“Si parla per risonanza e le
parole non nascono più dal pensiero. La testa si è svuotata e ognuna ha
generato un mobile, un telefonino che suona, per chiamare un altro
telefonino che suona anch’esso. Sentendone suonare uno, ogni uomo accende il
proprio e al rumore che esce dalle fauci si unisce il suono di sette miliardi e
duecento milioni di telefonini, che produce in ogni minuto sette miliardi e
duecento milioni di sms vocianti. Così tutti devono rispondere e, per
rispondere, devono alzare il tono del telefonino. E le urla del telefonino si
uniscono alle urla dell’uomo di superficie e persino in Cielo giungono urla
disumane e gli angeli si spaventano. Jahvè urla come si fosse giunti al
Giudizio universale, ma non si riesce più a distinguere un telefonino da un
uomo e nasce un caos perché all’Inferno al posto di un peccatore viene talvolta
inviato un mobile. (…) Ciò che serve è la parola. I concetti sono ormai
putrefatti, l’iperuranio è un cimitero. Domina la parola. Esce dalla bocca ed è
sputata contro un’effige umana che subito sputa una frase che, a propria volta,
genera un periodo.
Ognuno si sputa parole addosso
(…) Siamo fatti tutti di rumori e abbiamo bisogno di rumori per dare energia al
rumore. Esistono studenti che leggono il trattato di filosofia teoretica mentre
dalle cuffie giunge loro un brano di musica techno e allo stesso tempo parlano
al telefonino con un interlocutore virtuale, che non c’è. Tutto deve avvenire
in tempo reale e occorre muoversi senza un perché e senza un piano,
semplicemente per lo stimolo a cui occorre dare subito una risposta. Ogni uomo
ha raddoppiato e sovente triplicato la propria quota di rumore, poiché si trova
all’interno di uno o due telefonini e, in quest’ultimo caso, anche i telefonini
si parlano. Il risultato è sempre e soltanto il rumore.
Quando si incontra un uomo che
non emette rumori, o è morto oppure è folle. In quest’ultimo caso, il tono
della voce è flebile, l’espressione sotto tono e, così, non riesce mai a farsi
sentire. Sindrome gravissima poiché non permette l’azione in tempo reale e
mantiene l’uomo nella fase che precede il fare e così non agisce. E’ la
malattia di chi immagina prima ciò che dovrebbe fare dopo e, così, non entra
mai dentro il rumore e finisce solo per subirlo, senza creare la giusta parte
che gli spetta come uomo di superficie. (…) Sono spaventato dalla regressione
dell’uomo che vorrei fosse solo un mio delirio, ma che osservo invece dirigersi
lentamente verso il primitivo e il selvaggio. E’ questa la superficie dell’uomo
ridotto a un meccanismo di apparenza e a un sopravvivere come una farfalla che
non sa immaginare per quale significato continui a volare. Ho assistito a un
progressivo vantaggio evolutivo della stupidità e ho constatato che
l’intelligenza e la creatività sono state poste ai margini come qualità
inferiori di un vivente inferiore. La stupidità è uno stadio intermedio verso
il non senso, verso il fare senza capire, al fare come automatismo per essere.
Questo stato doveva definire un robot. E’ diventato l’uomo, l’uomo metropolitano.
Sono testimone di come sia rapida la morte di una civiltà che ha richiesto
secoli e fatica per essere costruita, pur senza raggiungere la perfezione. Una
torre cresciuta a poco a poco e d’un tratto ridotta a macerie…”
Tratto da “BEATA SOLITUDINE – Il
potere del silenzio” (Piemme)
Vittorino Andreoli
L'altro ieri, mentre parlavo con una persona che si lamentava dell'uso improprio del cellulare, è squillato improvvisamente il suo. Non se ne può più, mi ha detto mentre lo estraeva dal taschino. Intanto, sono rimasto come un fesso ad aspettare che finisse la telefonata. Ecco, queste cose tra persone civili non dovrebbero succedere. Una volta nessuno si sognava di far ascoltare la propria telefonata agli altri. Ci si rinchiudeva in una cabina telefonica. Invece ora cerchiamo l'uditorio e se intorno a noi non c'è nessuno, evitiamo di telefonare. Io penso che quando si sta in mezzo agli altri, lo smartphone andrebbe tenuto spento. Sui mezzi pubblici - e in particolare sul treno - in macchina, nei ristoranti, al bar e in tutti quei luoghi in cui non siamo soli, l'uso del cellulare andrebbe vietato. Abbiamo vietato il fumo nei locali chiusi, non vedo perchè non si possa estendere il divieto a questo strumento in certi contesti. Sarebbe un bel gesto di civiltà e di igiene mentale, visto che spontaneamente nessuno lo fa.
RispondiEliminaTu - cara Valeria - dici di non amare i telefonini? E allora uno come me, che nemmeno ce l'ha, che dovrebbe dire? Spegnetelo e usatelo solo in quelle situazioni davvero urgenti!
Ciao :)
Compare spesso nei tuoi post Vittorino Andreoli,uno psichiatra che sa leggere a distanza la sofferenza dell'anima di molti,in questa era di connessione tecnologica che penalizza fino allo sconforto quella spirituale...
RispondiEliminaIn un altro blog facevo accenno a questo libro in riferimento a quella necessità di ritrovare una dimensione contemplativa di una vita che sappia riemergere dopo una lunga sepoltura fra i rumori per dare spazio «a quel monaco che si nasconde nel profondo di ciascuno di noi, al suo bisogno di solitudine e di mistero, perché una vita pienamente umana non può fare a meno dell'invisibile»
Buona serata e grazie per la condivisione
L.
E' vero, faccio spesso riferimento a Vittorino Andreoli. D'altra parte, quando si vive in una società di matti, (sorrido...) a chi ti rivolgi, per capire, se non a uno studioso del settore? E Andreoli, che li ha frequentati per una vita, li conosce molto bene i matti. Io ne vedo tanti in giro che parlano da soli ad alta voce; o meglio "si sputano parole addosso". Si, siamo sommersi dai rumori, in primis dai rumori delle parole. Schopenauer diceva che la somma di rumori che un individuo può sopportare indisturbato sta in proporzione inversa alla sua capacità mentale. Quindi...il lavoro per uno psichiatra non manca di sicuro, di questi tempi :)
EliminaGrazie a te, L. e buona serata