Qualcuno ha detto che è
impossibile, se non irriverente, commentare e descrivere un’opera d’arte. Davanti
a un dipinto o ad una scultura possiamo solo guardare e lasciarci guidare,
prima ancora che dal nostro stato d’animo, dalle emozioni che proviamo. E le
emozioni non si possono raccontare, vanno semplicemente vissute. La parola
scritta appare incompleta, insufficiente, e rischia di sovrapporsi a quanto il
dipinto o la scultura vogliono trasmetterci. A questo pensavo mentre mi
aggiravo per le sale di Palazzo Merulana a Roma, dove è stata allestita una
mostra dedicata ad Antonio Donghi, uno dei maggiori esponenti del cosiddetto
“realismo magico”, uno stile pittorico tra fantasia e realtà.
Questo artista mi affascina
molto per le sue immagini inafferrabili e a volte indecifrabili, per le sue
figure avvolte nel silenzio, sospese nell’attesa e nel mistero che sembrano inseguire
una sorta di “incanto esistenziale”, per dirla con le parole dello storico
dell’arte Bernard Berenson. Icone morbide e aggraziate, comunicano con la loro
postura quasi ieratica, una bellezza taciturna e solenne. E ci osservano,
chiuse nel loro mondo fuori dal tempo.
Il realismo magico di Antonio
Donghi – scrive il curatore della mostra Fabio Benzi – è “intriso di una
dimensione tutta romana, per la luce immobile di pomeriggi tiepidi, per la
rilassatezza di pose e scene, per l’aria scanzonata di alcuni personaggi, che
non sai se ti fissano severi o stanno scherzando, per l’ambiguità di fondo”.
Sarà sicuramente oggetto di visita, fino a maggio troveremo tempi e modi. Un pittore che lascia spazio intepretativo a chi osserva e si compenetra in quel "realismo" che lascia presupporre altri mondi, lasciando rapiti per eleganza e disegno. Grazie per la segnalazione!
RispondiEliminaE' un pittore che lascia il segno...poi ci farai sapere.
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