sabato 21 giugno 2014

La cultura nel Cilento


Posto di seguito un mio articolo pubblicato su la rivista on line di notizie approfondimenti e informazioni dal Cilento  http://www.lamandragola.org/

Per parlare di cultura nel Cilento bisogna ripartire innanzitutto dalla sua storia millenaria e dalla ineludibile necessità di tutela del territorio e dell’ambiente, percepiti come capitale da salvaguardare, risorsa essenziale per la vita e la crescita culturale dell’intera comunità. Per rimettere la cultura al centro della vita di un paese che si reputi civile e moderno, e per risanare la difesa di un patrimonio artistico che di fatto rappresenta la spina dorsale della cultura e dell’identità di un intero territorio, è necessario ripartire, quindi, da tutti coloro che vi si riconoscono e si adoperano per il bene comune. Bisogna fare riferimento ai tanti giovani che escono dalle università, appassionati e preparati, per dare loro la possibilità di un efficace inserimento professionale all’interno di una realtà che può offrire molto dal punto di vista culturale. E’ necessario attingere da quel grande ed inesauribile scrigno storico-culturale fatto di chiese e conventi, di castelli e di palazzi nobiliari che costellano i paesi del Cilento, ereditati dalle passate generazioni. Perché elevare culturalmente un paese significa, essenzialmente, far maturare in ogni suo abitante consapevolezza e sensibilità, affinché possa comprendere e apprezzare la bellezza del patrimonio che gli appartiene. Un patrimonio che appartiene innanzitutto all’umanità, come ha decretato l’Unesco. Tale è il Cilento.
D’altronde, chi ha la possibilità e la curiosità di girare per i piccoli e grandi borghi del territorio cilentano, non può che imbattersi in bellissime testimonianze di un antico passato: palazzi baronali e nobili dimore che narrano di eventi tra la verità storica e la leggenda, chiese sconsacrate e conventi abbandonati, castelli e abbazie che raccontano di lotte tra potenti, galantuomini e briganti. Eppure, questa realtà così ricca e varia, è poco conosciuta, poco apprezzata e quindi poco valorizzata. Gli ospiti stranieri, quando vengono dalle nostre parti a visitare i luoghi più noti, quali Paestum, la Certosa di Padula o il Parco Archeologico di Velia, ci rimproverano insensibilità, impreparazione e incuria. E’ anche vero che molti tra noi non hanno neppure la minima idea delle ricchezze del territorio in cui abitano; la maggior parte di questi tesori – seppure appartenenti ad un’architettura minore – sono quasi ignoti ai più e giacciono abbandonati e incustoditi, in balia del degrado crescente. Conosco persone che abitano a pochi passi dal Castello di Rocca Cilento, eppure all’interno di quell’antico maniero non vi hanno mai messo piede: sono al corrente, però, dei castelli della Loira, in Francia. Ne conosco altre che sebbene percorrano tutti i giorni la statale che fiancheggia i templi di Paestum, non hanno mai visitato quello che è considerato uno dei siti archeologici più belli del mondo: però, se si recano in un qualsiasi paese all’estero, non si lasciano sfuggire il primo rudere che incontrano. Anche nell’arte vige quel paradosso secondo cui l’erba del vicino è sempre più verde.

E allora urge una sorta di esame di coscienza collettivo che metta a nudo le responsabilità e le incoerenze di tutti: in primis degli amministratori e dei politici locali, spesso latitanti per atavica pigrizia mentale, alle prese con i problemi di sempre: l’abbandono colpevole del patrimonio artistico e paesaggistico; poi le responsabilità degli operatori turistici e culturali, che non sempre riescono a programmare uno sviluppo armonioso ed equilibrato dell’ospitalità e degli eventi culturali su tutto il territorio; e quindi le responsabilità dei cittadini cilentani – come d’altronde degli italiani tutti – i quali dovranno abituarsi all’idea di essere, prima ancora che proprietari dei tesori presenti sul loro territorio, custodi responsabili della propria identità storica.
Per far sì che i cittadini possano conquistare la maturità e la sensibilità necessarie per apprezzare sul serio le ricchezze della propria terra,  è fondamentale la cultura: quella cultura che per Fernando Pessoa, il grande scrittore portoghese, “non è leggere molto, né sapere molto: è conoscere molto”. E nel momento in cui si percepisce un impoverimento culturale in tutto il Paese, sostenere l’importanza della cultura nel territorio cilentano -come bene comune e come condizione irrinunciabile  di crescita morale e civile dei suoi abitanti – costituisce un impegno fondamentale che riguarda tutti, proprio al fine di rilanciare lo sviluppo di una terra troppe volte umiliata e offesa. Va sottolineata l’importanza di investire nella crescita culturale del territorio attraverso la promozione di eventi che facciano da volano per il progresso civile e per l’economia del Cilento, arrestando così anche l’isolamento che negli ultimi anni ha raggiunto picchi notevoli soprattutto nei comuni dell’interno. Lo sviluppo culturale non deve essere considerato una zavorra o un peso superfluo per la collettività. Bisogna abbandonare l’idea – sostenuta da certi politici cialtroni – secondo cui con la cultura non si mangia e rafforzare, invece, quel modello di giusto equilibrio tra la soddisfazione di bisogni culturali e bisogni economici. E’ ciò che si propongono gli ideatori ed i curatori di due importanti mostre-evento che si svolgono quasi in contemporanea nel Cilento.
 
La prima, inaugurata lo scorso 17 marzo, si svolge a Sapri e s’intitola “Estasi e Passione”. L’occasione, forse unica fino a questo momento per il Cilento, è quella di poter ammirare la grande influenza esercitata da Caravaggio durante i suoi soggiorni nell’Italia meridionale ed in particolare nella Napoli del primo Seicento, attraverso le opere di artisti che cambiarono per sempre il volto dell’arte nel meridione d’Italia, quali Giovanni Battista Caracciolo, Carlo Sellitto, Andrea e Nicola Vaccaro, Filippo Vitale, Luca Giordano ed altri. Va sottolineato che la manifestazione sta riscuotendo un notevole successo di pubblico, con una presenza di circa 16.000 visitatori in questi primi due mesi di apertura, determinando un notevole incremento delle attività turistiche e alberghiere presenti sul territorio. Io credo che oggi il Cilento sia in grado di offrire un turismo di qualità, perché dispone di beni di primaria importanza: dalla ricchezza e dalla varietà del paesaggio naturale alle zone archeologiche, dai musei che custodiscono opere pregevoli a un’architettura minore tutta da riscoprire e valorizzare, senza contare le innumerevoli proposte enogastronomiche volte a scoprire antichi sapori, universalmente riconosciute.

La seconda mostra-evento (in prima edizione) “Il Cilento dalla preistoria al Risorgimento” si tiene presso il quartiere fieristico di Vallo della Lucania (dal 24 maggio e fino al prossimo 31 luglio), in occasione del XV anniversario del riconoscimento Unesco del Parco Nazionale del Cilento Vallo di Diano e Alburni. Tale manifestazione – organizzata, tra l’altro, dalla BCC del Cilento e dal Comune di Vallo della Lucania, su iniziativa del Presidente del suddetto istituto bancario prof. Franco Castiello – è dedicata alla civiltà cilentana in tutte le sue innumerevoli sfaccettature e ideata come momento di identificazione nella storia, nella cultura e nell’arte del territorio; l’evento, avvalendosi anche di attività didattiche per le scuole, convegni, presentazioni di libri e visite guidate presso le numerose realtà micro museali presenti nell’area, ha lo scopo di far conoscere, soprattutto alle giovani generazioni, le bellezze di un Cilento poco conosciuto e spesso dimenticato. La mostra-evento – “di respiro nazionale” come ha sostenuto il prof. Castiello – intende fare un percorso storico sull’evoluzione della nostra civiltà, partendo dai reperti neanderthaliani per approdare al brigantaggio e quindi al Risorgimento, con i passaggi obbligati per la civiltà eleatica (V° sec. A.c.) e per quella lucana testimoniata dagli straordinari reperti di Rocca Gloriosa e Caselle in Pittari
Per concludere, vorrei dire che oggi viviamo in un mondo standardizzato, dove tutti i luoghi – soprattutto quelli di mare – apparentemente si somigliano; se si escludono certe caratteristiche climatiche e naturali (stiamo facendo di tutto per sconvolgere anche quelle), gli stessi luoghi sono diventati  sostanzialmente indistinguibili. Ma la ricchezza di un posto risiede essenzialmente nella sua diversità, che deve essere conservata o recuperata. La differenza che determina la ricchezza di un paese o di un territorio è data dai suoi monumenti ben custoditi, dall’ambiente naturale non deturpato da colate di cemento, dall’armonia dei suoi centri storici, dall’offerta culturale che riesce ad esprimere. Tutto ciò contribuisce a favorire non solo lo sviluppo economico e sociale del territorio, ma anche a migliorare i suoi abitanti. Non è infatti importante, da un punto di vista culturale, che un cittadino visiti un museo o stia fisicamente due ore tra i templi di Paestum o veda una mostra, dopo aver pagato il biglietto:  è importante che quelle occasioni culturali, che quel museo o quella mostra riescano a renderlo migliore e a cambiarlo. Dobbiamo essere consapevoli che la cultura deve formare cittadini, non turisti. E i cittadini si formano anche attraverso la lettura di un buon libro. Occorre allora invogliare alla lettura quelli che si dimostrano un po’ pigri, anche attraverso la presentazione di libri, magari di autori esordienti. Mi sembra che nel Cilento tali occasioni non manchino. Compito fondamentale di un Paese è quello di avere cittadini informati, dotati di saldi principi morali e di riferimenti culturali significativi. E se il Cilento saprà nel prossimo futuro realizzare tali obiettivi, avrà salvato se stesso e la sua millenaria storia.

Nessun commento:

Posta un commento