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giovedì 21 novembre 2019

I meridionali: oziosi, sporchi e cattivi



Io credo che nessun altro territorio e nessun altro popolo siano stati così tanto denigrati e offesi, nel corso dei secoli, come quel territorio e quel popolo che si trovano nel Sud dell’Italia. Indolenti ed apatici, viziosi e superstiziosi, briganti e mafiosi, sporchi e oziosi, superficiali e scansafatiche, pigri e corrotti: sono questi alcuni stereotipi cuciti addosso ai meridionali. E come spesso accade, il pregiudizio genera in coloro che lo subiscono una sorta di “psicologia da assediati” che finisce per marcare i confini tra un luogo e un altro, tra il nord e il sud, accentuando i rancori e le distanze.

Vito Teti - antropologo presso l’Università della Calabria - con un saggio molto interessante che si intitola “Maledetto Sud” – Einaudi Editore – prova a smontare tutti i luoghi comuni espressi su questa “razza maledetta”. E lo fa attraverso storie vissute, riferimenti storici e letterari, studi antropologici ed esperienze personali di studioso attento e camminatore instancabile. Un sentimento antimeridionale – scrive Teti - si avvertiva al Nord già a partire dall’Ottocento e, viceversa, una ostilità nei confronti del Nord era diffusa al Sud soprattutto tra la popolazione. E tali sentimenti contrapposti spesso nascevano non già da fatti sganciati dalla realtà, ma da erronee scelte politiche ed economiche dei governi nazionali e locali e da scontri e conflitti sociali. Pertanto, nonostante non fosse mai stata formalizzata una separazione – prima ancora dell’attuale espansione leghista che avrebbe accentuato i contrasti politici – l’idea che esistessero italiani del Nord e italiani del Sud era fortemente avvertita nella società del passato e continua ad esistere nel presente. E allora – dice Teti “bisogna ripartire da una riflessione sulla possibilità e sulla necessità di sentirsi italiano, pure sentendo l’appartenenza a un luogo e a un mondo”. Per ridurre e rovesciare le immagini negative costruite contro i meridionali, per annullare i luoghi comuni creati nei confronti di un popolo e alimentati da un razzismo strisciante, è comunque necessario ed urgente – scrive ancora l’autore meridionale - “andare dentro di noi” e “guardare nelle nostre profondità”. Se i meridionali non possono più tollerare pregiudizi e stereotipi, è pur vero che non devono più sostenere le menzogne e gli errori del passato attuati in nome di una “diversità” in cui si nascondevano e si riconoscevano. Devono lasciarsi alle spalle “le lamentele e l’autocommiserazione” e devono essere consapevoli che la cosa peggiore è quella di chiudersi in se stessi, negando quelle “verità scomode” che vengono poi rinfacciate con cattiveria dagli altri. “E’ doloroso, amaro – dichiara Vito Teti – vedere come i pochi intellettuali, giornalisti, studiosi che denunciano la presenza della criminalità organizzata, il malaffare e la malapolitica, debbano difendersi da quanti li indicano come calunniatori della propria terra. L’abitante del Sud si trova ancora di fronte ad una realtà che non può negare, a responsabilità che deve assumere, a una scelta di verità che non può rinviare”.

10 commenti:

  1. molto interessante questo saggio che affronta verità scomode.
    è vero, noi del nord abbiamo un preconcetto radicato da generazioni e che non basta la razionalità ad annullare, lo sopisce ma non l'annulla.
    nelle scuole dovrebbero insegnare la storia dell'unità d'italia in modo più onesto, meno retorico e più veritiero.
    massimolegnani

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    1. Ecco, bravo Carlo “nelle scuole dovrebbero insegnare la storia dell'unità d'Italia in modo più onesto, meno retorico e più veritiero” E’ proprio così: bisognerebbe fare una seria riflessione critica sugli eventi dell’Unità d’Italia, su quello che gli italiani venuti dal Nord fecero agli italiani del Sud, su quelle verità forse un po’ scomode che non sono mai state riportate nei libri di storia. L’unità doveva renderci uguali, invece ci ha divisi in vincitori e vinti, italiani di serie A e italiani di serie B. Ciao e buona serata

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  2. E' un po' come quando noi meridionali pensiamo che i settentrionali siano tutti freddi, distaccati, puntigliosi, noiosi e che, tra l'altro, non sappiano nemmeno mangiare come si deve.

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  3. Saggio veramente interessante. Tutte queste "malelingue" verso i meridionali, quindi verso me stessa, mi son sempre state indifferenti...so chi sono io e so chi sono loro. noi meridionali non parliamo male del settentrione per poi andarci a fare le vacanze, noi portiamo il sole ovunque, anche a chi non conosciamp!
    Non ce l'ho con nessuno, anche perchè il settentrione mi ha adottato, ma per vivere serenamente in una terra non mia, adotto il motto Peace and Love!
    Se vi va di seguirmi, Caoticamente Silenziosa è il mio blog!Vi aspetto numerosi

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  4. Buongiorno, conosco il testo del professore Teti e lo trovo molto serio e documentato. E' un libro di nicchia come del resto lo è molta della produzione di saggistica sociale ed economica; sul web poi meglio non parlarne, se esiste un luogo dove i luoghi comuni alimentati da una ignoranza crassa e arrogante prospera questa è la rete con i social in prima fila. Non credo sia possibile una soluzione Pino, proporre una prospettiva diversa e STORICA dei problemi italiani e farlo con i normali interlocutori dei blog è impresa disperata, ben che vada ti ammali di fegato.
    Solo negli ultimi tempi l'editoria ha sfornato alcuni buoni testi che hanno cominciato a far piccole brecce nelle teste della gente ma siamo lontani da una soluzione. L'Italia non può crescere e diventare nazione perchè non è un popolo e nessun paese può sopravvivere a due tragedie divisorie crudeli come l'unità del 1860 e la resistenza del nord del 1944- 45.Le conseguenze delle menzogne storiche cui mi riferisco condizionano come vedi ancora oggi la nostra società. Non lo dico per le mie letture chiuse nell'ambito di pur fornita libreria paterna e nemmeno per il mio essere siciliano ma bensì per una intera vita trascorsa in giro per l'italia da nord a sud, per esperienze dirette e personali. C'è una componente non trascurabile di cittadini che nutre più di un sospetto verso i meridionali ed è inutile oltre che sciocco far finta di nulla. Anche la Lega attuale dovrebbe rifletterci sopra; senza il SUD non vai da nessuna parte. Ho scritto a lungo di questi argomenti e se avrai la bontà di attendere in un prossimo periodo pubblicherò i miei modesti pensieri.

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  5. Caro Enzo,
    la tua bella e interessante riflessione mi trova pienamente d’accordo: lo so, il blog, senza parlare dei cosiddetti “social” che sono, secondo me, una cosa diversa (io li abolirei), non sono mezzi adatti per affrontare tematiche complesse come la irrisolta questione meridionale. Tuttavia tali strumenti, in primis il blog, ci offrono la possibilità di avere qualche piccolo scambio di opinione - come questo – e di manifestare liberamente i nostri stati d’animo, le nostre ferite storiche che ci portiamo dietro ormai dal 1860. I saggi di Vito Teti - storico e antropologo, profondo conoscitore della realtà meridionale – sono sempre molto appassionanti e sanno fondersi mirabilmente tra analisi storico-antropologica e poesia, sentimento e ragione. Io credo che sia davvero raro trovare, nel firmamento letterario dei nostri tempi, uno studioso come lui, capace di raccontare la realtà e, nello stesso tempo, toccare le corde più sensibili del nostro animo.
    “L'Italia non può crescere e diventare nazione perchè non è un popolo e nessun paese può sopravvivere a due tragedie divisorie crudeli come l'unità del 1860 e la resistenza del nord del 1944- 45. Le conseguenze delle menzogne storiche cui mi riferisco condizionano come vedi ancora oggi la nostra società”. E’ vero quello che scrivi… il tuo pensiero collima con quello di Pino Aprile che, in un suo libro che tu certamente conosci, intitolato “Terroni”, così scrive: “quel che gli italiani venuti dal nord fecero agli italiani del sud fu così spaventoso, che ancora oggi lo si tace nei libri di storia e nelle verità ufficiali; si tengono al buio molti documenti che lo raccontano. Una parte dell’Italia in pieno sviluppo fu condannata a regredire e depredata dall’altra, che con il bottino finanziò la propria crescita e prese vantaggio”. Ti saluto

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    1. Pino discutere con rispetto delle opinioni altrui è cosa consolante: avere punti in comune lo è altrettanto ma io mi sarei ritenuto soddisfatto anche senza convergenza di idee. Ho avuto ieri uno scambio di ben altro tenore ieri in rete con il solito saccente uomo del nord che con l'aria di chi viene da un mondo di pulizia e civiltà superiori mi ha insultato dandomi dello scansafatiche e dell'ignorante, dilatando poi tutto il suo disprezzo verso il sud e i suoi abitanti in generale. Ho chiuso le porte per questo. non voglio discutere con minchioni assoluti.
      Ma il professore Teti dice infine una cosa fondamentale: il sud e soprattutto i suoi uomini politici da sempre hanno responsabilità enormi, non è possibile svicolare da questo. Si apre quindi un altro discorso ancora più sottile e complesso: ci sono responsabilità nella gente del sud che riguardano la genetica, l'habitat, i costumi, le tradizioni? In altre parole un cittadino di Treviso o Varese ha per indole e costituzione mentale capacità e dignità superiori ad uno di Agrigento? Perchè vedi a questo infine si arriva e ci si blocca discutendo con gentaglia di un certo tipo e questo è razzismo strisciante. Non basterebbe un anno di blog per completare il discorso.

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    2. Non posso pensare che tutti gli uomini del nord siano saccenti e stupidi come quello da te incontrato in rete. Poi, è evidente che la classe politica che ha governato e governa il sud ha gravi responsabilità. “Chi è il nemico vero del mio paese?” - si chiedeva l’Alfiere di Carlo Alianello - “Garibaldi e i Piemontesi che vengono di fuori e a tutti i costi ci vogliono regalare questa benedetta libertà, che chi sa che gli pare e il mondo resterà sempre quello che è, o quelli che ci hanno governati sino ad ora, che hanno voluto ed hanno tollerato, per i loro fini, il sopruso, il raggiro, la corruzione?” Insomma, tutto cambia affinché nulla cambi, sembra essere l’amara conclusione; lo stesso spirito che ritroviamo in seguito anche nel “Gattopardo” di Tomasi di Lampedusa, e che sembra accompagnare da sempre la storia del nostro Paese, ed in particolare le sorti del meridione d’Italia

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