamo. Ma sono reazioni che scaturiscono soprattutto da ciò che vogliamo effettivamente vedere in quel soggetto artistico, indipendentemente dal significato intrinseco dell’opera stessa. Ed allora può succedere che in un quadro di Balthus qualcuno possa intravede altro da ciò che l’autore ha voluto rappresentare, possa rimanere turbato nel lato più oscuro dell’animo, dimenticando che la bellezza non ha nulla da spartire con la fantasia pruriginosa e morbosa di chi guarda. E quando ciò accade, ecco allora che subentra la censura, il velo, la condanna, la riprovazione. Ecco allora che vengono coperte le nudità delle statue dei Musei Capitolini, non tanto per salvaguardare la presunta sensibilità religiosa di chi guarda, quanto per assecondare l’ignoranza di chi è preposto alla custodia dell’arte.

Mi piace infine ricordare che nei quadri di Balthus appare molto spesso un gatto, una presenza quasi costante e diabolica della sua pittura: “ho sempre vissuto circondato dai gatti – amava dire l’artista – e come me a volte sono crudeli, ma mai volgari”. Che poi, a pensarci bene, è la caratteristica della sua arte: provocatoria, che può graffiare come gli artigli di un gatto, a volte crudele, ma mai volgare. Tanto per smentire quel giudizio di amoralità che spesso gira intorno a quelle fredde figure di adolescenti ritratte da Balthus in pose ambigue.

8 commenti:

  1. Sai cosa mi colpisce in particolare nei quadri di questo pittore?
    Mettendo da parte il discorso sul colore, altro aspetto di estrema originalità, ho notato che per molte figure più che di pose "strane" (e per qualche puritano recidivo equivoche)si potrebbe parlare di posizioni che rimandano alle movenze delle marionette.
    Ovvio che da questa mia sensazione non solo visiva derivano molte riflessioni ed interpretazioni complesse, che per il momento non esprimo, visto che il mio intento era di lanciare l'amo e ascoltare il parere tuo e di altri.
    Ciao

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    1. Hai colto un aspetto a cui io non avevo pensato: si, quelle figure in atteggiamenti strani potrebbero far pensare a delle marionette, sospese tra morbosa sensualità e distante straniamento. D'altra parte la pittura di Balthus si avvicina al realismo magico e le marionette appartengono certamente a quella particolare visione artistica della realtà. Grazie per il tuo interessante contributo.

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  2. raccolgo.
    marionette, ma dai fili molli, abbandonate al loro destino. o figure comunque disarticolate.
    lasciando da parte i puritani, penso che qualcosa di volutamente morboso nella sua pittura ci sia, non so se per provocazione o per ammicco.
    massimolegnani

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    1. Le giovani modelle erano evidentemente la sua ossessione. E le raffigurava sempre in pose che lasciavano molto spazio all'immaginazione. E noi sappiamo bene che l'immaginazione ha sempre davanti a sé una sterminata prateria su cui inseguire ogni pensiero, saggio o folle che sia.

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  3. Non so perché, ma non m'ispira moltissimo.

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  4. De gustibus...comunque, se ti dovesse capitare l'occasione...fermati un attimo ad osservarlo. Ciao

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  5. Mi riaggancio a quanto scritto da Carlo:
    "marionette, ma dai fili molli, abbandonate al loro destino. o figure comunque disarticolate"
    perché è proprio questo l'aspetto che ho colto anch'io e che ho lasciato sospeso, non detto, per sentire prima l'impressione di altri.
    E' proprio vero, alcune figure sembrano marionette prive di vita propria, marionette assolute vorrei dire, abbandonate tra una rappresentazione e l'altra, anche se non sono tutte così: vedi la figura che scosta la tenda nel secondo quadro da te inserito, ad esempio.
    E che dire di altre figure che, al contrario, sembrano intente a fissare al di là del quadro, pur mantenendo nei tratti qualcosa di estremamente stilizzato, privo di mimica dei sentimenti, da maschera o marionetta?
    E, ancora, non posso non segnalarti le foto di Balthus da giovane: anche qui impressiona la sua staticità mimica, la sua somiglianza fisica con le figure frutto della sua fantasia artistica.
    E si potrebbe continuare ancora...ma ve lo risparmio, ho già allagato di parole questo post...

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  6. Si, questo post lo hai "allargato di parole", e ti ringrazio. Ma lo hai soprattutto arricchito, evidenziando dei particolari molto interessanti della pittura di Balthus che evocano il mondo delle marionette. E sono d'accordo con te quando affermi che la "staticità mimica" del pittore, l'austera fissità del suo volto si avvicina molto ai soggetti che dipinge; in particolare questa fredda affinità estetica si riscontra soprattutto in alcuni suoi ritratti presenti alla mostra.

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