Non so voi, ma il
sottoscritto si nutre di pochissima televisione, per lo più di
genere documentario. E’ noto, però, che siamo alquanto masochisti e farsi del
male è una caratteristica che appartiene unicamente al genere umano:
e allora basta accendere la televisione e sintonizzarsi su uno dei tanti talk
show, in onda dalla mattina alla sera. Sono quegli spettacoli tutti uguali nei
contenuti: cambia solo il nome, il conduttore e il pubblico (dove è presente)
che applaude a comando. Che si discuta di arte o di cucina, di ambiente o di
economia, di lavoro o di pace o di guerra, ebbene, appare sempre lui: l’opinionista
di turno, che può essere un giornalista o un politico. Uno potrebbe dire, a
proposito dei parlamentari: sono circa seicento, quelli che siedono alla Camera
e al Senato, e quindi è giusto che i cittadini che l’hanno eletti (o meglio li
eleggevano…visto che ora non succede più), abbiano la possibilità di sentirli…di
vederli…di conoscerli. Macché! La pattuglia che sta in televisione è composta
da un numero esiguo di presenzialisti: sempre gli stessi di questo e di quel
partito, i soli esperti della comunicazione politica e del sapere universale. E
i giornalisti, allora? Sempre i soliti noti, pure quelli, che zompano da un
programma all’altro.
E allora può accadere che il leader politico chiamato Tizio e il
giornalista chiamato Caio - che all’alba erano ospiti di “Uno Mattina” a
discutere di economia – si trovino entrambi, verso mezzogiorno, a “l’aria che
tira” a discettare di guerra, per rincontrarsi, la sera, a “otto e mezzo”, pronti
a inscenare una litigata su un tema molto spinoso come “il campo largo”. Il
ministro Sempronio, intanto, aveva fatto una breve comparsata a “Omnibus” per
dire la sua sullo strapotere di Trump e poi un salto a “Coffee break” (a pontificare
su “la guerra in Medio Oriente”), dove era presente anche il suo avversario
politico Vattelapesca, il quale - intervistato, la mattina presto, dal TG1 -
aveva poi rilasciato un breve comunicato nel recarsi ad una riunione di partito,
per essere poi ospite di Fabio Fazio a “Che tempo che fa”, dove avrebbe
presentato il suo ultimo libro, già best seller.
Ma non è finita qui, perché se
vi capita di incrociare qualche telegiornale – di qualsiasi televisione
pubblica o privata – ebbene, le facce di bronzo che avevate visto disquisire a
Porta a Porta…a Otto e mezzo…a Piazza Pulita e chi più ne ha più ne metta, ve
le ritrovate di nuovo nei vari notiziari. E la cosa buffa è che le immagini dei
soliti politici… che salgono o scendono da una macchina o stringono mani o parlano
al cellulare – spesso attorniati da guardie del corpo in assetto di guerra e da
un nugolo di giornalisti che impugnano microfoni alla ricerca di scoop –
vengono trasmesse, in maniera ossessiva anche quattro/cinque volte durante lo
stesso notiziario, a supporto visivo di servizi diversi (si fa per dire).
Insomma vanno bene per tutte le salse.
E’ il solito teatrino dell’informazione che va in onda tutti i giorni negli
studi televisivi, dove la menzogna ha la stessa dignità della verità documentata
con prove inoppugnabili; dove si consuma la quotidiana, ipocrita celebrazione della
politica, “per il bene del Paese” o “per le ragioni di stato” o “per la
sicurezza della nazione”; dove il conduttore fa una domanda al politico di
turno, senza poi replicare alla risposta, qualunque essa sia; dove un pubblico,
pagato e plaudente, assiste in maniera passiva ad una falsa contrapposizione di
idee e di intenzioni; dove i nostri cosiddetti “rappresentanti” – lo ripeto
ancora – sempre gli stessi, possono esprimere qualsiasi sciocchezza, possono
promettere mari e monti e mentire spudoratamente, perché tanto noi cittadini
italiani siamo completamente sedati, incapaci di comprendere e di reagire. Mi
chiedo: ma tali rappresentazioni televisive hanno il pregio di apportare
qualche contributo, non dico alla soluzione dei problemi trattati, ma almeno
alla conoscenza degli stessi? C’è forse qualcuno che a fine trasmissione -
avendo ascoltato le opposte fazioni politiche insultarsi - ricordi qualcosa di
ciò che è stato detto, dopo che gli uni hanno affermato una cosa e gli altri il
suo contrario? Ma quando finirà questa farsa autoreferenziale? E chi fa
informazione, potrà mai abusare all’infinito della pazienza degli spettatori
che si ostinano ancora a guardarli?