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mercoledì 8 luglio 2020

Lo scrittore fantasma



Credo che per scrivere un libro nel terzo millennio – e mi riferisco soprattutto a chi si azzarda a pubblicare la sua prima opera letteraria - occorra avere davvero tantissimo coraggio. O tanta superbia, a seconda dei punti di vista. Basta entrare in una qualsiasi libreria, anche la più piccola, per accorgersi che il mondo non ha bisogno di un nuovo libro.

Tutto ciò che c’era di importante da scrivere, secondo me, è stato già scritto. Mi riferisco, naturalmente, alla buona letteratura e non alla spazzatura che oggi imperversa; e penso al libro come spazio della fantasia e non come semplice prodotto di mercato. Chi ha un po’ di dimestichezza con i libri sa dove cercare e dove attingere, perché esistono buone riserve, grazie ai grandi autori del passato che hanno lasciato opere indispensabili per la nostra formazione culturale. Con questo non voglio dire che non si debba più scrivere o che non ci siano giovani talenti in grado di fare ancora buona letteratura: me ne guardo bene da una simile affermazione. Però quello che vedo in giro mi lascia molto perplesso e mi induce a fare questa riflessione. Mi domando, quindi, perché mai dovremmo leggere un romanzo di Giovanni Floris, che sarà pure un bravo giornalista, ma non credo abbia la stoffa dello scrittore; Gigi Buffon è senz’altro uno dei più grandi portieri della storia del calcio, ma non si dovrebbe avventurare in campi che non gli appartengono; Matteo Renzi continui pure a fare politica – se proprio non sa che fare - ma lasci perdere la carta stampata. L’elenco dei nuovi scrittori sarebbe lunghissimo, ma mi fermo qui. Se dovessi dare un consiglio a questi personaggi famosi, direi loro: cercate di fare bene il vostro mestiere, provate a leggere qualche libro in più e risparmiateci le vostre opere letterarie. Oggi fanno letteratura - sto usando una parola grossa – soprattutto i volti noti della televisione e della carta stampata i quali - se non fossero tali - venderebbero tanti libri quanti ne potrebbe vendere il mio amico macellaio, qualora decidesse di abbandonare i quarti di bue per darsi alla scrittura. E lo dico senza nulla togliere a chi mi fornisce dell’ottima carne, perché  sono sicuro che lui ha più talento dei tanti personaggi noti, le cui facce sorridenti spuntano dalla quarta di copertina dei loro “capolavori” in mostra nelle vetrine delle librerie.

E’ sempre attuale quel motto di Leopardi che recita: “è più facile ad un libro mediocre d’acquistare grido per virtù di una fama già ottenuta dall’autore, che ad un autore di venire in reputazione per mezzo di un libro eccellente”. Se questo assunto era già valido ai tempi del poeta di Recanati, figuriamoci oggi che viviamo perennemente in una sorta di società dello spettacolo: se non sei un volto conosciuto, anche se hai ottime qualità, vieni inevitabilmente tagliato fuori dal mercato editoriale perché gli editori, quelli importanti, hanno ormai abdicato alle loro responsabilità culturali. Il personaggio famoso fa vendere, e chissenefrega della qualità dei libri e della scrittura. Ma va detto che se attualmente prolificano tanti scribacchini – alcuni dei quali non sarebbero capaci di scrivere neanche la lista della spesa - è perché esiste sul mercato una figura molto ricercata a cui si rivolgono questi geni con velleità letterarie: è lo “scrittore fantasma”. Si tratta di un autore che sa usare molto bene la penna; costui non scrive per sé ma per gli altri e cioè per quelli già famosi e per le grandi personalità del mondo dello spettacolo e della televisione. Tra questi spicca un talentuoso e scaltro scrittore inglese, tal Andrew Crofts, il quale ha capito molto bene il sistema ed ha scoperto il modo per fare un po’ di soldi scrivendo libri per i suoi clienti più importanti e popolari. E’ un perfetto sconosciuto questo Crofts, il suo nome infatti non appare mai in copertina. Ha pubblicato, in quarant’anni di carriera, oltre ottanta libri molti dei quali hanno scalato le classifiche di vendita inglesi, con decine di milioni di copie vendute. Viene contattato da editori, agenti letterari, da vip e romanzieri, anche sconosciuti (un migliaio di richieste annuali): e lui - attraverso la storia che gli viene commissionata e guardando il mondo con gli occhi di un altro, ossia “l’autore” del libro – scrive senza sosta oscurando il suo nome. Elabora in media tre libri all’anno e al suo cliente chiede “soltanto” 130.000 euro per ogni libro pubblicato. Vi consiglio, però, di non provarci perché se non siete delle star, se non avete partecipato neanche a un “grande fratello” e non siete mai stati ospiti a “che tempo che fa”, rischierete di buttare al vento molti soldi, perché il libro – seppure fosse scritto dal re dei bestseller Andrew Crofts – lo comprerebbero solo i vostri familiari: quelli più stretti.

10 commenti:

  1. quello dello scrittore fantasma credo sia un mestiere molto antico perchè da sempre personaggi famosi hanno l'ambizione di eccellere anche in un campo non loro. Penso a Churchill che se non ricordo male è arrivato addirittura al Nobel per la letteratura con le sue (?) memorie.
    e chissà se il De bello gallico è tutta farina di Cesare che era talmente impegnato in campo militare e politico che non so dove e se abbia trovato il tempo per scrivere.
    ml

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    1. E' proprio così: è un mestiere antico e redditizio. A volte mi domando - così senza andare molto indietro nel tempo - come faccia Ken Follet a sfornare un libro all'anno grande quanto un vocabolario...ciao Carlo

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  2. Tu non ci crederai, ma proprio qualche giorno fa parlavo con un amico del fatto che un mio sogno era fare il ghost writer.. encomi e soldi in caso di successo, nessuna ritorsione mediatica in caso contrario.. ;)

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  3. Ciao Pino,si usa dire che in Italia ci sono più scrittori che lettori e visto come procede la vendita dei libri non stento a crederlo, ma sono altrsi'convinto che nonostante la abbondanza di titoli c'è ancora bisogno di buoni libri. Concordo con te che i tanti, più o meno noti dovrebbero abbandonare la penna ma la colpa è del popolo della Tv, convinto che i televisivamente noti, siano anche menti ecclettiche.
    Per il resto concordo con il pensiero tuo e del recanatese.
    Ciao fulvio

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    1. Grazie Fulvio per essere passato da queste parti. Le tue parole mi trovano d’accordo. Io credo che la degenerazione della scrittura abbia abbassato notevolmente la qualità della domanda di lettura: la gente preferisce i libri dei divi della televisione. Punto. E poi il lettore è invogliato a comprare un romanzo soltanto se lo stesso viene presentato e divulgato in TV, come qualsiasi altro prodotto commerciale.
      Ciao e buona serata

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  4. " e penso al libro come spazio della fantasia e non come semplice prodotto di mercato"

    "Prodotto di mercato"... in fondo pensavo proprio al mercato come luogo di scambio tra domanda e offerta,tra acquirenti e venditori.Basterebbe che i primi fossero un po più consavepoli delle loro scelte culturali(?) ,con l'acquisto di libri di VIP,e gente che ti entra in casa quotidianamente a più non posso.Quello che intendo è la mancanza di saper discernere un libro spazzatura da un buon libro, l'incapacità di saper cogliere l'essenza della bellezza anche in ambito letterario,seguendo le" mode" del momento.

    Poi gli "editori" che ormai hanno rinunciato responsabilmente a diffondere il "culto" di un buon libro con quello prettamente di guadagno economico è ormai un processo che segue il direttamente proporzionale tra domanda e offerta.

    Grazie e buon inizio settimana!


    L.

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    1. Siamo quel che leggiamo, cara Linda: c'è chi preferisce i libri di Luciana Littizzetto e c'è chi, invece, si forma sui grandi autori della letteratura dell'Ottocento e del Novecento. De gustibus.... Senza dimenticare molti bravi scrittori contemporanei, che non hanno nulla da spartire con i divi della televisione che vanno tanto di moda e con gli scrittori fantasma.
      Grazie a te e buona serata.

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  5. ho letto che ogni in Italia si pubblica un libro ogni 1000 abitanti

    si, non c'è molto bisogno di nuovi libri, però se uno vuole scrivere lo faccia, a patto che sia consapevole della cosa

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  6. Ogni anno si pubblicano in Italia oltre 60.000 titoli. Ma chi li legge? Ciao Francesco, e non correre troppo...con questo caldo!

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