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mercoledì 10 marzo 2021

Il piacere di non leggere

 


Chi non legge, lo sappiamo bene, viene sempre bistrattato da chi, invece, si intrattiene e si diletta con i libri. Quante volte ci è capitato di sentire che nel nostro paese si legge poco…che le letture degli Italiani sono al di sotto della media europea…che le nostre competenze letterarie sono molto scarse. Per alcuni, appare addirittura stridente che l’Italia, il paese che ha dato i natali ai più grandi letterati, possa trovarsi agli ultimi posti di questa classifica. Michel Houllebecq, controverso scrittore e regista francese, dice che “se si ama la vita non si legge” e che l’accesso alla lettura “è riservato quasi esclusivamente a chi ne abbia un po' le palle piene”. In altre parole è come dire che ci lasciamo sedurre dal piacere dei libri e dalle loro storie solo quando siamo stanchi e delusi dalle vicissitudini della vita reale.

Ora io credo – pur essendo un discreto lettore amante dei libri - che ogni tanto bisognerebbe ridimensionare l’effetto miracoloso attribuito alla lettura e rivedere i nostri giudizi negativi su chi vive la propria esistenza felicemente senza libri. Si, perché questo continuo ritornello rivolto a chi non ha dimestichezza con le pagine scritte, questa rampogna enunciata con parole altezzose proviene, spesso, da soggetti interessati esclusivamente al proprio tornaconto economico: case editrici, giornalisti e volti televisivi e scribacchini vari che devono vendere la propria merce. E’ come se gli industriali del settore caseario si lamentassero della gente che non mangia formaggi o i macellai deplorassero i vegetariani.

Ma perché una persona che passa tutto il suo tempo libero a leggere dovrebbe essere migliore di chi, invece, si dedica al giardinaggio? o di chi va per i boschi a cercare funghi e asparagi selvatici? o di chi si diletta a zappettare un orto ricavandone zucchine e pomodori? Forse si può vivere, e bene, anche senza toccare un libro. E poi – ammettiamolo - le persone perbene ed educate così come gli ipocriti, gli idioti, i disonesti, gli arroganti, i saccenti, i cattivi, gli ignoranti… li troviamo in egual misura sia tra i lettori bulimici e raffinati che tra coloro che leggono solo il corriere dello sport o non leggono affatto. Insomma, non è detto che i libri abbiano necessariamente queste capacità taumaturgiche tali da migliorare il carattere, i sentimenti e le qualità dei lettori. Anzi, a volte succede che i libri generano dubbi, tormenti e tolgono quell’incosciente entusiasmo di prendere la vita così come viene, senza arrovellarsi troppo l’animo a forza di riflessioni e argomentazioni letterarie che, anziché farti vivere meglio, in qualche maniera ti deprimono. “Chi accresce il sapere aumenta il dolore”, sono queste le parole di Qoèlet. Certo, la lettura è un piacere, per alcuni, ma se per altri rappresenta un’inutile fatica è bene che costoro non insistano e non si sentano inferiori a chi mangia solo pane e libri; e, soprattutto, non si nascondano dietro quella frase ridicola: “non ho tempo per leggere”. Leggere è un diritto e un piacere quanto il non leggere. La lettura non si può imporre come una mascherina, perché non ci salva da nulla: né dalla pandemia, né dalla maleducazione, né dall’ignoranza.  La buon’anima di mio nonno – contadino che sapeva appena firmare e non aveva mai visto un libro in vita sua – oltre ad essere una persona estremamente serena, nonostante le difficoltà dei suoi tempi, era dotato di una straordinaria sapienza di vita che nessun libro poteva offrirgli, una sapienza di vita difficilmente riscontrabile, oggi, tra chi ha il “vizio” della lettura.

Diceva Schopenhauer – e lui di libri ne aveva letti e scritti – che “leggere equivale a pensare con la testa di qualcun altro invece che con la propria. Questa è la ragione perché colui che legge molto e quasi tutto il giorno, e negli intervalli si riposa passando il tempo senza pensare, a poco a poco perde la capacità di pensare da sé”. Io, nonostante tutto, leggo ancora qualche libro perché sono convinto che si possa migliorare la propria capacità di pensare, pur pensando “con la testa di qualcun altro”.


12 commenti:

  1. Come sempre i tuoi post fanno pensare,riflettere, ponderare ed è proprio questo che me lo fa apprezzare particolarmente. Da quando ho scoperto il tuo blog ne aspetto con curiosità ogni post perché so che non mi sarà indifferente e mi obbligherà, piacevolmente e con garbo, a pensare e a riflettere.
    Personalmente sono molto combattuto tra le due posizioni, ossia tra chi sostiene che la lettura sia un quasi indispensabile "cibo per la mente" e chi invece sostiene che si può vivere benissimo senza leggere. Fino ad oggi non conoscevo la "terza posizione", quella di Schopenhauer che mi ha colpito come una mazzata in piena faccia!
    Sono un lettore accanito, non direi compulsivo (forse un po'...) e se fino a qualche anno fa facevo parte di quelle persone che sotto sotto si sentono un po' "meglio" di coloro che non leggono, ora non la penso più così. Ho conosciuto lettori e lettrici accaniti umanamente miseri e persone che non hanno maio letto un libro in vita loro molto ricche umanamente. E, in genere, delle persone apprezzo più l'umanità che la quantità di libri letti.
    E'però cambiato anche altro, da un po' di tempo: credo di aver smesso di cercare risposte nei libri (e quindi, credo, avrei l'approvazione di Schopenhauer), cosa che facevo fino a poco tempo fa. Per decenni ho considerato che le risposte che cercavo, e che tutt'ora cerco anche con un po' di affanno, le avrei trovate sui libri. Non credo di pensarla più così, ma è certo che per me la lettura resta il primo piacere della vita (insieme alla Musica) e che a prescindere da qualsiasi considerazione fino a che la vista regge non smetterò mai di farlo. Anche se leggere "prende tempo" ad altre attività, alle quali evidentemente rinuncio volentieri.
    Un saluto!
    Orlando

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    1. Innanzitutto grazie – Orlando – per le tue generose parole di apprezzamento. Sei troppo buono. 😊 Certo, se il mio blog ha la capacità di far nascere riflessioni in chi legge, dalle quali fluiscono commenti belli e interessanti come il tuo, non posso che esserne contento. I commenti, a volte, sono addirittura migliori del post da cui scaturiscono.
      Vedi, anch’io sono un lettore appassionato, basta vedere quanti post ho dedicato ai libri. Quindi i libri, per me, sono importanti perché mi fanno una piacevole compagnia. Naturalmente è chiaro che si può vivere benissimo anche senza, così come si può vivere benissimo, secondo me, senza cellulare o senza seguire pedissequamente le mode o senza avere un profilo social, che oggi sembra fondamentale per l’esistenza. La lettura, certamente, arricchisce la persona che la pratica, ma sinceramente non so fino a che punto può renderla migliore o addirittura cambiare la sua vita. Come dici giustamente tu “sotto sotto” noi che leggiamo qualche libro ci sentiamo quasi superiori agli altri che non leggono. E l’intento del mio post era proprio questo: sfatare questa supposta superiorità del lettore nei confronti del non lettore. La vita offre possibilità a tutti: a chi legge cento libri all’anno e a chi ne legge uno solo. Poi le conseguenze saranno sotto gli occhi di tutti. Il libro, tutto sommato, nell’accezione consumistica di questa nostra società, è un bene inutile, che non serve a fare soldi e può considerarsi il superfluo della vita. Eppure – caro Orlando - se noi abbiamo da mangiare e da dormire, abbiamo cioè le cose che in una società civile ognuno dovrebbe avere, non per questo siamo felici. A volte abbiamo bisogno di un mazzo di fiori, di una cravatta, di un portafogli nuovo (senza soldi), e perché no…di un bel libro che ci procura quella felicità immateriale fatta di stimoli, di idee, di fantasia che ci porta magari a comprendere qualcosa prima non compresa, che ci fa volare in un mondo immaginario, magari migliore di quello in cui viviamo. Ciao, e un caro saluto a te

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  2. questo ragionamento, per certi versi ineccepibile, tu te lo puoi permettere proprio perchè sei un lettore ben allenato.
    Shopenhauer evidentemente pensa a un lettore passivo, ozioso, che accumula parole lette come potrebbe collezionare tappi di bottiglia.
    non è così, la lettura, almeno per lettori come noi, è un continuo confronto tra ciò che c'è scritto e ciò che pensiamo, è riflettere, condividere, dissentire, argomentare, anche quando si è soli con il proprio libro.
    massimolegnani

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    1. E’ vero quello che scrivi, Carlo. Solo uno che legge può fare l’elogio – diciamo così - di chi legge solo la lista della spesa, o meglio, può mettere i due soggetti sullo stesso piano, la cui scelta di vita comunque merita pari dignità culturale. Shopenhauer si poteva permettere tutto perché era Shopenhauer. E poi – detto tra di noi - mi sta pure bene “pensare con la testa di qualcun altro”. Basta scegliere la testa giusta: e la testa di Salvini o di Renzi o della Gelmini…tanto per fare qualche nome, non è come quella del filosofo tedesco 😊

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  3. Ritengo anche io la frase di Schopenahuer come provocazione. Paradosso del lettore bulimico che non alterna la critica, e non dialoga con il proprio arricchito punto di vista. La lettura è un'apertura mentale incredibile, un portale fantastico su un immaginario irrinunciabile.
    Oh poi si può rinunciare. Certo si può. Ma non mi riguarda ;)

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    1. Vedi, Franco, se noi prendessimo quella frase di Schopenahuer e la adattassimo ai mezzi di informazione di massa che oggi veicolano il nostro pensiero e il nostro modo di pensare, potremmo dire che “ragionare, oggi, equivale a ripetere la stessa tiritera di notizie che ci vengono propinate dai mass media invece che attingere dalle nostre esperienze di vita. Questa è la ragione perché colui che guarda molta televisione e sta sui social e quasi tutto il giorno, e negli intervalli si riposa passando il tempo senza pensare, a poco a poco perde la capacità di pensare da sé”. Voglio dire che se oggi la buonanima di mio nonno – menzionato nel post - incontrasse un suo conoscente, non parlerebbe con lui – come si faceva un tempo, quando i mezzi di informazione non erano così asfissianti - di come si cura una vigna o di come si possono produrre delle ottime melanzane nell’orto, informazioni queste che arricchivano sia l’uno che l’altro, perché alla base di chi parlava e di chi ascoltava c’era sempre una diversa concezione della vita, una differente coscienza delle cose che succedevano. No, oggi i due amici parlerebbero di tutt’altro, i loro discorsi sarebbero rivolti al delitto del momento, parlerebbero di Grillo e di Renzi... del festival di San Remo, di pettegolezzi mediatici e di tutte quelle notizie, costruite ad arte, che plasmano le coscienze e tendono ad abolire le differenze che ancora sussistono tra gli uomini. Insomma per dirla con Shopenhauer, “a poco a poco si perde la capacità di pensare da sé”. Quindi, provocatoriamente, non succede solo leggendo libri 😊

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  4. Molto elevato il messaggio di questo post che ho recepito come dono e te ne ringrazio.

    Qui non viene sminuito il valore di un libro (anche perché ci sono citazioni tratte dagli stessi con cui Pino è riuscito
    a incanalarci in modo arguto e costruttivo)ma viene avvalorato il senso profondo e culturale della nostra vita che non può essere messo sulla bilancia della quantità se serve a mettere in dubbio il valore qualitativo dell'altro su cose in cui magari si è più carenti e goderne per compensarsi vicendevolmente senza il gusto della prevaricazione.

    Mi ha molto commossa l'aneddoto di tuo nonno ...e a proposito di libri letti :)ci ho visto un allineamento di pensiero con Alessandro D'Avenia nell'arte di essere fragili che abbraccia tutto il bel senso di questo post.

    "I latini per "curare" usavano la parola colere da cui cultum,da cui il termine "cultura"(l'agricoltura non era altro che il prendersi cura del campo).La cultura non ha nulla a che fare con il consumare oggetti culturali:ci si illude che consumando più libri, più musica, più quadri,si acquisirà più cultura.Conosco persone che consumano tantissimi oggetti culturali, però questo non le rende più umane,anzi spesso finiscono con il sentirsi superiori agli altri.Cultura vuol dire stare nel campo,farlo fiorire,a costo di sudore.Significa conoscere la consistenza dei semi,i solchi della terra,i tempi e le stagioni dell'umano e occuparsene perché tutto dia frutto a tempo opportuno.Nella cultura ci sono il realismo del passato e del futuro e la lentezza del presente,cosa che il consumo non conosce:esso vuole rapidità e immediatezza,non contempla la passione e la pazienza".

    Buonanotte


    L.

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    1. Grazie, L. per questo tuo contributo, sempre molto incisivo. Le parole di D’Avenia mi trovano d’accordo: ci si illude di essere migliori e più umani leggendo più libri, ma non basta se ai libri, che restano comunque fondamentali per la nostra crescita culturale, non facciamo seguire una maniera diversa di stare al mondo, o di “stare nel campo, farlo fiorire, a costo di sudore”, come dice D’Avenia. Mio nonno - mi piace ritornare ancora una volta a lui - aveva un solo rimpianto: quello di non aver potuto studiare e quindi di non saper né leggere né scrivere. Quando mi vedeva leggere, mi diceva, sempre: non dimenticare che tutto viene dalla terra, anche il libro che hai tra le mani! E, soprattutto, ricordati di non disprezzare né la terra né chi la lavora! E mi sembrava che accarezzasse quasi con gli occhi quell’oggetto culturale che lui non poteva possedere, così diverso dalle cose che gli appartenevano. Mi faceva tanta tenerezza e devo dire che quel suo candore, quella sua umanità, quel suo modo semplice e naturale di rapportarsi con le cose della terra e della vita – caratteristiche, queste, che non hanno nulla a che fare con la cultura – oggi io faccio fatica ad intravederle sul viso di chicchessia, e tantomeno sul viso di chi legge un libro al giorno. Buona serata e un sorriso.

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  5. Non ho mai pensato che lettore sia meglio di non lettore. Ho sempre sostenuto invece, che la lettura mi abbia arricchito profondamente. Sicuramente sarà così anche piantare una rosa. Non è una competizione ma scelgo quel che più mi piace. E leggere, mi piace. Shopenhauer era un misogino e un misantropo oltre ad essere un provocatore. Dubito pensasse davvero che leggere altri fosse disimparare a ragionare con la propria testa, altrimenti avrebbe smesso di scrivere e filosofeggiare. E non mi pare lo abbia fatto.
    Felice di fare la tua conoscenza, Pino. A presto.

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    1. Grazie a te di essere qui, Mariella. Si, forse Shopenhauer era un misogino, forse era un misantropo e senz'altro era un provocatore: ma era senza alcun dubbio una grande mente altrimenti non staremmo qui a parlare di lui. E poi io credo che, tutto sommato, quella sua frase non sia affatto una eresia. Quando leggiamo ci impossessiamo sempre del pensiero altrui: l'ho fatto anch'io con quella sua citazione. E le parole che leggiamo ci arricchiscono e ci fanno riflettere. Sempre. Grazie davvero per le tue parole e un caro saluto

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  6. Ho letto da poco UN libro su Montaigne, che asseriva che bisogna leggere e poi dimenticare quello che si è letto. Chissà, forse il senso era proprio quello di cui parli in questo post interessante. Leggere mantenendo la propria autonomia di pensiero.

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    1. Proprio così, Silvia: "leggere mantenendo la propria autonomia di pensiero". Grazie per il tuo commento

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