Ritrovarsi con dei vecchi
compagni di scuola che non vedi da oltre mezzo secolo – lo confesso – fa uno
strano effetto, tanto disorientante quanto emozionante. E’ un po' come
ritrovare la strada perduta, o meglio, ritrovare finalmente se stessi
attraverso gli altri.
Quante volte avevo guardato
quella vecchia e ingiallita foto di gruppo, in bianco e nero, scattata sul
piazzale antistante la scuola dove quell’anno (credo fosse il 1967) frequentavo
la quarta ginnasio! Quanti ricordi mi trasmetteva quella fotografia a cui ero
molto affezionato, ogni qualvolta mi capitava di osservarla! In prima fila, il
Preside, una persona molto severa che suscitava, ai professori prima ancora che
a noi studenti, un certo timore reverenziale per la sua grande cultura; e poi
il timido e pacato professore di Lettere che addirittura arrossiva in certe
particolari occasioni; e come non ricordare il mitico professore di educazione
fisica che ci chiamava “bifolchi” quando lo facevamo arrabbiare. Scrutando quei
volti, a volte mi domandavo:
chissà cosa farà, oggi, il mio ex compagno di banco, Germano: invidiavo (io che
ero un timido inguaribile) i suoi interventi sempre appropriati su qualsiasi
argomento scolastico. E poi Giuseppe B., il più bravo della classe: uno studioso instancabile! E poi ancora
Antonio P. con quella sua aria da filosofo incompreso che si illudeva di sapere
tutto! E Michele, con quella sua faccia un po' così, da Adone malinconico, il
più corteggiato dalle donne! E già: le nostre donne, le nostre care compagne di
classe che erano in minoranza rispetto a noi maschietti: la dolce Gina, la silenziosa Filomena, l’ironica e sempre pungente Piera, e poi Rosa, Irene….e
le altre due compagne di cui non ricordavo più il nome e a cui oggi chiedo
scusa. Ma il tempo, ahimè, fa di questi scherzi!
Poi un bel giorno di fine estate – dicevo - mi
arriva una chiamata sul telefono di casa (non so come abbiano fatto a
rintracciarmi, visto che non ho cellulari e non sto sui social e cerco di
sfuggire a tutti i radar). “Sono Rosario” – mi dice una voce dall’altra parte –
“ti ricordi di me? 4^ C, secondo banco, fila centrale. Ti aspettiamo…non puoi
mancare…vengo a prenderti alla stazione” (gli avevo detto che abitavo a Roma). Andare
o non andare? Di fronte ad una rimpatriata scolastica, a distanza di tanti anni,
si affaccia sempre una sorta di timore generato dal confronto tra il passato e
il presente. Mi viene in mente quella famosa battuta di Nanni Moretti nel film
“Ecce bombo”, quando il protagonista dice al telefono: “mi si nota di più se
vengo e me ne sto in disparte o se non vengo per niente?” Nonostante la mia
titubanza, la mia indole solitaria, sciolgo il dilemma: prendo il treno e
parto. Ero curioso di vedere come “eravamo ridotti” dopo 53 anni di lontananza.
Volevo vedere la mia vecchiaia stampata sul volto di quei miei ex compagni di scuola. Ero
curioso di scoprire i successi e i
fallimenti, le gioie e i dolori che la vita aveva imposto a ciascuno di noi. E
mentre il treno mi portava nel luogo stabilito, mi veniva da pensare che a
volte si trascorre una vita intera preparandosi a un avvenimento: e quell'avvenimento sembrava essere, ora, la nostra rimpatriata partorita dalla mente di qualcuno che forse, più
di tutti, avvertiva questa nostalgia. Nel corso degli anni tutto sembra
conservarsi, però si scolorisce come quella fotografia che avevo sotto gli
occhi di un passato ormai lontano, che ci ritrae ragazzi inconsapevoli del
proprio futuro. E così sbiadiscono, ma non muoiono mai, anche i ricordi. E
ora che sono “vecchio” penso spesso alla mia gioventù. Dicono che sia una cosa
naturale: quando l’inverno si approssima, il ricordo delle belle giornate
estive si fa più forte.
E così ci siamo finalmente ritrovati
- con esistenze e caratteri diversi, ma soprattutto con
un aspetto fisico che ha messo a dura prova la nostra memoria visiva - in un
ristorante affacciato sul meraviglioso mare del Cilento dove aleggia il mito di
Palinuro, il nocchiero di Enea, annegato proprio da quelle parti. Un vero salto
nel passato con gli stessi attori, solo un po' invecchiati. Baci, abbracci,
emozioni, amnesie, risate, sguardi meravigliati… “ma tu chi sei? Oddio non ti riconosco”…”ma che
piacere rivederti”…”ma non sei per niente cambiato, forse eri già vecchio prima”…”ma
adesso che sei in pensione come passi il tempo?.… Giuseppe…Gaetano…Enzo…Irene…Antonio e
tutti gli altri, compresi quelli che, purtroppo, non ci sono più…Dante…Mario…Fernando, a cui va il nostro pensiero.
Una rimpatriata di classe a
volte può ricompattare un gruppo che, forse, in tempi scolastici non era affatto
unito. Non esistono più invidie, rivalità, rancori, paure, sentimenti propri di
una certa età. Si è più liberi e disincantati, non si ha più nulla da perdere, si
è in pace con se stessi, con il mondo...e con la scuola. Si è più disponibili all’amicizia e ai ricordi. Devo
dire che per qualche ora siamo ritornati ad essere i ragazzi spensierati di un
tempo, dimenticando le nostre rispettive responsabilità, i nostri attuali ruoli
sociali e familiari. Sono riaffiorati i ricordi, i momenti condivisi fatti di
complicità tra i banchi di scuola, gli sfottò, tra risate e felicitazioni.
L’occasione ci ha permesso di conoscerci meglio e di raccontare le nostre
vicende personali, le nostre storie, i nostri rimpianti e di riannodare i fili
di un’amicizia rimasta, per tanti anni, accesa come la brace sotto la
cenere. E ora che ci siamo ritrovati, ci siamo ripromessi di rivederci al più
presto, perché davanti a noi non c’è più una prateria ma solo un piccolo
orticello che va coltivato con passione, giorno dopo giorno.
Mai fatte rimpatriate scolastiche, ma se dovessero chiamarmi, ci penserei. Una curiosità, ma tu in quella foto, chi sei? Ammesso che tu voglia svelarlo, naturalmente. Ciao
RispondiEliminaFra.
Ultima fila, il secondo da sinistra. Ma oggi non somiglio affatto a quel bel ragazzo di allora e nessuno potrebbe riconoscermi (sorrido)
EliminaCiao :)
sei stato coraggioso, io ho sempre rifuggito le rimpatriate scolastiche.
RispondiEliminaml
Eheh! E' la prima...e devo dire che è andata bene. Ciao Carlo
EliminaQuesto tuo post, molto personale, mi fa ricordare quel film cult di Carlo Verdone che si chiama proprio Compagni di scuola. Un film divertente e amaro dove ogni personaggio mette in mostra i fallimenti della propria esistenza. La tua rimpatriata appare invece più serena. Io non mi sono mai ritrovato in queste situazioni e credo che se mi dovesse arrivare un simile invito, forse mi inventerei una scusa per non andare. Va bene il film ma la realtà è un'altra cosa ed a volte è molto amara.
RispondiEliminaPiero
Ciao Piero, ricordo benissimo quel film di Verdone e, ti confesso, che prima di incontrare quei miei ex compagni di scuola ritratti nella foto di cui sopra ho visto qualche spezzone del film in rete. Dici bene, è un film “amaro e divertente”. Devo dire che tra di noi non c’era una psicologa - come nel film – la quale avrebbe potuto dare una lettura più approfondita, da studiosa, al nostro incontro avvenuto dopo oltre mezzo secolo. Tuttavia, io credo che ognuno di noi abbia letto sul volto degli altri le gioie e le soddisfazioni, ma anche le difficoltà e le amarezze che la vita ha elargito a tutti noi presenti a quell’incontro, arrivati lì molto diversi da come eravamo in età scolastica. Nel film, lo ricorderai, c’è un certo Fabris che diventa il bersaglio di molti, perché nessuno più lo riconosceva. Ebbene, ti dirò, che c’è stato un momento in cui anch’io mi sono sentito come Fabris, perché un paio di ex compagni mi guardavano straniti e non ricordavano chi fossi. Ho pensato: due sono le cose, o il tempo si è accanito tremendamente su di me, stravolgendomi fisicamente, oppure questi due hanno perso completamente la memoria. Naturalmente ci siamo fatti delle grandi risate e ci siamo divertiti, anche se aleggiava tra di noi un po' di malinconia per il passato perduto e sul tempo che scorre inesorabilmente e che cambia persone e cose. Ma per poter riflettere sulla parabola della vita, ti ci devi trovare dentro, e la rimpatriata è una buona occasione per osservare te stesso riflesso sul volto dei tuoi coetanei.
EliminaA me piacerebbero incontri del genere, ma già da pensionato riescono complicati quelli con gli ex colleghi.. figurati con vetusti compagni di scuola dei quali ho due/tre contatti giusto grazie al vituperato Facebook.. però eviterei sinceramente situazioni verdoniane, anche perché le ritengo davvero iperboliche e anche un po' ingiuste.. quindi meglio restarsene tra memorie e ipotesi..
RispondiEliminaMa se ti chiamano, perchè non andare? Le "situazioni verdoniane " sono sempre dietro l'angolo, questo è vero. Però è simpatico anche vedere l'effetto che fa...e le sorprese piacevoli non mancano. E poi, fa bene ridere di se stessi. Ciao Franco
EliminaBel post velato di malinconia. Strano che nessuno dei tuoi ex compagni di scuola abbia lasciato un commento.
RispondiEliminaFra.
E' vero. Devo dire, però, che solo qualcuno dei miei compagni di scuola è al corrente di questo mio blog. Certo, se avessi avuto uno smartphone avrei potuto condividere questo post sul gruppo whatsapp che hanno creato. Ma va bene anche così...
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