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venerdì 27 dicembre 2019

Il mio Natale accanto al focolare



Mi trovavo al paese, la notte di Natale, in quel mio buen retiro  aggrappato alle colline del Cilento e affacciato sul mare. Ero seduto davanti al fuoco. Lo riattizzavo di tanto in tanto, ora con legna di castagno, che sprigiona scoppiettii e scintille simili a fuochi d’artificio, ora con legna di ulivo che emana un aroma delicato ed intenso. Un profumo di liturgia e di festa. Fuori faceva freddo. Il camino spargeva all’interno della casa un piacevole, avvolgente calore ed io, seduto su una seggiola proprio lì davanti, ne ero completamente rapito. Stavo così, in silenzio, da quando era terminata la cena alquanto frugale, consumata di fronte a quel focolare che assumeva quasi il simbolo di nume tutelare della casa. In un cantuccio della cucina, un piccolo presepe mi ricordava il rito della Natività che si ripete ogni anno, le cui statuine di terracotta – su cui si riverberava la fiamma del camino – mi davano l’impressione che dovessero prendere vita da un momento all’altro. Guadavo quella rappresentazione di povertà e di semplicità – espressione del Natale cristiano - e mi chiedevo come potesse conciliarsi, oggi, l’etica della moderazione che la chiesa predica da oltre duemila anni, con l’opulenza che ci viene offerta da una società sempre più sprecona e consumistica.


Mi ero lasciato alle spalle una Roma più caotica del solito; invasa da un turismo festaiolo di massa; addobbata da cascate di luminarie e da centinaia di alberi di Natale, di plastica; stretta nella morsa del traffico reso ancora più convulso da una vera e propria isteria collettiva da regalo - la Capitale - durante le feste di fine anno mette a dura prova la pazienza anche dei suoi abitanti più indulgenti. Lo confesso: io, durante le feste di fine anno, mi sento frastornato e reagisco scappando. Fuggo dalla calca, dalle orge alimentari, dai “cenoni” e dai “pranzoni”, da quel tripudio di luci, di suoni, di botti e di falsa allegria; fuggo dai centri commerciali presi d’assalto, dalle cataste di panettoni e torroni, da quelle atmosfere gioiose confezionate tanto al chilo. Se potessi, mi rifugerei in un eremo sopra una montagna: ma mi sta bene anche la casetta del paese natale, accanto al focolare.

Una casa di paese senza un camino acceso, la notte di Natale, è un luogo freddo, triste e senz’anima. I termosifoni non possono sostituirsi alla sacralità di un ceppo che arde e si consuma lentamente. Ed io ero lì, la notte di Natale, che alimentavo con passione quella fiamma con la legna di ulivo della mia campagna, così come un prete si cura di riempire di incenso il proprio turibolo, affinché bruci regolarmente e diffonda nella chiesa profumi che sanno di sacro. La mia abilità nell’officiare quella “liturgia” mi elargiva piacere e commozione. Mi confortava quel calore che sapeva di campagna e di Natale; mi faceva compagnia il “linguaggio” di quella fiamma scoppiettante, più di qualsiasi altra vicinanza (c’è qualcuno che ti pensa, diceva mia nonna quando il fuoco brontolava…); mi infondeva sollievo quel tepore, suscitando in me sensazioni e pensieri; mi riportava alla mente odori e sapori di cose antiche, risvegliando ricordi: il natale povero ma dignitoso della mia infanzia e della mia prima giovinezza, così vicino alla rappresentazione di quel presepe, e poi i dolci natalizi tipici della tradizione contadina del Cilento (gli struffoli, gli scauratielli, le lucernelle…), le povere tombolate in famiglia, le persone care che non ci sono più, la spensieratezza di un mondo perduto. Non bisognerebbe avere rimpianti per il passato, ma essere forti e determinati per affrontare con serenità il futuro, che comunque appare incerto. E allora, con il nuovo anno alle porte, cercavo di dipingerne uno con la mente. Ed ecco che affioravano desideri e speranze, e aspettative che poi si perdono per strada, ma anche paure e dubbi.  

Accanto a me c’era lei, mia moglie, paziente come sempre, che forse – chissà - avrebbe voluto essere altrove: a volte è difficile condividere gli stessi riti, le stesse fantasie, lo stesso modo di sentire. Stare insieme non è solo un legame fisico di corpi, ma è anche un accordo di pensieri, di emozioni, di sentimenti. Forse la cosa più difficile.

Intanto continuavo a dare vigore alla fiamma, stuzzicando la legna con voluttuosa energia. Un caminetto fa casa, pensavo. Potessimo averne uno anche nelle nostre moderne abitazioni di città! È un simbolo che unisce, che rafforza, che accomuna e c’è sempre qualcuno accanto al fuoco che racconta una storia e si racconta. Purtroppo, manca nella nostra società una immagine così antica e familiare, sostituita dai moderni mezzi della tecnologia, dalla televisione e dalla virtualità dei social che illudono le persone e le allontanano dalla realtà.

E così, assorto, mi distendevo sulla poltroncina accanto al fuoco, inondato dal riverbero della fiamma che sprigionava scintille somiglianti a lucciole di antica memoria. Stavo immerso in quella sorta di sospensione del tempo che si verifica quando ci si abbandona al suo scorrere leggero, aspettando che gli ultimi tizzoni ardenti si consumassero in attesa della mezzanotte. Mentre avvertivo lo scoppio di petardi lontani e rintocchi di campane a festa. Era Natale.

10 commenti:

  1. ci sono gesti che sono liturgia, laica, pagana ma indubbiamente liturgia. E tra questi l'accudire alla fiamma è un vero rito che, sacro, si ripete da millenni.
    bello questo tuo natale!
    massimolegnani

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    1. ...e tu ne sai qualcosa, Carlo. Se non sbaglio, anche tu sei un abile "fuochista" nell'officiare quella liturgia laica che ha qualcosa di sacro. Buon anno...

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  2. Questa volta davvero sei riuscito a superare barriere lasciando andare liberamente parlare forse più il tuo spirito che altro ...ed è così che in questo posto che tu chiami "retrobottega" lo spirito avverte quella necessità di liberare quelle sensazioni fortissime che hanno voce e volontà di ascolto...

    Dico la verità è un post sul Natale più bello che io abbia letto in rete o altrove,mi hai commossa,in maniera positiva s'intende.Credo che il tuo natale rispecchia molto il senso profondo del natale stesso ...o perlomeno rispecchia il mio.

    Quel focolare evoca i ricordi della mia infanzia,conosco bene il suo linguaggio,quel senso sacro che credo nessun posto possa sostituire.


    Spero che per il nuovo anno ci sia un grande risveglio di anime che sappia apprezzare almeno in parte questa forma di semplicità mistica che tu sei riuscito ad esternare e a valorizzare qui.

    Mi sento di dirti Grazie per questo tuo scritto che non è solo uno scrivere bene ma un sentire profondo che impreziosisce le parole!

    Ti auguro un felice e sereno anno nuovo a te e a tutti coloro che ti sono vicino e che hanno la fortuna di incrociarti...


    L.

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    1. Cara Linda, sono lusingato dalle tue belle parole. Grazie per l'apprezzamento. Si, ho lasciato che i miei pensieri fluissero liberamente: e qual è il posto migliore dove la mente possa elevarsi e spaziare in libertà se non davanti ad un camino acceso!? Auguro anche a te e famiglia un sereno e felice anno nuovo, con la speranza che l'anno che sta per arrivare sia migliore per tutti. Pino

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  3. Bello questo post sul Natale, anche se velato di leggera malinconia che lo rende quasi poetico. Francesco

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  4. Da un po', volutamente, non navigavo in rete. ieri sera sono venuta a trovarti e la lettura di questo tuo Natale, mi ha lasciato un senso di benefica nostalgia. Quel tipo di nostalgia che appartiene all'indole di una persona, e che può esistere anche da giovinetti, quando ancora non ci sono ricordi che affiorano.
    Il mio è stato un natale volutamente silenzioso, solitario, e povero ricco della consapevolezza che oramai mi basto. con te sono tornata agli anni in cui la fiamma del camino mi era compagna e mi "rapiva". Adesso sono ritornata per dirti grazie, anche per aver provato l'illusione di non essere sola nel mio sentire.

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    1. La nostalgia, cara Gingi, è un sentimento che appartiene soprattutto alle persone più sensibili. E' come la malinconia: l'altra faccia della stessa medaglia. La nostalgia, quella “benefica” – come la chiami tu - è una qualità ineliminabile dell’animo umano, che implica sempre un desiderio inappagato di "ritornare"; è la continua ricerca di una condizione esistenziale perduta, che può essere il tempo passato… la casa nativa con il focolare… la giovinezza o la spensieratezza di quegli anni che non torneranno più. Ma nello stesso tempo la nostalgia racchiude anche inadeguatezza e incapacità di adattarsi alle brutture – sempre più evidenti - della modernità e dei tempi che viviamo. Il tuo sentire è anche il mio; la tua nostalgia è anche la mia. Con la nostalgia si “conservano” nella memoria luoghi e stati d’animo per poter affrontare meglio la realtà che ci circonda e potersi tutelare da quelle illusioni del passato che spesso giungono a noi e, a volte, ci perseguitano.
      Grazie per il tuo bel commento e Buon anno

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    2. Buon anno anche a te, stanca di augurarne un sfavillante, fantastico, pieno di fortune soldi salute, me ne auguro e ne auguro a tutti uno normale, cosa che sarebbe davvero speciale.

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  5. Condivido...di nuovo un buon anno normale :)

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