“Ci fu l’epoca dei
rivoluzionari, ci fu il tempo dei ribelli, questa è l’era degli scontenti”. Lo
scrive Marcello Veneziani nel suo libro “Scontenti” con sottotitolo “perché
non ci piace il mondo in cui viviamo”, pubblicato da Marsilio. Oggi, pur
vivendo meglio e pur avendo un’aspettativa di vita superiore a quella dei
nostri antenati, siamo perennemente scontenti – dice l’autore del libro - non
viviamo felici. E chi ci governa - vale a dire il potere economico e il potere
tecnologico che hanno ormai surclassato quello politico – non fa che aggravare questa
nostra condizione, perché ci vuole sempre più insoddisfatti per renderci sempre
più dipendenti e alienati. Il cittadino ideale, quindi, non è più colui che si
dimostra appagato della sua vita, ma chi è alla ricerca continua di novità.
Siamo diventati dei “sudditi sedotti e sedati”, allineati e omologati e
intercettati dagli strumenti tecnologici in nostro possesso, che ci dicono cosa
dobbiamo desiderare e cosa dobbiamo comprare. Siamo “schiavi in piena
libertà”.
L’autore compie un viaggio nei
meandri della scontentezza di massa, ne esplora i contesti in cui si esprime e
ne individua forme e livelli diversi: si è scontenti di ciò che si è, del
proprio corpo, della propria età, del proprio status; si è scontenti di ciò che
si ha; si è scontenti di ciò che si rappresenta per gli altri; si è scontenti
di ciò che si fa e di chi ci sta intorno; si è scontenti del luogo in cui si
vive e si lavora. Insomma, c’è sempre qualcosa nel nostro tempo che fa della
scontentezza il tratto comune del vivere. Scrive Veneziani che il potere per
lungo tempo si è retto sulla rassegnazione, sull’accontentarsi dei cittadini. Oggi,
invece, punta tutto sullo scontento, che incanala e usa a suo vantaggio. Abbiamo
tutto ma siamo scontenti di tutto. Scontenti “da quando non troviamo più la
via d’uscita spirituale che ci affranca dal giogo della vita e dà una meta e un
senso compiuto al nostro cammino”.
E tu? Io, caratterialmente, non sono incline allo
scontento, tuttavia devo dire che non mi ritrovo più nel tempo in cui vivo,
nelle sue dinamiche sociali e nei rapporti che ne scaturiscono. Avverto - in
certe occasioni e in certi contesti – disagio e spaesamento che radicano – giorno
dopo giorno - il mio scontento esistenziale. La decadenza inarrestabile di
certi antichi valori, quali l’onestà, l’educazione civica, il rispetto della
cosa pubblica, la solidarietà; il conformismo imperante nei comportamenti, nei
modi di pensare, nell’informazione che tende ad inglobare le differenze, che
pure esistono; e poi la spietata invadenza della tecnica e della modernità che
parlano un linguaggio che mi appare sempre più distante, dove le cose sembrano
avere un ordine di importanza rivoltato; e il degrado civile e urbano della
città in cui vivo abitualmente…tutto ciò contribuisce ad intristirmi. Per
alleviare questo malumore, Marcello Veneziani nel suo libro suggerisce di
mutare atteggiamento nei confronti delle persone e delle cose, cambiare lo
sguardo, vedere la vita e il mondo con occhi diversi, cercare di capire ciò che
sfugge, accettare le cose che sono sgradite e non si possono facilmente cambiare.
Insomma, “soppesare lo scontento e relativizzarlo alla luce di una visuale
più ampia, in un contesto più grande. Così lo scontento perde la sua carica, si
fa docile, caduco e accidentale; svanisce ogni superbia di fronte al Tutto, di
noi evanescenti esserini in transito terrestre…”. Sarà…ma la vedo dura!
Veneziani! L'unico intellettuale della destra.. eppure l'ho sempre trovato sensato, forse anche sprecato.. anche se questa sua opera mi sembra abbastanza "ordinaria", nel senso che bene o male, nessuno è mai contento del tutto della propria esistenza, anche se l'equilibrio, la consapevolezza, il discernimento ed il buon senso aiutano tantissimo a vivere con sapiente accettazione.. ribadirlo appare quasi accessorio, specie a chi si arrabbatta in difficoltà anche materiali oltre che umorali..
RispondiEliminaSi, Veneziani è un intellettuale di destra…ed è pure bravo. Ma esiste ancora la destra e la sinistra?
EliminaNon sei antifascista? Se non si riesce a dirlo un po' di destra lo si è dai! ;) p.s. io sono antifascista, anticomunista, anti armi e anti guerra.
EliminaGli anti sono dei cretini.
EliminaAlcuni si beano di continuare a proclamarsi tali.
Tutto è vanità, Cosa possediamo vivendo?
RispondiEliminaVanità della vanità. Tutto è vanità dice Qoelet
EliminaTemo che non sia solo un problema del nostro tempo. L'ha mostrato Leopardi. L'essere umano desidera sempre l'impossibile ed è per questo destinato all'infelicità.
RispondiEliminaE' proprio vero, Ettore. Ce la mettiamo tutta per essere infelici e scontenti
EliminaMa Leopardi ha mostrato tanto altro:)
EliminaLa ginestra si piega ma non si spezza , consola l'uomo nel deserto della sua esistenza...
Ci vorrebbe un Leopardi, oggi...ma non c'é.
Eliminaè vero, siamo perennemente insoddisfatti, forse proprio perchè l'offerta è tanta, artificiosa e superiore alla capacità di starle dietro (compri, non tu di certo!, l'ultimo modello di i-phone e quasi subito questo diventa obsoleto). E non è diversa l'insoddisfazione (il disgusto) di chi sta fuori da questo mercato delle cose futili.
RispondiEliminaml
A noi basta 'a salute e un par de scarpe nove...cantava Manfredi. A te la bicicletta...e sempre quella! Ciao Carlo ;)
EliminaCredo che la "scontentezza" nasca dalla necessità di un senso di felicità più duraturo e di certo inconsapevole che viene spesso rimpiazzato dalla quantità e non dalla qualità del sentimento in sé ancora sconosciuto.Un po come quando si ha quel senso di fame e qualunque cosa si vede la si vuole divorare,entrando in un circolo vizioso, più l'appetito aumenta più la velocità di divorare si allea per colmarlo,e dal momento che soddisfi tale fame ,tra maionese ,patatine e hamburger dal MC Donald's , si corre il rischio di mal digerire e star peggio:)
RispondiEliminaPraticamente una ricerca di contentezza inappagata perché inascoltata sotto un profilo spirituale poco allenato.
"Marcello Veneziani nel suo libro suggerisce di mutare atteggiamento nei confronti delle persone e delle cose, cambiare lo sguardo, vedere la vita e il mondo con occhi diversi, cercare di capire ciò che sfugge, accettare le cose che sono sgradite e non si possono facilmente cambiare"
Direi ottimo suggerimento il suo e il tuo,grazie Pino.
Siamo affamati nell'abbondanza. Ed è proprio la quantità che, in qualche maniera, determina la nostra scontentezza. "Cambiare lo sguardo...accettare le cose che sono sgradite...", dice Veneziani. Però, se io passeggio in una strada qualsiasi della periferia di Roma calpestando rifiuti di ogni genere, costretto a guardare graffiti e pubblicità dappertutto e scansare i rivoli di urina dei cani lungo i marciapiedi ed evitare le macchine in sosta selvaggia...ebbene - mia cara L. - io mi rattristo e non riesco a "cambiare lo sguardo".
EliminaUn caro saluto.
Si capisco il tuo "scontento" ,quel senso di sofferenza che rappresenta una sorta di palla al piede nel tuo tragitto ben descritto , la dolorosa consapevolezza ,ma svoltando l'angolo io so bene che la tua visione cambia,riesce ancora a cogliere i tratti della bellezza e delle opere ,di quella forma di arte intramontabile.
EliminaCi sono post che dimostrano "la tua visione diversa", che non vuol dire indifferenza alla rovina e al male... ma possibilità di poter e dover cambiare lo sguardo...
La ginestra si piega ma non si spezza , consola l'uomo nel deserto della sua esistenza..
L.
Se hai un pizzico di sensibilità non puoi non soffrire di fronte a certi spettacoli di degrado urbano. Ma ho l'impressione che la gente neppure se ne accorge, impegnata com'è a guardare.... altro. Certo, poi c'è la bellezza: basta svoltare l'angolo. Però la bruttezza comunque resta, sostenuta dalle autorità che ci governano e dall'inciviltà della gente
EliminaGrazie a te per il ricco ed esauriente commento. Io non aggiungo altro.
EliminaQuando il discorso diventa politico, si cade inevitabilmente nella solita e spesso abusata contrapposizione ideologica: destra e sinistra. Contrapposizione che a volte non è possibile ignorare. E’ un criterio, questo, che nasce in tempi storici molto lontani da noi al fine di etichettare e qualche volta semplificare, attraverso due sole parole, un modo di pensare e di essere diversi. Lungi da me l’idea di addentrarmi in una simile diatriba su cui sono stati versati fiumi d’inchiostro. Quello che mi preme dire è che il “pensiero” - in quanto massima espressione creativa dell’intelligenza umana - che si esplica attraverso la letteratura, la poesia, la musica, l’arte in generale, non dovrebbe essere misurato con il metro dell’ideologia politica. Eppure succede. Come scrivi molto bene tu, sentiamo ancora “questo bisogno maligno di chiudere in una cornice precisa qualsiasi momento dell’intelletto”. Insomma, c’è sempre qualcuno, di destra o di sinistra, che cerca di tirare dalla sua parte un artista del passato, un poeta o un letterato o un pittore. Ma l’artista crea in piena libertà, non è legato a nessuno, è di chi sa apprezzare le sue parole, i suoi dipinti, i suoi versi, la sua musica. Ed è a loro che dobbiamo affidarci quando ci sentiamo scontenti del mondo che ci circonda. E’ proprio il “metafisico” la nostra “unica ancora di salvezza”.
RispondiEliminaGrazie Enzo per il tuo commento