sabato 30 gennaio 2016

La felicità



Non c’è artista o poeta che non si sia pronunciato, almeno una volta, su quello stato di grazia che è la felicità. Scriveva Totò:
Felicità !
Vurria sapè ched'è chesta parola,
vurria sapè che vvò significà .
Sarrà gnuranza 'a mia, mancanza 'e scola,
ma chi ll'ha 'ntiso maje annummenà .


Non credo che occorra la traduzione per capire quella sua condizione espressa in versi. E’ il componimento che forse meglio definisce la struggente malinconia di un personaggio che, con grande maestria, sapeva nascondere dietro la sua maschera la sua profonda solitudine.
Era meno pessimista il poeta romanesco Trilussa, per il quale la felicità si poteva trovare solo nelle piccole cose:

C’è un’ape che se posa
su un bottone de rosa:
lo succhia e se ne va…
Tutto sommato, la felicità
è una piccola cosa.

Per Vincenzo Cardarelli, invece, è una cosa precaria, ci abbandona immediatamente, non ci dà il tempo di assaporarla:

Felicità…ti ho riconosciuta dal passo
con cui ti allontanavi.
Anche Eugenio Montale aveva un rapporto instabile con tale stato d’animo: per lui la felicità è fragile, si può spezzare quando meno te lo aspetti, è un barlume che vacilla:

Felicità raggiunta, si cammina
per te sul fil di lama.
Agli occhi sei barlume che vacilla,
al piede, teso ghiaccio che s'incrina;
e dunque non ti tocchi chi più t'ama.
Se giungi sulle anime invase
di tristezza e le schiari, il tuo mattino
e' dolce e turbatore come i nidi delle cimase.
Ma nulla paga il pianto del bambino
a cui fugge il pallone tra le case

 
E per  Salvatore Quasimodo è un raggio di sole che subito tramonta:

Ognuno sta solo sul cuor della terra
trafitto da un raggio di sole:
ed è subito sera

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