Caro Direttore,
un tempo, nemmeno tanto lontano,
ero un tuo affezionato lettore e compravo, tutti i giorni, il giornale da te
diretto. Un rito irrinunciabile, come quello del caffè mattutino, per cominciare
bene la giornata. Aveva poche pagine – quel giornale - perché è meglio tacere
quando non c’è niente di nuovo da scrivere; e poche immagini in bianco e nero,
immagini essenziali che sapevano davvero raccontare ciò che le parole non
dicevano. Allora, i politici parlavano poco e scrivevano ancora di meno perché
non esistevano quelle iatture che si chiamano “i social”, e i giornali
non correvano il rischio di cadere nell’attuale riprovevole inganno: fare da
cassa di risonanza alle loro parole. La pubblicità, poi, era quasi inesistente
e appena lo aprivi – quel giornale - ti appariva la famosa “terza pagina”,
sinonimo di cultura, di giornalismo di qualità. Sapesse - caro Direttore - quante
ne conservavo di quelle pagine! Autentiche perle letterarie da rileggere nei
momenti di particolare noia esistenziale. Oggi la “terza pagina”, inventata dai
padri nobili del giornalismo, è occupata dalle quotidiane fandonie pronunciate
da questo o da quell’altro politico di questo o di quell’altro partito, con
tutti i noiosissimi e inconcludenti commenti al riguardo. E la pagina culturale
che fine ha fatto? Relegata, quando c’è, in fondo al giornale. Come a voler dire
che con la cultura non si mangia, come ebbe a sottolineare tempo fa un
ministro, i cui sproloqui oggi trovano rilevanza proprio su quella pagina un
tempo appannaggio di ben altri pensieri.
Come le dicevo, caro Direttore,
da un po' di anni a questa parte, quel rito che si consumava con piacere tutte
le mattine recandomi all’edicola non si ripete più, anche perché è sempre più
difficile trovare un’edicola aperta: stanno chiudendo tutte e il giornale non
lo compro con l’assiduità di un tempo. Ma non creda, caro Direttore, che io
abbia scelto altre testate giornalistiche o che mi avvalga della rete per
tenermi informato! Niente di tutto questo! A me piace troppo la carta stampata
e non potrei mai leggere un giornale on line stando davanti allo schermo di un
computer o - peggio ancora – con gli occhi incollati allo smartphone, che nemmeno
possiedo. Semplicemente, non mi ci ritrovo più tra quelle pagine diventate
teatrino della politica più greve e del gossip mediatico.
Mi preme sottolineare che ciò
che oggi rimprovero ai giornali è di farci prestare attenzione a fatti a volte insignificanti
e marginali, a seguire gli insulsi giochetti della politica politicante. E,
sinceramente, devo anche dirle che non mi piace affatto questo sottile confine
che esprime oggi la stampa, sempre in bilico tra il sensazionalismo e il voyeurismo,
un giornalismo, questo, tipico della televisione commerciale, per cui se nel
mese di agosto si suda, è immancabile il titolo a tutta pagina: “il paese nella
morsa del caldo”; e se piove - come sempre piove in inverno - è la solita “bomba
d’acqua” che si abbatte sull’Italia. E che dire della spettacolarizzazione del
dolore e delle tragedie umane e familiari? Intere pagine riservate all’ultimo
efferato delitto che “ha scosso la coscienza del Paese”, pagine che si ripetono
per giorni e giorni in una sorta di raccapricciante telenovela. Capisco che, a
volte, certe notizie e certi titoli fanno vendere più copie di giornali, perché
sollecitano la morbosità latente della gente, così come le immagini più
strazianti trasmesse dai telegiornali fanno più audience. Ma io credo – caro
Direttore – che anche l’informazione abbia una sua dignità. Una sua
credibilità. Interpretare correttamente gli avvenimenti che accadono, senza declamare
alcuni fatti rispetto ad altri e senza costruire ad hoc una notizia per fare
presa sul lettore, è compito fondamentale di un sano giornalismo. Altrimenti,
perché dovrei comprare tutte le mattine un giornale che adopera certi
espedienti solo per vendere qualche copia in più?
Il crollo delle vendite dei
quotidiani è sotto gli occhi di tutti, basta entrare in un vagone della
metropolitana di Roma nell’ora di punta: non vedi più nessuno che legge un
giornale. Ma non è solo colpa di internet se tutti gli occhi sono appiccicati a
quella famigerata tavoletta elettronica che si chiama smartphone. Qualche
responsabilità ce l’ha anche chi fa giornalismo tradizionale, perchè non ha
saputo trovare gli accorgimenti necessari per frenare l’avanzata dei nuovi
canali informativi. E nell’era della dittatura digitale, la carta stampata
sembra purtroppo un relitto del passato. Una vera disfatta. Stiamo perdendo un
pezzo della nostra umanità, della nostra cultura, della nostra maniera di stare
al mondo. Eppure, io credo che salvare il giornale cartaceo sia una
fondamentale battaglia culturale, una vera e propria missione di civiltà e di
libertà. Perciò - caro Direttore - mi affido alla sua lungimiranza, alla sua
professionalità, alla sua capacità di mettere in discussione il sistema vigente
che, attraverso la Rete, tende all’omologazione universale e all’assenza di pensiero. Si inventi qualcosa
di nuovo! riveda la sua maniera di progettare il giornale! faccia scrivere i
suoi articoli alle menti più illuminate di questo Paese! non si arrenda
lasciando l’informazione nelle mani dei media digitali. Insomma, caro
Direttore, si adoperi nel migliore dei modi affinché quelli che amano il fruscìo
della carta stampata possano continuare ancora a comprare un giornale. Per il
nostro bene.
Condivisibile questa tua lettera. Ma a quale Direttore ti rivolgi?
RispondiEliminaFra.
Ho iniziato leggendo “il Mattino”, l’unico giornale che arrivava nel mio paese nativo, negli anni della mia giovinezza. Negli anni successivi, leggevo quello che trovavo, senza però avere un mio giornale preferito. Con la maturità sono passato a “La Repubblica” di Eugenio Scalfari, a cui sono rimasto fedele fino a quando ha dimostrato di essere un vero “cane da guardia del potere”, come dovrebbe essere ogni giornale. L’ho abbandonato nel momento in cui è diventato lui stesso “il potere” e dopo che alla sua guida si sono avvicendati direttori non di mio gradimento. Dal 2009, anno in cui è stato fondato da Marco Travaglio, leggo a fasi alterne “il fatto quotidiano”, giornale che non riceve contributi statali. Diciamo che la mia lettera vuole essere, innanzitutto, un grido di dolore per uno strumento - come il giornale cartaceo - che sta morendo, e quindi è rivolta a tutti i Direttori che hanno a cuore questo problema, affinché cambino rotta e migliorino l’informazione tradizionale, al fine di contrastare la nefasta dittatura digitale.
EliminaCompro Repubblica il venerdì (più che altro per l'omonimo settimanale) e La Stampa la domenica (per l'inserto culturale e Il giornalone satirico di Luca Bottura). Ma stanno perdendo colpi e originalità, perché vige l'adeguamento alla fruizione mediatica, per cui anche un tradizionale giornale deve viaggiare ad "effetti speciali", o perlomeno tenta, snaturandosi però, e perdendo anche i pochi, tradizionalisti e affezionati clienti.
RispondiEliminaIl gestore della mia ex edicola (chiusa per motivi economici), mi diceva che ormai, quando un anziano cliente abituale veniva a mancare, non c'era più il sostituto di quella vendita. C'era solo un quotidiano in meno sul mercato.
Analisi triste, cruda e malinconica ma reale.
Ricordo quell'inserto settimanale di Repubblica, per il quale il prezzo del giornale lievitava sensibilmente, che si chiamava "Io donna" (non so se lo fanno ancora). Ma io dico: datemi almeno "Io uomo", sarebbe stato più congeniale. :)
EliminaI giornali cartacei stanno perdendo colpi, come dici anche tu: dovrebbeo cambiare impostazione anzichè scimmiottare la concorrenza on line, se vogliono conservare almeno i vecchi lettori.
Io donna è l'inserto del sabato e mi capita qualche volta sottomano a casa di papà: quattro articoli e 80% di pubblicità: assurdo.
EliminaE io pago....come diceva quello :)
EliminaUn'analisi perfetta, che condivido dalla prima all'ultima riga. In casa mia era un must quotidiano l'acquisto del giornale: mio padre si affidava quasi sempre a quelli locali, per noi era "La Sicilia" o "Il giornale di Sicilia", ma poi è passato alla Repubblica anche lui. Io, invece, da sposata, per un periodo ho continuato l'acquisto del quotidiano, poi con l'avvento dei giornali on line, ho perso l'entusiasmo. Non vado a cercare le notizie in rete e poi oggi è tutto confuso: non sai più se le informazioni che circolano sono veritiere, c'è uno smaccato schieramento ideologico... insomma firmo con te la lettera al Direttore ;)
RispondiEliminaGrazie per l'apprezzamento, Marina. E' tutto confuso, dici bene. Siamo quotidianamente inondati da un mare di parole e di immagini, sempre più vuote e inutili. E in questo marasma non riusciamo più a districarci. I giornali cartacei potevano essere un'ancora di salvezza: ma sono in crisi e rishiano la chiusura.
EliminaCredo che oltre al direttore in causa siano evaporati i buoni propositi culturali dei lettori.Si vende e si acquista ciò che fa audience e che cerca di spazzare il pensiero critico, facendo presa sulle emozioni,omologandoci e consegnandoci volutamente senza far tanto resistenza.Siamo finiti in un sistema produttivo che sforna e inforna macchine in serie e quando esce l'invenzione del nuovo modello anche questa avrà lo stesso destino.
RispondiEliminaChissà se un nuovo Direttore riuscirà a cogliere il suo appello così ben articolato e vero,una volta si assumevano persone qualificate ad identificare un eventuale e simile problema di crisi che potesse sciogliere il nodo ,oggi chi è davvero motivato?Pino tu offri gratis dei buoni requisiti quali appello alla salvaguardia della carta stampata, rappresentativa di una parte culturale che ritraeva capacità di pensiero e riflessione e che incitava il lettore a farne altrettanto,mentre noi siamo finiti tutti nel programma serale dei pacchi di Amadeus.Si ambisce a possedere una cifra elevata di denaro mandando nel tritacarte
quel valore che non apprezziamo , ahimè dove siamo finiti snaturandoci.
Buon fine settimana:)
L.
Grazie per le tue parole che, in qualche maniera, mi confortano. Si, perché spesso sono consapevole di lottare contro i mulini a vento, come Don Chisciotte, e fare degli appelli per delle cause perse in partenza. Quando tu scrivi che “siamo finiti in un sistema produttivo che sforna e inforna macchine in serie e quando esce l'invenzione del nuovo modello anche questa avrà lo stesso destino” mi fai ricordare le parole di Frédéric Beigbeder, un famoso pubblicitario, il quale così scriveva in un suo libro “Quando, a forza di risparmi, voi riuscirete a pagarvi l’auto dei vostri sogni, quella che ho lanciato nella mia ultima campagna, io l’avrò già fatta passare di moda. Sarò già tre tendenze più avanti, riuscendo così a farvi sentire sempre insoddisfatti…Io vi drogo di novità, e il vantaggio della novità è che non resta mai nuova”. Siamo proprio finiti in un tritacarne mediatico – mia cara L. – e l’informazione che oggi riceviamo da tutti i mezzi di comunicazione digitale ne è la conferma. La tendenza è quella di trasformare qualsiasi fatto in un evento straordinario, in uno spettacolo da circo, perché veniamo drogati tutti i giorni a cercare sempre la novità: di qualsiasi oggetto…di qualsiasi notizia…di qualsiasi avvenimento. Non so proprio come si possa cambiare questo andazzo, anche perché – come tu scrivi – sono “evaporati i buoni propositi culturali dei lettori”. Oggi, il giornale cartaceo è stato sostituito dallo smartphone all’interno del quale ci sono tutti i giornali del mondo, ma anche tutta la spazzatura del mondo. E l’abbiamo dato, questo magico strumento, a tutti senza fare alcuna distinzione e senza preoccuparci dell’uso che ne fanno. Come consegnare una Ferrari nelle mani di uno che non solo non ha la patente, ma è salito sempre - come passeggero - su una Cinquecento.
EliminaBuona domenica a te.
avrei potuto scriverla io questa lettera, che da qualche tempo ho smesso di comprare il giornale. Alle tue considerazioni, che condivido, aggiungerei che all'impoverimento culturale si accompagna un arricchimento di inserti e supplementi sui temi più svariati, uno più insipido dell'altro.
RispondiEliminaml
Li conosco bene questi inserti, zeppi di pubblicità che noi paghiamo. Ed è anche per questo che io non compro più il giornale con la continuità di un tempo. Ciao Carlo
EliminaNon compro più giornali dal momento che in rete si trova molto.Sono abbonata a due giornali della minoranza slovena prov Udine più per dovere che per altro.Mandi Pino.
RispondiEliminaIn rete si trova di tutto e di più. Io però, per leggere, preferisco un supporto cartaceo. Sono all'antica :)
EliminaGrazie, Olga, della visita
Se io fossi il Direttore di un giornale mi sentirei chiamato in causa e questa tua lettera la pubblicherei sul mio giornale. Grazie.
RispondiEliminaAugusto
Grazie a te. Ma non credo proprio che un direttore di giornale, chiunque sia, passi il suo tempo a leggere il mio blog. Ciao :)
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