Sono un ammiratore di
Balthasar Klossowski de Rola, in arte Balthus, nato a Parigi da padre polacco e
madre russa. E’ uno dei maestri più misteriosi ed insoliti del XX secolo. Un
artista molto amato e molto odiato: e solo i grandi sanno suscitare tali
contrastanti sentimenti; un pittore di difficile collocazione, che detestava sia
l’astrattismo che l’espressionismo ed era legato ad una sorta di realismo
magico, dalla tecnica pittorica raffinata e aristocratica. Un pittore tanto antico
quanto moderno.
Qualche giorno fa, mentre mi
aggiravo tra le sale delle Scuderie del
Quirinale a Roma - dove è stata allestita la mostra sul grande pittore francese
- mi chiedevo quali provvedimenti censori avrebbero potuto prendere gli
organizzatori della manifestazione, qualora il presidente iraniano Hassan
Rouhani fosse stato ricevuto in tale sede, anziché nei Musei Capitolini. E già,
perché se si è arrivati ad “inscatolare” le nudità delle copie romane delle
statue greche presenti in Campidoglio, per non offendere la sensibilità dell’illustre
ospite (almeno così dicono, nonostante Rouhani non abbia mai presentato
richieste in tal senso), non oso immaginare la reazione di siffatti
organizzatori governativi al cospetto delle più “ardite” immagini dipinte da
Balthus.
Ma lasciamo perdere questa ennesima
figuraccia internazionale (in queste performance siamo maestri insuperabili) e ritorniamo a Balthus,
celebrato in mostra nel settecentesco palazzo delle scuderie papali - a quindici
anni dalla sua morte - con circa duecento opere, tra dipinti e disegni
provenienti dai più importanti musei del mondo, oltre che da rilevanti collezioni private. Trovandomi davanti ad un
tale artista, mi viene da pensare: ma io cosa potrei mai scrivere di tanto
interessante che non sia già stato scritto da persone più autorevoli e
competenti di me? Nulla, evidentemente! Osservando i suoi quadri, tre sono gli aspetti che mi hanno maggiormente incuriosito e colpito: in
primis, la fissa ieraticità di alcune composizioni (l’influenza dei maestri del
Rinascimento è molto forte, in particolare quella di Piero della Francesca, che
da giovane copiava per esercizio), poi il colore utilizzato nelle tele, che sembra
riprodurre le qualità opache dell’affresco (il pittore adoperava un particolare
preparato a base di caseina), ed infine la tanto discussa dimensione
erotico-sensuale, riscontrabile in quei nudi di ragazzine adolescenti,
raffigurate in pose a volte inverosimili
tali da apparire sconvenienti. Tale rappresentazione si presta inevitabilmente
ad una duplice lettura, si manifesta quasi sempre in bilico tra un innocente ed
innocuo abbandono da parte del soggetto dipinto, tipico dell’età adolescenziale
(da una parte), ed una posa maliziosa e astuta, dall’altra. Sembra quasi che le
modelle-bambine che si affacciano dalle tele vogliano provocare la persona che
hanno di fronte attraverso il proprio corpo ancora acerbo e facciano di tutto
per assumere posizioni poco naturali.
Io penso che quando noi guardiamo un dipinto lo giudichiamo, innanzitutto,
sulla base delle nostre percezioni sensoriali e poi in riferimento alle nostre
conoscenze culturali. Quindi, il piacere o l’avversione o il turbamento che proviamo
davanti ad un’opera d’arte nascono, essenzialmente, dal nostro modo di pensare,
dalla nostra sensibilità, dai nostri principi morali. Insomma da quello che
siamo. Ma sono reazioni che scaturiscono soprattutto da ciò che vogliamo
effettivamente vedere in quel soggetto artistico, indipendentemente dal
significato intrinseco dell’opera stessa. Ed allora può succedere che in un quadro
di Balthus qualcuno possa intravede altro da ciò che l’autore ha voluto
rappresentare, possa rimanere turbato nel lato più oscuro dell’animo, dimenticando
che la bellezza non ha nulla da spartire con la fantasia pruriginosa e morbosa
di chi guarda. E quando ciò accade, ecco allora che subentra la censura, il
velo, la condanna, la riprovazione. Ecco allora che vengono coperte le nudità
delle statue dei Musei Capitolini, non tanto per salvaguardare la presunta
sensibilità religiosa di chi guarda, quanto per assecondare l’ignoranza di chi
è preposto alla custodia dell’arte.
Mi piace infine
ricordare che nei quadri di Balthus appare molto spesso un gatto, una presenza quasi
costante e diabolica della sua pittura: “ho sempre vissuto circondato dai gatti
– amava dire l’artista – e come me a volte sono crudeli, ma mai volgari”. Che
poi, a pensarci bene, è la caratteristica della sua arte: provocatoria, che può
graffiare come gli artigli di un gatto, a volte crudele, ma mai volgare. Tanto
per smentire quel giudizio di amoralità che spesso gira intorno a quelle fredde
figure di adolescenti ritratte da Balthus in pose ambigue.
Sai cosa mi colpisce in particolare nei quadri di questo pittore?
RispondiEliminaMettendo da parte il discorso sul colore, altro aspetto di estrema originalità, ho notato che per molte figure più che di pose "strane" (e per qualche puritano recidivo equivoche)si potrebbe parlare di posizioni che rimandano alle movenze delle marionette.
Ovvio che da questa mia sensazione non solo visiva derivano molte riflessioni ed interpretazioni complesse, che per il momento non esprimo, visto che il mio intento era di lanciare l'amo e ascoltare il parere tuo e di altri.
Ciao
Hai colto un aspetto a cui io non avevo pensato: si, quelle figure in atteggiamenti strani potrebbero far pensare a delle marionette, sospese tra morbosa sensualità e distante straniamento. D'altra parte la pittura di Balthus si avvicina al realismo magico e le marionette appartengono certamente a quella particolare visione artistica della realtà. Grazie per il tuo interessante contributo.
Eliminaraccolgo.
RispondiEliminamarionette, ma dai fili molli, abbandonate al loro destino. o figure comunque disarticolate.
lasciando da parte i puritani, penso che qualcosa di volutamente morboso nella sua pittura ci sia, non so se per provocazione o per ammicco.
massimolegnani
Le giovani modelle erano evidentemente la sua ossessione. E le raffigurava sempre in pose che lasciavano molto spazio all'immaginazione. E noi sappiamo bene che l'immaginazione ha sempre davanti a sé una sterminata prateria su cui inseguire ogni pensiero, saggio o folle che sia.
EliminaNon so perché, ma non m'ispira moltissimo.
RispondiEliminaDe gustibus...comunque, se ti dovesse capitare l'occasione...fermati un attimo ad osservarlo. Ciao
RispondiEliminaMi riaggancio a quanto scritto da Carlo:
RispondiElimina"marionette, ma dai fili molli, abbandonate al loro destino. o figure comunque disarticolate"
perché è proprio questo l'aspetto che ho colto anch'io e che ho lasciato sospeso, non detto, per sentire prima l'impressione di altri.
E' proprio vero, alcune figure sembrano marionette prive di vita propria, marionette assolute vorrei dire, abbandonate tra una rappresentazione e l'altra, anche se non sono tutte così: vedi la figura che scosta la tenda nel secondo quadro da te inserito, ad esempio.
E che dire di altre figure che, al contrario, sembrano intente a fissare al di là del quadro, pur mantenendo nei tratti qualcosa di estremamente stilizzato, privo di mimica dei sentimenti, da maschera o marionetta?
E, ancora, non posso non segnalarti le foto di Balthus da giovane: anche qui impressiona la sua staticità mimica, la sua somiglianza fisica con le figure frutto della sua fantasia artistica.
E si potrebbe continuare ancora...ma ve lo risparmio, ho già allagato di parole questo post...
Si, questo post lo hai "allargato di parole", e ti ringrazio. Ma lo hai soprattutto arricchito, evidenziando dei particolari molto interessanti della pittura di Balthus che evocano il mondo delle marionette. E sono d'accordo con te quando affermi che la "staticità mimica" del pittore, l'austera fissità del suo volto si avvicina molto ai soggetti che dipinge; in particolare questa fredda affinità estetica si riscontra soprattutto in alcuni suoi ritratti presenti alla mostra.
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