martedì 19 aprile 2022

Un libro dissotterrato: "Gli ultimi sensuali"

 


Parlavo l’altra sera con mia moglie di Mario Puccini, a cui avevo dedicato un post, tempo fa. Lo ripubblico.

Mario Puccini, chi era costui? Oggi, sicuramente, mi sarei posto questa domanda se non avessi conosciuto – tanti anni fa - una giovane ragazza (diventata poi mia moglie), che stava scrivendo la sua tesi di laurea in Lettere Moderne sulla vita e le opere di uno scrittore marchigiano, nato a Senigallia nel 1887 e morto a Roma nel 1957: Mario Puccini. Ricordo che la suddetta laureanda (che viveva nel Cilento) - non riuscendo a trovare un paio di libri di questo scrittore, ed essendo venuta a conoscenza che il figlio Dario Puccini (critico letterario ed uno dei massimi studiosi di letteratura spagnola) viveva a Roma - mi pregò di contattarlo, per recuperare quei testi, fondamentali per la preparazione della sua tesi di laurea. Devo dire che Dario Puccini mi accolse nella sua abitazione con squisita gentilezza e - nel fornirmi i due volumi tanto ricercati - mi omaggiò anche di un altro romanzo “Gli ultimi sensuali”, scritto sempre dal padre Mario (Garzanti editore – 1944). Ricordo ancora che lo “abbandonai” sullo scaffale della mia libreria, senza degnargli neppure uno sguardo, tra quei libri in attesa di essere letti. E lì è rimasto per oltre quarant’anni, con le sue pagine sempre più ingiallite dal tempo. Poi, giorni fa, chissà per quale oscura e misteriosa ragione - visto che già altre volte nel passato l’avevo preso tra le mani senza mai decidermi – ho avvertito una strana sensazione: era arrivato finalmente il momento di leggere “Gli ultimi sensuali” di Mario Puccini. L’ho preso con estrema delicatezza, come se fosse una cosa preziosa e rara e man mano che proseguivo nella lettura mi sono accorto che le pagine - che si erano mantenute intatte per tanti anni, seppure ingiallite – iniziavano a staccarsi dal dorso una ad una, come quando un innamorato sfoglia una margherita ripetendo “m’ama o non m’ama”. O come accade a un reperto archeologico che, mantenutosi integro per tanti secoli sepolto sotto una coltre di terra, si sgretola una volta rinvenuto e portato alla luce del sole.

Ma le parole erano intatte, limpide, senza tempo. Una prosa dal sapore antico, se mi è consentito, così lontana dalle mode effimere della letteratura usa e getta dei nostri giorni. Il libro contiene tre brevi racconti, incentrati su tre diverse tematiche: l’amore, l’amicizia e l’impotenza, condizione quest’ultima intesa come inadeguatezza del proprio ruolo sociale. L’autore porta avanti la sua narrazione attraverso personaggi riservati, schivi, dall’indole solitaria che appartengono ad una condizione umana inappagata e alienata e ne indaga l’aspetto psicologico della loro esistenza. Mi piace qui riportare l’incipit del primo racconto che io ritengo sia il più bello, quale assaggio dello stile narrativo di questo autore. Il protagonista è un professore che vive a Varese e conduce una vita solitaria, tra la scuola dove insegna e la camera in cui vive. Non avendo né affetti, né amici, né distrazioni decide di ritornare nel suo paese d’origine, per ritrovare ciò che laggiù aveva lasciato di caro e forse il meglio della sua vita: il suo antico amore.

 

“Trentadue anni che non ritornavo tra le mura, nelle vie; che non respiravo l’aria della mia città. Ma sono contento di essermivi riaffacciato in queste giornate: che da tempo non è più estate, ma il tardo, l’ultimo autunno non è ancora precipitato con le sue ore scopertamente grevi, mollicce: e il sole non è più troppo caldo, pieno, ma neanche si arrende languido e docile al vento che sgruppa ed allenta con estrema facilità le nuvole sulle quali il suo bagliore s’infila e sparpaglia. Al mare non si andava già più in queste mattine; ma la città pareva diventata come più piccola, più meschina: le piazze, le contrade, le case, le piante, sembrava avessero perso ciascuna qualche cosa; una sorta di patina bigia, come una ruggine, macchiava e incupiva tutto…”.

Di questo autore Vasco Pratolini (leggo su Wikipedia) ebbe a dire: “uno dei maestri a cui la letteratura italiana deve rendere giustizia”. Ma la buon’anima di Puccini sta ancora aspettando. I suoi libri non si trovano più da nessuna parte…e chissà se c’è ancora qualche temerario che si spinge a fare una tesi di laurea su di lui. Io credo che un romanzo non muore mai fino a quando c’è qualcuno che lo legge e ne parla. Perché leggere un libro introvabile e dimenticato da tutti è come riesumarlo dall’oblio del tempo e dargli nuova vita.

 


4 commenti:

  1. Hai aspettato "oltre quarant'anni" per leggere quel vecchio libro di Puccini, ma alla fine ce l'hai fatta. Mi congratulo con te! :)
    Mi è piaciuto molto il modo come l'hai raccontato, questo libro, che io non conosco, così come non conoscevo il suo autore. E sono d'accordo con te quando scrivi che "un romanzo non muore mai fino a quando c'è qualcuno che lo legge e ne parla".
    Ciao Pino
    Francesco

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    1. Si ce l’ho fatta, caro Francesco. Non so spiegarti il perché lo abbia letto di recente e non quarant’anni prima. Forse non era ancora vecchio abbastanza: come forse saprai – se mi segui un po' - per me i libri devono invecchiare come un buon vino 😊. Quelli con le copertine lucide, tutte uguali che si vedono nelle vetrine delle librerie non sempre mi piacciono. Certo, frequento le librerie e compro anche libri di autori contemporanei, e ce ne sono di validi. Però, adoro le vecchie edizioni con le pagine ingiallite dal tempo e per questo mi piace gironzolare anche per i mercatini dell’usato. E poi, le storie ambientate nel presente - lo confesso - non mi attraggono più di tanto, forse dovevo nascere in un’altra epoca 😊 Ciao Francesco

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  2. questa volta mi cogli totalmente impreparato, di questo autore non sapevo nemmeno che fosse esistito e a quanto mi dici non potrò leggere neppure un rigo.
    ma mi piace la vicenda personale tua che ti ha portato alla sua scoperta e come poi abbia dovuto attendere quarant'anni per essere letto.
    ml

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    1. Si, è un autore che coglie tutti impreparati. Povero Puccini! Pensa che la mia è l'unica recensione presente in rete. Chissà...forse, da qualche parte, mi sta ringraziando. :)
      Ciao Carlo e buona domenica.

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