Quando
penso al passato – al mio passato vissuto in un piccolo paese del sud – il
sentimento che prevale in me è una profonda dolcezza per quel mondo scomparso e
per quelle persone care che non ci sono più. Naturalmente, con questo, non
voglio rimpiangere quel tempo che a volte era anche molto duro e oggi sarebbe insostenibile.
Era un universo,
quello in cui ho vissuto la mia infanzia e poi la mia adolescenza, che aveva
una sua dimensione comunitaria, umana, che privilegiava i legami forti e esercitava
la solidarietà, un universo fatto di cose semplici ed essenziali, di contadini
e … di nonni. Ma era anche un universo fatto di fatiche e di sacrifici, di
arretratezze economiche e sociali e di brutture dalle quali si avvertiva forte il desiderio di evadere. Un microcosmo che, in qualche maniera, ti proteggeva in
un caldo abbraccio e non ti faceva sentire mai solo, rispetto al mondo
globalizzato di oggi che ha sostituito le interazioni reali con quelle mediate
dagli strumenti tecnologici.
Non era un mondo
racchiuso in uno smartphone, quel mondo. Esisteva una comunità con i suoi riti;
esisteva il paese con i suoi silenzi e i suoi rumori, come quel ritmo scandito
dal martello di un fabbro sull’incudine: “il suono più esaltante che si possa
sentire” ebbe a dire una grande scrittrice del passato. C’erano i vecchi e i
bambini: tanti vecchi e tanti bambini; c’erano i cugini, i nonni che vivevano –
senza badante - nella stessa casa e poi i vicini che entravano e uscivano dalle
porte di casa sempre aperte; c’era quell’aria salubre che io riconoscevo
dall’odore di erba fresca appena tagliata. E devo dire che c’era sempre un velo
di malinconia nei brevi momenti di felicità. Una felicità allo stato puro. Ma
non era il paradiso sulla terra, quel passato. No! Era un mondo povero, difficile
di cui non ho nostalgia. Eppure, quando penso al tempo che scorre, io penso a
quel tempo che sembrava eterno e immutabile.
Perché ne
scrivo? Perché mi piace ritornare con la mente a quegli anni lontani? Semplicemente
perché il ricordo mi fa stare bene. Mi infonde serenità. Mi restituisce le
radici, l’infanzia, la spensieratezza di un’età. Mi riporta nel luogo dove
tutto è cominciato. Mi fa ritrovare il volto delle persone care che non ci sono
più. Mi aiuta a non perdere la sensibilità e a recuperare il senso antico di
una stagione della vita che non può più ritornare. Conservare la memoria è come
costruire un ponte ideale tra passato e presente, necessario per poter affrontare
il futuro.
