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venerdì 8 marzo 2024

Un eremo non è un guscio di lumaca

 


Quando si pensa all’eremita, inevitabilmente affiorano alcuni pregiudizi duri a morire: si ritiene che il soggetto sia un asociale, che abbia paura della vita e allora non fa che chiudersi nel suo guscio, al riparo dalle difficoltà e dal mondo. Ma non è così. Scrive Adriana Zarri – teologa e scrittrice morta alcuni anni fa – in un suo libro che si intitola “Un eremo non è un guscio di lumaca” che un eremita “non è un misantropo inavvicinabile, non è nemmeno necessariamente un recluso che non possa, di tanto in tanto, muoversi e incontrarsi con la gente, che non possa soprattutto ricevere chi venga a condividere qualche ora della sua solitudine e a fargli dono della sua amicizia. L’eremita è semplicemente uno che sceglie di vivere da solo perché nella solitudine ha il suo momento privilegiato d’incontro”. Ecco, l’incontro si può avere solo in solitudine: l’incontro con gli uomini, l’incontro con sé stessi, l’incontro con Dio e con la preghiera (per chi crede) e l’incontro con la scrittura. Si, perché quando si scrive, e di conseguenza quando si legge, si sta in solitudine e, quindi, tanto la scrittura quanto la lettura sono attività eremitiche. 

Adriana Zarri era una donna libera che non aveva paura di esporsi a difesa delle sue idee e dei suoi principi. Non aveva mai praticato l’arrendevolezza: preferiva legare l’asino dove meglio credeva, anziché legarlo dove voleva il padrone. E, ad un certo punto della sua vita, decise di trasferirsi in una cascina sulle colline attorno ad Ivrea e di vivere da eremita, raccontando questa sua esperienza esistenziale in questo libro molto intenso. Il suo intento era quello di contestare, in qualche maniera, il nostro mondo che si fonda essenzialmente sull’ arrivismo e sul carrierismo, che predilige gli arrampicamenti sociali, calpestando magari i diritti delle classi più deboli. Ma desiderava anche sottolineare che, oggigiorno, alcuni valori sociali sembrano completamente dimenticati come il silenzio, il rispetto della natura e la preghiera, intesa - per un non credente – quale momento di ascolto interiore. Per la Zarri un eremo non è un guscio di lumaca: e lei non vi si era rinchiusa, ma aveva solo scelto di vivere in piena libertà, lontana dal clamore, lottando contro quella falsa retorica dello “stare insieme”, che vede i solitari come persone individualiste, nemici del vivere sociale. Ma il singolo, affinché possa acquistare una sua autonomia di pensiero e di giudizio che gli consenta di inserirsi nella comunità senza “affogarvi dentro”, ha bisogno di uno spazio di silenzio che gli permetta di non essere plagiato dal gruppo e da quei persuasori occulti che oggi si annidano nei mass media. “Silenzio e solitudine sono valori ineludibili” affermava la teologa; ma la cosa più interessante è che in ciascuno di noi “c’è una valenza monastica che attende d’essere tratta in superficie e sviluppata secondo le varie vocazioni”. 

Consiglio vivamente questo libro a chi oggi va sempre di fretta; a chi è convinto che i soldi siano l’unico valore in cui credere; a chi pensa che la solitudine sia un isolamento e un tagliarsi fuori e non, invece, un vivere dentro, percorsa da voci e animata di presenze. Lo consiglio a chi si fa possedere dalla tecnologia e dalle cose, anziché possederle; a chi si lascia stordire dalla folla e dal rumore, dimenticando che il silenzio “contiene ogni possibile parola”. Lo consiglio a chi non ha mai coltivato l’ “otium”, come l’ha coltivato per tutta la vita questa grande testimone dei nostri tempi.




7 commenti:

  1. C'era un periodo nel quale avrei voluto provare - anche a tempo determinatissimo - un priodo di "reclusione" in un qualche monastero di quelli che offrivano esperienze simili. A scopo terapeutico, di curiosità, o anche solo per vedere quanto la teoria potesse magari cozzare con la pratica.. non se ne fece nulla allora e ora non avverto più stimoli analoghi. Forse in diversi frangenti ho imparato a farmi monastero da me, a creare clausura e concentrazione anche solo quando scrivo per i fatti miei, o passeggio senza meta. Certo il gusto per il silenzio mi affascina sempre, ecco perché mi sento particolarmente a mio agio nei cimiteri..

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  2. Adriana Zarri, persona straordinaria per cultura e acume, illustra con chiarezza le peculiarità dell'eremita che fa (almeno nel suo caso) dell'isolamento un punto di osservazione privilegiato sul mondo. So che viveva ritirata in una cascina a pochi chilometri dal mio paese e credo di averla incontrata da degente n ospedale durante un mio turno di guardia notturna. Non sono certo fosse lei perchè mi disse solo il suo nome ma so che passammo ore a parlare (era una tranquilla notte di natale), soprattutto lei parlava con serenità e leniva le mie inquietudini. Ecco, credo che per fare vita da eremiti si debba innanzitutto essere in pace con sè stessi, non essere inquieti.
    ml

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    1. Grazie, Carlo, per questa tua bella testimonianza. Adriana Zarri era una donna libera, senz’altro in pace con sé stessa, che aveva affrontato con coraggio tante battaglie, anche in contrasto con le posizioni della Chiesa cattolica. Era alla ricerca costante di un mondo alternativo, rispetto alla massificazione urbana che oggi noi viviamo. Aveva rinunciato ad essere monaca per diventare eremita e vivere gli ultimi anni della sua vita nella preghiera e nel silenzio. Come scrive Rossana Rossanda nella prefazione del suo libro, non era certamente come madre Teresa di Calcutta che cercava di lenire le sofferenze degli ultimi della terra, ma frequentava a modo suo la carità e il suo bisogno di solitudine nasceva, forse, da una inconfessata aristocrazia del suo modo di essere. Ieri sono state spese tante parole per la festa della donna, ma nessuno si è ricordato di questa donna…

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  3. Mi piace l'espressione "Vivere soli per avere un momento privilegiato d'incontro". Privilegiato, esattamente: il silenzio o meglio la ricerca del silenzio, oggi, è davvero il privilegio di pochi, anche se non appannaggio di pochi, perché potremmo tutti sperimentarlo e viverlo come risorsa e invece... Io, nel silenzio, prego (sono credente) e mi aiuta la notte, quando tutto "si spegne" e si crea la giusta atmosfera per concentrarsi su quei valori trascurati di cui parla la teologa.

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    1. E già, il silenzio: il grande assente della vita frenetica dei nostri tempi! E noi che viviamo a Roma ne sappiamo qualcosa. Grazie Marina

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  4. "Quando si pensa all’eremita, inevitabilmente"...mi viene in mente un testo di Battiato,"e ti vengo a cercare" dove l'interpretazione pur rimanendo nel campo soggettivo conduce proprio a questo senso più nascosto di ricerca spirituale,quell'andare a cercare che non è altro che un cercarsi .Dove, se non nel silenzio e nella solitudine?

    Grazie per il post,non conoscevo la teologa e scrittrice e apprezzo molto il suo pensiero .

    Buona serata:)

    L.

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    1. Grazie a te, per avere apprezzato. E buona serata

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