Si
può raccontare il presente e la realtà che ci circonda anche attraverso gli
odori e i rumori che percepiamo nelle nostre città. Chi ha qualche anno sulle
spalle - come il sottoscritto - ricorderà certamente quel profumo di pane e
formaggi fatti in casa, di sughi e
manicaretti, che proveniva dalle finestre aperte che si affacciavano sulla
strada del paese, tipici di una cucina semplice e genuina. Ebbene, quelle antiche
fragranze sono ormai un ricordo lontano, soffocate dai gas di scarico delle macchine
e dagli effluvi pungenti di fritto dei fast food. E sono spariti pure quei suoni
familiari che giungevano dalle botteghe degli artigiani, espressione di un mondo diverso e di una differente filosofia di
vita. Erano mestieri che racchiudevano una vera e propria “arte del fare”, che
si tramandavano di padre in figlio, identificativi di un artigianato che oggi appare
definitivamente scomparso. La città, oggi, è sinonimo di aria inquinata e
rumori molesti. Chi cammina in città è ormai sommerso da una sonorità
fastidiosa, che non lascia scampo e che non ha nulla a che vedere con quella
del passato, una sonorità che non ha nessun valore positivo: è solo un accanimento
selvaggio contro le nostre orecchie e contro la nostra umana sopportazione.
Facevo queste riflessioni mentre mi aggiravo,
l’altro giorno, per una delle strade più caotiche e commerciali del centro
storico di Roma, Via del Corso. Ero come avviluppato in un groviglio di rumori
assordanti di automobili, autobus, taxi, sirene della polizia e delle ambulanze,
tra la ressa confusa di una folla di turisti che – beati loro - non sembravano
patire questo trambusto, mentre una “musica di sottofondo” a tutto volume,
diffusa dagli altoparlanti dei negozi e dei bar lungo i marciapiedi, si
riversava in strada come un fiume in piena, trasformando un luogo così affascinante e ricco di storia, in
una baraonda.
Anche i rumori e lo smog distruggono la bellezza di un posto. Io
credo che il fastidio si manifesti in ognuno di noi quando gli effetti acustici
perdono la loro dimensione naturale e s’impongono come un’aggressione violenta,
che lasciano senza alcuna difesa. Sentire un allarme di una macchina che
all’improvviso entra in funzione, o il continuo fragore del traffico, oppure la
sirena di un’ambulanza o della polizia, non è come ascoltare il martello di un
fabbro o la sega di un falegname. I primi hanno preso il sopravvento sui
secondi, che non si fanno più sentire. La tecnologia si è sviluppata di pari
passo con l’inquinamento acustico determinando una sempre maggiore infiltrazione
di rumori nella vita di tutti i giorni. E se da un lato non riusciamo a controllarne
gli eccessi, dall’altro sembra quasi di
provare disagio quando ci troviamo in uno spazio avvolto dal silenzio. E allora
dobbiamo riempirlo, aggiungerci dei suoni, dei rumori, delle parole affinché ci
tranquillizzino e ci diano sicurezza. Infatti, se stiamo soli in casa, ricorriamo
al televisore; in macchina non possiamo fare a meno dell’autoradio; per strada
l’immancabile smartphone ci accompagna ovunque; nei locali pubblici, nei
negozi, nelle stazioni dei treni e delle metropolitane, l’ossessiva musica di
sottofondo percuote i nostri timpani, ormai allo stremo. Mi raccontava un amico
che la scorsa estate aveva trascorso un fine settimana in una casa di campagna,
ospite di alcuni suoi parenti. Lui, cittadino abituato al frastuono della
città, durante quella notte non riuscì a chiudere occhio. Si sentiva assediato
– mi diceva – da un silenzio totale che gli procurava un senso di angoscia. Gli
erano venuti a mancare quei “rassicuranti” rumori di sottofondo (macchine,
motorini, autobus, allarmi, sirene, cantieri…) di cui aveva bisogno per poter
dormire.
Vivo in un paese vicino all’aeroporto di Linate. Quindi è tutto un via vai di aerei. Ti lascio immaginare.
RispondiEliminaNon ti invidio...anche se io non sto meglio. Roma è assediata dalle macchine. E non solo
EliminaComunque a spasso per Via del Corso, puoi giusto distrarti con la fauna umana che credo faccia solo Via del Corso, in su e poi in giù, perché certi soggettoni non potrebbero girare nell'indifferenza, in qualsiasi altro luogo della città...
RispondiEliminaVia del Corso è luogo franco in questa ottica. Io ci passo saltuariamente, spesso solo per attraversarla...appositamente direi mai. Una via che ormai ha perso anche il suo fascino primitivo, meta turistica e di certo shopping compulsivo. Ad uno straniero in visita a Roma non la consiglierei. Proprio no.
Per quanto riguarda l'inquinamento sonoro, sono tra i fortunati che va cercando il silenzio, e fortuna vuole che abiti al Divino Amore, in quasi campagna, dove dopo una giornata di frastuoni vari, godere del Silenzio è un grandissimo privilegio...
Condivido le tue parole. Ce ne sono altre di strade simili a Via del Corso : in primis via Nazionale e via del Tritone dove convivono in stretta unione "shopping compulsivo" e traffico caotico e rumoroso. Da questi luoghi, naturalmente, anch'io scappo via, in cerca di stradine laterali più silenziose per le mie solitarie passeggiate romane. A volte basta svoltare l'angolo per trovarsi in un altro mondo, in un'oasi di pace e tranquillità. Beh, il Divino Amore...già il nome ti rilassa :-)
EliminaAnche la città può avere alcune oasi silenziose, molto poche però. Detto questo mi ha colpito il tuo finale perché io invece amo quel silenzio e mi rilassa moltissimo. L'inquinamento acustico è totale, da quello dei cellulari ai clacson delle auto e così via. Grave è anche quello che respiriamo perché porta ad ammalarci di malattie drammatiche e non sempre curabili.
RispondiEliminaVero quello che dici, Daniele. Anch'io amo il silenzio e sono rimasto sconvolto quando quel mio amico mi ha detto, invece, che lui era terrorizzato dal silenzio. Certo, non solo l'inquinamento ambientale ma anche quello acustico contribuiscono alla diffusione di gravi patologie
EliminaCiao Pino
RispondiEliminaCome sempre i tuoi post sono colmi di riflessioni molto belle e profonde.
Hai l'effetto di un do ut des senza avertene fatto richiesta alcuna:-)..o forse sto cercando di farmi piacere un concetto di pretesa nell'avere dopo aver donato una mia riflessione attraverso un commento,che liberamente deposito nel tuo blog dopo un attenta lettura!
A parte le battute,trovo molto veritiero questo post,forse anche perché intravedo una tua piccola verità interiore
:solo attraversando tra quei rumori io so che esiste la parte migliore...quella che più mi fa apprezzare la bellezza interiore legata alle mie origini,al mio paese... alle tradizioni di un tempo andato ma sempre presente tra assenze ed essenze...ancora rimango incantato nel silenzio del mio cielo stellato tra gli alberi di un uliveto mai dimenticato!
Grazie buonaserata!
L.
Ciao L.
EliminaSe i miei post - per te - sono "colmi di riflessioni molto belle e profonde" (grazie per queste tue generose parole), i tuoi commenti - per me - sono oltremodo graditi. Ti dirò di più: li aspetto, perchè non sono mai banali e aggiungono sempre qualcosa di interessante. Si, a volte bisogna trovarsi tra i rumori per poter apprezzare meglio la bellezza del silenzio. E chi ha avuto la fortuna di passeggiare tra un uliveto, non potrà mai dimenticare il silenzio che si percepisce tra quelle piante che sembrano sfidare il tempo. Io credo che saremo veramente civilizzati quando l'umanità sarà capace di non produrre più rumori molesti. La nostra è una società ancora troppo "rumorosa", assuefatta ai rumori. Schopenhauer sosteneva che la quantità di rumore che una persona è in grado di sopportare, senza soffrirne, sta in rapporto inversamente proporzionale con le sue capacità intellettuali. Ed aveva ragione. Per esempio, chi sbatte abitualmente la porta dell'ascensore, invece di accompagnarla con la mano (succede nel palazzo dove abito), non è solo un maleducato e una persona grezza, di scarsa sensibilità, ma è anche un soggetto che ha un'intelligenza limitata. E fino a quando ci saranno persone così, poco attente al rispetto (dell’uomo, dell’ambiente in cui vive, della natura…) saremo sempre di più immersi in una sonorità sgradevole e irritante.
Ciao e buona serata a te.
Citando Schopenhauer e dandogli ragione mi hai fatto sorridere,perché credo che proprio della ragione lui ne abbia fatto un arte!
RispondiEliminaCapisco perfettamente cosa intendi con quell'esempio ,tra l'altro molto valido anche nel tradurre quella sorta di assuefazione ai rumori,dove si riprende un po la parte finale del tuo post e che ben sottolineava Daniele.
Sembra quasi che si diventi tolleranti al male ,come può essere di esempio questo "rumore"...e intolleranti al bene ,alla pace ...al silenzio...un capovolgimento anche in senso materiale se vogliamo.
Come se fossimo costretti a guardare i nostri simili
con i piedi in su e la testa in giù.Alcune volte mi è venuto perfino il dubbio che fossi io assieme ad altre persone a trovarmi nella situazione opposta a quella appena descritta! ... ho capito che fosse altamente probabile che vi siano queste "alternanze" per comprendere meglio soprattutto noi stessi...chissà forse anche esprimendo in qualunque modo quel cambiamento che in molti già c'e.
E qui mi ricollego come concetto un po a quel "cambiamento" in cui Gandhi credeva.
Sono io a ringraziare te per la "bellezza" che mi fai percepire nel tuo modo pulito ed autentico di scrivere!
L.
Ho solo sfiorato Schopenhauer, e poi meglio non toccare certe disquisizioni filosofiche sul bene e sul male: forse ci allontanerebbero dal contesto della nostra riflessione. L'assuefazione al rumore, se vogliamo, può anche essere vista come una forma estrema di difesa: se sono costretto a vivere circondato dai rumori, per non impazzire non posso che adeguarmi e magari far finta che non esistano. Tante persone vivono così, il rumore lo rimuovono dai loro pensieri, non lo sentono; altri lo cercano, se lo procurano, come quel mio amico angosciato dal silenzio della campagna. E alla fine, mia cara L., a soffrire siamo noi, che ci poniamo il problema e che mettiamo a confronto una via trafficata e rumorosa (il male) con un campo di ulivi (il bene). :-)
EliminaGrazie di nuovo e buona serata
"L'assuefazione al rumore, se vogliamo, può anche essere vista come una forma estrema di difesa: se sono costretto a vivere circondato dai rumori, per non impazzire non posso che adeguarmi e magari far finta che non esistano.Tante persone vivono così, il rumore lo rimuovono dai loro pensieri, non lo sentono; altri lo cercano, se lo procurano..."
RispondiEliminaSo che spesso il mio modo di scrivere corre il rischio di essere comprensibile più per me che per chi mi legge, ma era esattamente a questo concetto da te espresso sopra che portavano le mie riflessioni,
attraverso queste parole che forse adesso risulteranno più comprensibili:
... ho capito che fosse altamente probabile che vi siano queste "alternanze" per comprendere meglio soprattutto noi stessi.
Quel vedere o rivedersi a testa in giù è un esercizio che tutta l'umanità riesce a fare,l'unica differenza è cosa si riesce a gurdare e se davvero si riesce a guardare la propria profondità riuscendo successivamente ad emergere portando su elementi che sono di grande forza ed aiuto per se stessi prima e
anche per gli altri !
A questo punto mi verrebbe anche facile dirti che non penso sia una nostra ulteriore sofferenza questo confronto tra rumore e silenzio...è una fonte di testimonianza della nostra esistenza ...dipende da come la si percepisce, può essere anche una forma di benedizione di un vissuto che sotto certi aspetti ha assunto il suo grado di consapevolezza di certi valori,di bei valori.
Grazie a te Pino per la pazienza e gentilezza nelle tue risposte!
Ti auguro un lieto fine settimana...
L.
Il tuo modo di scrivere non corre alcun rischio: e' chiarissimo. Avevo capito molto bene il tuo pensiero, che mi trova d'accordo; ho cercato solo di ribadirlo con altre parole. sono io che devo ringraziarti per l'attenzione che dedichi ai miei post.Un Caro saluto e buona domenica
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