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lunedì 9 dicembre 2019

La sacralità delle cose



Non credo a un progresso illimitato. Io penso che se non sapremo trovare nei prossimi anni un nuovo modo di “fare sviluppo”, se non riusciremo ad abbracciare una nuova filosofia di vita, gli scenari che si prospettano saranno davvero disastrosi. Abbiamo smarrito, da un po’ di tempo a questa parte, quel modello di società che racchiudeva al suo interno alcuni valori quali la sacralità, l’equilibrio, la sobrietà, la semplicità. E’ ovvio che non si può tornare al passato – che tra l’altro non è stato mai un paradiso – però io credo che in quel passato recente si possano trovare alcune lezioni di vita utili per affrontare meglio il futuro.

Quelli della mia generazione, nati a cavallo tra gli anni 50/70 del secolo scorso, hanno vissuto un lento e graduale passaggio da un’economia di beni necessari ad una più dispendiosa di beni superflui. In mezzo c’è stato il cosiddetto “boom economico” che si lasciava alle spalle un mondo di miseria e difficoltà, per fuggire dal quale i nostri nonni, prima, ed i nostri genitori, dopo, emigravano nelle Americhe o negli stati del nord Europa in cerca di fortuna. Oggi, le nuove generazioni – mi riferisco ai nostri figli ed ai nostri nipoti – vivono in un’epoca di grandi trasformazioni economico-sociali, grazie anche ad una tecnologia sempre più rilevante ed innovativa. E tutto avviene – o meglio si consuma - in una maniera talmente veloce che non si ha più tempo e modo di elaborare ciò che accade, né di riflettere sulle vicende del presente: qualsiasi idea, qualsiasi progetto, insomma ogni cambiamento che si prospetta all’orizzonte diventa immediatamente vecchio, superato, da un giorno all’altro. E’ una corsa continua verso l’ultima novità, verso il nuovissimo ritrovato della tecnologia. L’invasione dei beni di largo consumo, ma soprattutto di quelli superflui, ha fatto perdere la memoria di come vengono prodotti (a volte inquinando e saccheggiando le risorse naturali), ha generato la convinzione che tutto ci è dovuto, ha fatto credere che la produzione non ha nulla a che vedere con l’etica e con la salvaguardia dell’ambiente. Ma l’abbondanza non deve far dimenticare la moderazione, il benessere conquistato non deve trasformarsi in spreco di risorse e di ricchezza, la tecnologia – che tanti benefici ha portato - non deve diventare la schiavitù dell’uomo moderno.

Ritornare all’antico, oggi, non significa regredire o andare indietro nel tempo o essere nostalgici di una felicità perduta che – tra l’altro - non c’è mai stata, ma vuol dire attingere da quel “passato virtuoso”, valori culturali e tradizioni locali, comportamenti e scelte economiche sostenibili, che possano tradursi in future moderne realizzazioni, nel rispetto della terra e dell’uomo che la abita. E significa, soprattutto, ritrovare la “sacralità” delle cose, sentimento oggi soffocato dalle mode, dalla velocità, dall’omologazione, dalla globalizzazione e da un sistema consumistico e produttivo che privilegia l’usa e getta e la obsolescenza pianificata.

6 commenti:

  1. condivido questo tuo articolo sin dal titolo che centra subito l'essenza del problema.
    un tempo era il rispetto delle cose, il loro uso evitandone il consumo (ricordo il gesto di mio nonno che prima di sedersi sollevava un poco i pantaloni per evitare di rovinare la piega e sciupare la stoffa troppo tesa al ginocchio). Ora è il consumo, più che l'uso, delle cose, prima si sciupano e prima abbiamo la scusa per acquistarne il modello più nuovo.
    ml

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  2. Grazie Carlo. Ai tempi di tuo nonno e di mio nonno, esisteva anche una sacralità del cibo: nulla si buttava e tutto si consumava fino all'ultima briciola di pane. Oggi lo spreco alimentare ha raggiunto cifre pazzesche. Secondo uno studio condotto dalla FAO, nei paesi industrializzati viene buttato nella spazzatura più di un miliardo di tonnellate di cibo ancora consumabile, che basterebbe a sfamare l'intera popolazione dell'Africa subsahariana.

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  3. non oso certamente mettere in dubbio ciò che scrivi, mi concentro invece sull'aspetto della sacralità. secondo me, i "rituali" di eternità e sacralità sono nel quotidiano, in ogni quotidiano. quando abitui gli occhi e l'anima a scovarli, smettono di essere timidi e ti vengono a trovare. e ognuno di questo momento, è mio fratello o mia sorella.

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    1. E' difficile, secondo me, trovare l'eternità e la sacralità "in ogni quotidiano". In qualsiasi momento della nostra esistenza. Pur vivendo il mio quotidiano in una città come Roma - dove il sacro e l'eterno sono di casa - tuttavia ho serie difficoltà a scovare questi aspetti rigenerativi che dispongono l'animo alla serenità, alla bellezza ed alla sacralità. Quando si è circondati dalle macchine, dalla folla che assale i centri commerciali dove sono state accatastate tonnellate di panettoni e luminarie (siamo a Natale, la festa che dovrebbe suggerire spiritualità e raccoglimento), quando si è circondati dai rifiuti e dalla pubblicità e dai graffiti e dai rumori che deturpano ogni angolo - credimi - io non riesco a trovare questi "rituali di eternità e sacralità" nonostante mi sforzi e cerchi sempre di abituare i miei occhi a scovarli. Mi è invece capitato, giorni fa, di passeggiare per una stradicciuola di un piccolo paese: case in pietra, gerani alle finestre, due vecchietti seduti sul sagrato della chiesetta, silenzio e odori di cose antiche. C'era del sacro in quelle immagini. La sacralità è fatta di piccoli gesti, di piccole cose.

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  4. - E significa, soprattutto, ritrovare la “sacralità” delle cose, sentimento oggi soffocato dalle mode, dalla velocità, dall’omologazione, dalla globalizzazione e da un sistema consumistico e produttivo che privilegia l’usa e getta e la obsolescenza pianifica.

    Come sempre ,mi trovo in perfetta sintonia con i tuoi scritti, ma mi piace anche cogliere le belle sfumature:)

    digito ergo sum
    ..".secondo me, i "rituali" di eternità e sacralità sono nel quotidiano, in ogni quotidiano. quando abitui gli occhi e l'anima a scovarli, smettono di essere timidi e ti vengono a trovare.

    E digito ha ragion da vendere pure lui perché proprio sotto i nostri occhi è possibile osservare la dimostrazione alle sue parole,dimostrazione di cui tu stesso ci illumini caro Pino!
    -nonostante mi sforzi e cerchi sempre di abituare i miei occhi a scovarli. Mi è invece capitato, giorni fa, di passeggiare per una stradicciuola di un piccolo paese: case in pietra, gerani alle finestre, due vecchietti seduti sul sagrato della chiesetta, silenzio e odori di cose antiche. C'era del sacro in quelle immagini. La sacralità è fatta di piccoli gesti, di piccole cose.

    Ecco ...riscopriamola questa sacralità di piccoli gesti e cose,focalizziamoci su queste... evitando non di denunciarne la mancanza attraverso quello che si vede attorno o nelle grandi città come Roma... ma di annunciarne la bellezza e l'esistenza di sacralità che ancora vive e ci supplica di valorizzarla anche a "scapito" di ciò che valore non è !

    Una buona serata!


    L.

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    1. Grazie per le tue belle parole e buona serata a te

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