mercoledì 3 novembre 2021

Raccogliere le olive

 


Alle otto di mattina, quando il sole sbucava da dietro i monti, ero già lì: nella mia campagna sulle colline del Cilento, tra i miei olivi. Alcuni sono secolari, maestosi, con quel tronco incavato, attorcigliato e gibboso, tanto che nell’osservarli uno si chiede come possano dare linfa ai propri frutti. Stanno lì da qualche centinaio di anni e se potessero parlare mi racconterebbero dei miei bisnonni…e poi di mio nonno e poi ancora di mio padre. Altri olivi, invece, sono molto più giovani, piantati dallo scrivente solo una trentina di anni fa. Mi vedranno morire mentre loro sfideranno i secoli, almeno me lo auguro. Anch’io lascio qualcosa di importante su questa terra. Li accarezzo – tutti - con lo sguardo, avvolto dal silenzio e protetto dalla loro imponenza e dalla loro bellezza. Mi danno pace, serenità. Piantare un olivo, di questi tempi, è un gesto quasi rivoluzionario. Un albero, che sia un olivo, una quercia o quant’altro, non si pianta mai solo per sé ma anche per chi verrà dopo. E solo Dio sa quanto siano importanti e fondamentali, oggi, gli alberi per la nostra stessa sopravvivenza.

Come ogni anno, a partire dalla seconda metà di ottobre, mi dedico a questo rito antico che si perde nella notte dei tempi: la raccolta delle olive. Non serve internet, non serve il cellulare, non servono i social: basta un po' di passione, un po' di amore per la natura e poi un rastrello per “pettinare” i rami, un telo su cui far cadere le olive e un seghetto per tagliare quelle cime che svettano verso il cielo dove le mani non arrivano. Si, servono proprio le mani che noi oggi usiamo solo per spingere pulsanti o per smanettare, ma solo con due dita, su uno smartphone. E’ inutile nasconderlo, ma stiamo diventando sempre più deboli fisicamente, inetti, svuotati, incapaci di fare la minima fatica; abbiamo disimparato a fare ogni cosa che prima si riteneva normale conoscere. Abbiamo perso manualità, autosufficienza, antiche conoscenze. Compriamo tutto, anche quelle cose che un tempo si facevano in casa, come il pane, la pasta, le conserve. Non sappiamo più coltivare un orto o raccogliere le erbe selvatiche o la legna nel bosco, perché ci siamo rinchiusi in città rumorose e caotiche, prigionieri di una tecnologia sempre più invasiva che ci controlla attraverso il Web, ci esamina e ci studia per poterci persuadere a comprare ora questo e ora quello attraverso una omologazione comportamentale e culturale che annienta la nostra libertà. La nostra mente. Per mantenerci in forma e non perdere l’uso delle gambe e delle braccia, frequentiamo le palestre, facciamo jogging in mezzo al traffico, anziché andare in altri luoghi più sani a fare cose diverse, a ripopolare i tanti piccoli borghi sparsi sul territorio, con l’orto sotto casa. Diamo tutto per scontato e non fatichiamo più per realizzare anche le piccole cose. Ma quando sudi, ti impegni, fatichi e realizzi qualcosa con le tue mani, la percezione che ne hai è del tutto diversa. Acquista un altro sapore.

Ero stanco, la sera, non lo posso negare. Ma era una stanchezza che, paradossalmente, mi faceva stare bene, niente a che vedere con quella stanchezza psico-fisica che ti prende stando seduto passivamente su una poltrona, davanti a un televisore acceso, sconfortato dalle notizie dei telegiornali e dalle facce di bronzo dei politici, quella spossatezza che ti svigorisce, che ti rende apatico, non più capace di fare il benché minimo movimento. Ma ero soddisfatto, la sera, quando ripercorrevo con la mente la mia giornata lavorativa, le mie attività agricole, quel “pettinare” i rami degli olivi per far cadere sui teli stesi a terra quei frutti meravigliosi da cui si estrae l’olio. Il mio olio. Ero ancora in grado di raccogliere le olive, da solo o in compagnia, nonostante questa nostra spietata e sbiadita società ci allontani sempre di più da certe attività manuali, da certi antichi gesti. Ero soddisfatto perchè mi inorgogliva quella fatica. Guardavo la mia bottiglia di olio novello posata sul camino, dal colore verde scuro e con quel suo aroma intenso, fruttato ed erbaceo, ed ero felice. Felice di poterlo gustare su una fetta di pane.


9 commenti:

  1. Gli uliveti sono lunghi sacri... sanno farsi apprezzare vivendola in pieno tale bellezza e lentezza, che procede ancora da generazione in generazione... nulla da spartire con la velocità e le priorità consumistiche che seducono in questi tempi.

    Portando avanti una tradizione di conservazione di olive nere dolci in salamoia, quest'anno anche la triste scoperta di furti di olive e melograni.

    Mi veniva spesso raccontato che un tempo per una questione di sopravvivenza alcune persone erano solite raccogliere residui di spighe di grano dopo mietitura ,ma oggi non penso sia una questione di "sopravvivenza"... che tristezza si percepisce.



    Buona serata e grazie per questo post.


    L.

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    1. Io ricordo invece le “olive ammaccate” sott’olio che preparava mia nonna e poi mia madre. Venivano selezionate le olive più grandi e polpose, non ancora giunte a maturazione, di una varietà chiamata “licinella”; quindi, queste olive, raccolte nel mese di settembre, venivano ammaccate e snocciolate con una pietra di mare e poi immerse in acqua e sale per diversi giorni, cambiando l’acqua ogni giorno. Una volta addolcite, venivano condite con olio extravergine, aglio e origano e poi pressate in un barattolo in modo da far uscire l’acqua in eccesso. Una vera specialità.
      Grazie a te e buona giornata

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    2. Non ho dubbi su questa "vera specialità",e su certe tecniche tradizionali di conservazione:),io ho cercato quanto ho potuto di conservare ricette tipiche annotandole su un diario e tirandole fuori nei vari periodi stagionali.In questi casi la buona riuscita del prodotto è data proprio dalla materia prima,e sappiamo coi mercati esteri cosa ci propinano,a partire dal grano e dagli oli.

      Che poi quel furto subito credo proprio che abbia fatto gola nel vedere un uliveto in mezzo al nulla quando in tanti hanno deciso di " tagliare con il passato" dimostrandolo a fatti tagliando alberi...

      Buona fine settimana


      L.

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    3. Mi piace mangiare italiano, perciò guardo sempre la provenienza dei prodotti.
      A proposito di furti di Olive: l'altro giorno passeggiavo in un parco, qui vicino casa, e ho visto un signore che si era arrampicato proprio su un ulivo (ce ne sono diversi nel parco) per raccogliere un pò di olive da conservare in salamoia. E' sempre un gesto riprovevole, anche se il comune di Roma quelle olive non le raccoglierà mai. Ciao L. e buona domenica

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  2. Proprio una settimana fa, passeggiavamo per un uliveto appena "pettinato", nel terreno dell'albergo in Tuscia, per una breve e deliziosa vacanza. Non coltivo nulla, da bravo cittadino, ho un rapporto controverso anche con i fiori in terrazzo. E me ne dispiace. Grave pecca. Per quanto nutra un occhio sensibile per la natura, l'arte, la bellezza, e ammiri le terre coltivate, le viti ricche, il vino e l'olio di qualità, mi sento distante da quelle fatiche, da quel crescere la terra e nella terra. Abbiamo altre frenesie che ci hanno disumanizzato quasi, resi come estranei a processi millenari, dei quali siamo pronti solo ad apprezzare i frutti, che altri lavorano con amore ancora intenso. Fai bene ad essere soddisfatto di pane e olio semplici, frutto del tempo che riesci a dedicare in apparenza a loro, ma in realtà a te, e alla tua fragrante felicità.

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    1. Grazie, Franco, per le tue belle parole. Anch’io sono un cittadino, forse sui generis, proprio perchè ho questa passione per la campagna, passione che non ho potuto coltivare come desideravo a causa del lavoro che mi ha costretto, tanti anni fa, ad abbandonare la mia terra, i miei olivi. Ma vi ritorno sempre più spesso, perché lì sono le mie origini e lì ritrovo me stesso, la mia vera identità. Quando sto in campagna mi sento bene perché assaporo il silenzio, non vedo macchine, respiro l’aria buona, non vedo gente nevrotica con gli occhi fissi su un cellulare, non incontro lungo il mio cammino rifiuti di ogni genere. E posso fare qualcosa tra l’utile e il dilettevole usando muscoli e mani senza dover fare ginnastica al parco o in palestra, o passeggiare in una strada superaffollata, ma lavorando, raccogliendo, tagliando, scavando, sollevando pesi…Certo, poi c’è l’arte, la bellezza che uno può cercare in una città come Roma, dove vivo da oltre quarant’anni…ma questo è un altro discorso.
      Un caro saluto

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  3. stupendo! Trasformare la fatica in conquista, in soddisfazione, è una cosa sempre più difficile da fare, perchè ci manca la passione per la semplicità, il gusto per i gesti genuini (e faticosi). Quella tua bottiglia d'olio è un bene prezioso.
    bellissimo post
    ml

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    1. Grazie, Carlo, per le tue belle parole. Un caro saluto

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