lunedì 22 settembre 2025

Com'è bello perdere tempo!

 


Nel film “Maccheroni” diretto da Ettore Scola e girato a Napoli negli anni ‘80, il protagonista, Marcello Mastroianni, passeggia per le vie della città partenopea in piacevole compagnia con Jack Lemmon. A un certo punto Mastroianni, con accento napoletano dice al suo amico: “comm’è bello perdere ‘o tiempo!”. Ora mi viene da pensare che in un mondo dominato dall’efficienza, dalla velocità e dalla fretta, da assillanti messaggi mediatici che ci invitano a produrre e a consumare e a fare e a non fermarsi mai e a non sprecare il tempo perché “il tempo è denaro”, non esiste frase più rivoluzionaria, liberatoria e sovversiva di questa: com’è bello perdere tempo.

Io sono un estimatore del “perdere tempo”, che è una cosa ben diversa da “sprecare il tempo”. Mi piace tenermi occupato senza fare nulla. Basta una finestra, magari affacciata su un bel panorama, ma anche il finestrino di un treno in corsa o una panchina in una piazzetta di un antico borgo dove il silenzio è rotto solo dall’acqua che zampilla da una fontanella: e il piacere è assicurato. Passeggiare, meditare, pensare, contemplare la natura, coltivare l’arte della conversazione e del dolce far niente, stare seduti accanto al focolare d’inverno, ascoltare Mozart con gli occhi chiusi, sono tra le attività più piacevoli e nobili che un essere umano possa desiderare. Hanno un potere curativo. E creativo. Ritagliarsi un angolo di tempo tutto per sé, un momento di riflessione e di tranquillità lontano dalle folle e dagli impegni: è, questo, il tempo dell’ozio che non è il tempo nevrotico del mondo che ruota intorno ma quello del proprio mondo interiore. Nel passeggiare, nel bighellonare si può trovare l’anima dell’ozioso. Chi passeggia – da solo o in compagnia ( ma senza cellulare) - lo fa per piacere, contempla senza disturbare ed essere disturbato, non ha fretta, non ha impegni, è felice di stare in compagnia dei propri pensieri. Indugiando, osservando, pensando. E’ libero. Il mondo, per lui, smette di esistere. Un grande passeggiatore solitario era Beethoven il quale elaborava mentalmente le sue meravigliose sinfonie durante i suoi vagabondaggi.

Oziare significa essere affrancati da convenzioni, opportunità, desideri, competizioni, regole; significa allontanarsi dagli affanni quotidiani e ritrovare quel senso fanciullesco di meraviglia e di piacere di fronte alle piccole gioie della vita; significa sottrarsi a quella ricorrente sensazione di sentirsi vittima della società dei consumi; significa non dare ascolto ai cultori della velocità e agli “ottimizzatori del tempo” ossessionati dal loro iperattivismo produttivo senza limiti. L’ozio e la lentezza sono condizioni esistenziali necessarie e irrinunciabili, che andrebbero elevate ad arte, in opposizione alla fretta, all’efficientismo a tutti i costi ed alla crescita produttiva illimitata, proprio per ristabilire quei ritmi naturali perduti e ritrovare le giuste pause quotidiane.

Bertrand Russel, in un suo famoso saggio che si intitola “Elogio dell’ozio”, sosteneva che l’umanità non si sarebbe mai sollevata dalla barbarie senza una classe sociale oziosa. Queste persone oziose, a fronte di una vasta classe di lavoratori, godevano di immensi vantaggi economici e sociali, ma di scarse simpatie perché non lavoravano come gli altri. Tuttavia – sosteneva Russell – contribuirono in modo quasi esclusivo a creare quella che noi chiamiamo civiltà. Furono loro, gli oziosi, che coltivarono le arti, scrissero libri, raffinarono i rapporti sociali. E’ come dire che dall’ozio scaturisce tutta la bellezza dell’esistenza.


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