E così, ci sono riuscito anch’io
a leggere “Mastro Don Gesualdo” di Giovanni Verga, un libro che mi
trascinavo dietro, come una zavorra, da oltre mezzo secolo. Un libro che tutti
conoscono – almeno per sentito dire - ma pochi l’hanno davvero letto; un libro
su cui siamo stati interrogati da studenti, il cui protagonista è da
considerare, forse, tra i maggiori della nostra letteratura.
Gesualdo Motta è un muratore di
umili origini della Sicilia rurale della prima metà dell’ Ottocento; è un
“mastro”, come suol dirsi, il quale - dopo essersi arricchito – convola a nozze
con una giovane donna appartenente ad una nobile famiglia decaduta e conquista
il “Don”, quale appellativo di riguardo riservato ai notabili. Per tutti è
Mastro Don Gesualdo: un uomo gretto, astuto, che non dà nessun valore ai
sentimenti, attaccato ossessivamente alla sua “roba”, detestato e invidiato,
per la rapida ascesa sociale, tanto dal basso ceto da cui proviene, quanto dalla
nobiltà del paese che lo annovera tra i propri ranghi.
Un libro che mette in risalto
due opposte visioni del mondo, due diverse realtà che si confrontano e si
sfidano, senza mai trovare un punto d’incontro: da una parte la logica
mercantile di un povero contadino che, diventato un ricchissimo proprietario
terriero, tenta di emanciparsi socialmente, terrorizzato dalla paura di perdere
la “roba” conquistata con tanta fatica e, dall’altra, l’ipocrisia e la superbia
di una nobiltà di paese in declino, alla fine della sua parabola ascendente,
corrosa da debiti e ipoteche.
Che dire: appare quasi
anacronistica, oggi, la lettura di questo libro; eppure, per comprendere meglio l’epoca in cui
viviamo, a volte sarebbe necessario prendere le mosse proprio da certi testi
letterari e dai fatti che raccontano, quei fatti scanditi in modo lento e
ripetitivo dai tempi ciclici della natura, tanto che nell’arco di un’intera
esistenza poteva capitare di non assistere a nessun tipo di cambiamento. Oggi,
invece, i cambiamenti sono diventati inarrestabili grazie ai mezzi tecnologici
che hanno determinato una compressione del tempo e dello spazio, imprigionando
l’uomo moderno in un eterno presente che lo rende incapace, tanto di trarre
insegnamento dagli errori e dalle virtù del passato, quanto di immaginare un
futuro migliore. E allora, mi piace pensare che nel leggere Mastro Don Gesualdo
– visto che è ancora presente nei programmi scolastici – gli studenti sappiano
cogliere dalla tragedia umana ed esistenziale di questo antieroe della nostra
letteratura che aveva affidato il suo riscatto sociale alla ricchezza, quel
messaggio non scritto che però aleggia tra le pagine del libro, ossia: la
felicità di un uomo non si può acquistare e la bramosia di possesso (l’accumulo
di “roba” per Mastro Don Gesualdo) è sempre fonte di tensioni perché suggerisce
una visione del mondo e della società distorta.
condivido il tuo affrontare libri che "mi trascinavo dietro, come una zavorra, da oltre mezzo secolo. E' una resa dei conti impegnativa che sto compiendo anch'io riprendendo testi che avevo abbandonato o che non avevo mai iniziato pur avendoli lì sullo scaffale.
RispondiEliminaInteressante la tua lettura di Verga da cui riesci a trarre insegnamenti attuali nonostante l'anacronismo della scrittura-
massimolegnani
Grazie Carlo. A volte abbiamo dei pregiudizi su certi libri, pur essendo dei classici della nostra letteratura e tentiamo di evitarli, pur avendoli a portata di mano sullo scaffale. Poi, chissà perchè, arriva un bel giorno e li affrontiamo come se nulla fosse. Accorgendoci, magari, che quel libro si poteva leggere anche prima, senza alcun affanno. Un saluto :)
EliminaNon sarebbero "classici" se non avessero sempre qualcosa da dire e non fossero attuali in ogni epoca. A me, ricordo, era piaciuto. Lo lessi ai tempi del liceo, quando mi ero innamorata della poetica del Verismo e di Verga lessi quasi tutto (ho amato anche i Vicerè di De Roberto, aggiungo). Negli anni ho un po' cambiato area letteraria, lasciando che certi scritti rimanessero retaggi del passato, ma in occasioni come queste, in cui qualcuno mi riporta a quelle opere , mi torna il desiderio di rileggerle.
RispondiEliminaAi tempi del liceo avevo letto solo degli stralci di Mastro don gesualdo, come spesso si usava fare. Devo dire, però, che mi piace molto di più Federico De Roberto, grande amico di Verga. Il suo romanzo storico "I vicerè" mi è piaciuto tantissimo e prima o poi lo rileggerò, come faccio spesso con i grandi libri del passato, di cui sono un appassionato estimatore. Devo dire che non seguo molto la letteratura contemporanea, dove senz'altro ci sarà qualche spunto che diventerà interessante, ma noi oggi non siamo in grado di coglierlo perchè deve maturare e sedimentare. E solo il tempo ci dirà se quel libro che oggi viene pubblicato e scala tutte le classifiche di vendita, sarà un capolavoro o un fuoco di paglia acceso dalla moda del momento. Non dobbiamo poi dimenticare che certe tematiche vengono ampiamente descritte dai mezzi di informazione, in primis dalla televisione, e non hanno bisogno dell'opera dello scrittore.
EliminaCiao Marina :)
Alcuni classici mi rimangono ostici (la mia querelle con Cent'anni di solitudine epica ormai..), altri li assorbo avidamente - anzi, loro assorbono me -, non saprei quale l'aggancio, il fascino e quale a volte la refrattarietà, che subentra a decidere.. ma confido nelle circostanza, i tempi, la disponibilità, quello stato d'animo che di rado governiamo..
RispondiEliminaSi, è vero, alcuni classici sono difficili da digerire. Certo, come in tutte le letture, subentrano poi altri fattori che contribuiscono a migliorare o a peggiorare il nostro stato d'animo nei confronti del libro che stiamo leggendo. Non mi hai detto, però, se hai mai letto Mastro don Gesualdo :)
RispondiEliminaNo, colpevolmente fermo a I Malavaglia e qualche fuggevole novella.
EliminaNessuna colpa: non si può leggere tutto.
EliminaI libri "zavorra", alcuni inaspettati esistono da sempre perchè un libro è un'esperienza sempre molto personale. Ma dobbiamo considerare anche l'aspetto educativo, storico e sociale di un testo; se può non piacere la sintassi o la lingua in cui è scritto resta pur sempre il valore di testimonianza e non è cosa da poco. Da questo punto di vista io ritengo che il Gattopardo dovrebbe essere inserito tra la letteratura "educativa" in senso lato nelle scuole superiori perchè è un'ottima chiave di lettura sul divenire storico e politico di questo paese ed è anche scritto in modo magistrale.
RispondiEliminaSono d'accordo con te, Enzo: il Gattopardo dovrebbe essere inserito tra i libri scolastici. Io l'ho letto e riletto. E' pur vero però che la scuola, a volte, certi libri te li fa odiare. Ciao e grazie.
EliminaGrazie per aver arricchito la mia giornata con il tuo eccellente post sul blog! Approfondisci il divertimento con il nostro blog su Aviator.
RispondiEliminaGrazie
Elimina... ricordo che al liceo dovendo scegliere tra il più gettonato Malavoglia e Mastro don Gesualdo, scelsi quest'ultimo (come tra il Gattopardo e I Vicerè scelsi il secondo) ... ricordo che mi rimase il cruccio di cosa sarebbe stato il personaggio se non avesse sposato Bianca, se avesse sposato una corpulenta bottegaia o una robusta contadina ... insomma se fosse rimasto "Mastro" e non avesse cercato di essere "Don"... finendo per non appartenere nè a un mondo (quello dei suoi paesani), nè all'altro (quello dei nobili)... credo che sarebbe stato felice, forse sarebbe rimasto un venale incolto attaccato alla "roba", ma non sarebbe stato un "vinto"...
RispondiEliminaBella riflessione, la tua. Se non avesse sposato Donna Bianca, probabilmente Gesualdo Motta non sarebbe diventato un personaggio della nostra letteratura. Grazie per essere passato di qui. :)
EliminaL'avevo portato alla maturità magistrale.Quanto tempo è pasato...
RispondiEliminaGli anni passano, cara Olga...ma i libri restano :)
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