La
storia, sotto forma di monologo interiore, è ambientata tra Vienna e
Salisburgo, sul finire dell’Ottocento. Tutta la vicenda del libro (scritto da
Arthur Schnitzler nel 1928, qualche anno prima della sua morte avvenuta nel 1931), ruota intorno ad una
giovane figura femminile, Therese, appartenente ad una aristocratica famiglia
viennese decaduta: il padre, Hubert Fabiani (di origini italiane) è un
colonnello dell’esercito in pensione ( appare nelle prime pagine del romanzo,
poi esce di scena quando viene chiuso in una casa di cura per disturbi
mentali), la madre, invece, è una nobildonna croata, con velleità letterarie, sempre
immersa nella lettura di romanzi, poco preoccupata dell’andamento della casa, che
non si interessa affatto della figlia e le diventa sempre più estranea; il
fratello, inoltre, poco più grande di lei, completamente assorbito dalla sua
attività politica e professionale, non vive un buon rapporto con la sorella.
La
protagonista ben presto si allontana dal suo opprimente ambiente familiare, in
cerca di una sua vita indipendente; inizia così a condurre una sorta di doppia
esistenza alquanto raminga, da un luogo all’altro: l’una come istitutrice o
dama di compagnia presso varie famiglie borghesi, l’altra come madre di un
bambino, nato da una relazione illegittima, il cui genitore si dilegua subito
dopo la nascita, abdicando così alle proprie responsabilità. La
nascita di questo bambino, inizialmente affidato alla custodia di una famiglia
di contadini, viene vissuta dalla protagonista con un senso di grave e
insanabile colpa, aggravata dal tentato infanticidio, il cui proposito sarà
alla base della sua infelicità, del suo tormento interiore, della inutilità
della sua esistenza.
Therese,
fin dalle prime pagine del romanzo, appare insensibile, sembra non avvertire
alcun sentimento materno, non riesce a provare nessuna tenerezza per suo
figlio; si sente smarrita, non comprende il suo destino, non gliene importa
nulla di essere madre, avverte la consapevolezza che “non era venuta al mondo per essere felice”.
Vive
la sua esistenza in solitudine, come una creatura che non appartiene a se
stessa, né agli altri, passa da una avventura sentimentale ad un’altra, senza
una sua casa, si adatta rapidamente alle nuove situazioni che si presentano
ogni qualvolta si ritrova a dover cambiare luogo di lavoro e famiglia,
bilanciando con grande capacità gli elementi di riserbo e di familiarità che
costituiscono entrambi l’essenza della
sua professione; è comunque consapevole di essere madre e di dover proteggere e
allevare anziché il proprio figlio i bambini di gente estranea, “che non sapeva dove il giorno appresso
avrebbe potuto posare il capo, che una volta, trattata da confidente casuale o
coinvolta di proposito, veniva messa al corrente delle vicende, degli affari e
dei segreti di gente estranea e poi la volta seguente veniva messa sul lastrico
come una perfetta estranea”
Da
quando aveva avuto quella sua prima dolorosa esperienza, Therese non crede più
alla possibilità di essere amata e di essere felice, e i vari tentativi di
approccio, goffi e disgustosi, che subisce da parte di padroni e di semplici
conoscenti, non l’aiutano di certo a migliorare la sua posizione. Le sembra che
tutti siano maldisposti, addirittura ostili nei suoi confronti. Suo figlio, che
vede raramente, diventa sempre più un disadattato, un delinquente che finirà
anche in galera, interessato solo ai pochi soldi della madre.
Nonostante
la trama del romanzo sia alquanto scarna e debole, direi ripetitiva nelle scene
narrate – assistiamo infatti a lunghe descrizioni dei vari contesti familiari
in cui la protagonista si ritrova a svolgere la propria attività lavorativa - il
romanzo riesce tuttavia a focalizzare l’attenzione del lettore sui meccanismi
mentali dei personaggi, con la sua prosa colta e ricercata, com’è nello stile
di Schnitzler.
Il
finale del libro è profondamente drammatico e triste nello stesso tempo. Una
tristezza che ti avvolge e ti sconvolge, quasi a farti male. L’autore,
inoltre, attraverso il racconto di questa dolorosa e sofferta vicenda
individuale, intende anche porre lo sguardo su un’intera società, quella
austriaca di fine Ottocento, sugli aspetti, anche quelli più sgradevoli, delle
abitudini della borghesia di quel particolare momento storico.
(letto nel gennaio 2013)
Un autore di tutto rispetto la cui prosa scorre senza impacci
RispondiEliminaDici bene, Silvia, è un grande scrittore. Grazie per la visita
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