“La
suora giovane” di Giovanni Arpino è un racconto di rara
bellezza. Un piccolo capolavoro della nostra letteratura, intenso e profondo,
che forse pochi conoscono. Ne sono rimasto affascinato: non mi era mai capitato
di terminare un libro e volerlo ricominciare a leggere, daccapo. Ho letto altri
libri di Giovanni Arpino – un autore che ho imparato ad amare - ma credo che
questo sia il più commovente dell’intera sua produzione.
Ci troviamo negli anni ‘50 del
secolo scorso, in una Torino gelida e nebbiosa. Antonio Mathis - questo il nome del protagonista del libro - è un impiegato, che
vive da solo in due stanze d’affitto e lavora in una ditta d’esportazione e
importazione. Poiché sa scrivere, il principale gli affida i compiti più
delicati: la pubblicità, i rapporti epistolari con i clienti e la
collaborazione con una rivista che tratta temi commerciali. E’ un uomo
solitario, abitudinario, che non ha coraggio; si vergogna di tutto, in un mondo
dove nessuno pare più vergognarsi di niente. E’ come aggrovigliato in una
ragnatela, da cui ha persino il terrore di doverne uscire. E’ fidanzato da cinque/sei
anni con Anna, una donna di trentasette anni che non è stata mai una bellezza,
gli “fa pena” e si sente “così povero con lei”. Vanno al cinema,
al sabato anche a cena, qualche volta dormono insieme, non hanno bisogno di
molte parole. Ha, poi, una sorta di relazione amorosa con la collega d’ufficio,
Iris, “una quasi amante da corridoio”
con la quale non è mai andato oltre qualche insolita e audace carezza. Si sente
ridicolo. E’ scappato sempre dalla vita. E i giorni gli sono “scappati via come le notizie dei giornali,
a cui credi e non credi”. Tutto gli è successo pigramente, senza interesse,
senza volontà, senza alcun entusiasmo. Ha deciso di prendere nota di ciò che
gli succede, di scrivere un diario per “controllare
avvenimenti e sentimenti” e cercare di capire la sua situazione. Si sente
solo. Fino a quando non irrompe nella sua vita, lei: la suora giovane.
La incontra da settimane,
forse mesi, alla stessa fermata del tram, alle sette di sera: lei ha quasi
vent'anni. Ha scelto il velo monacale per allontanarsi dalla dura vita dei
campi. Lui, quarantenne, ne è attratto: la spia, la osserva di nascosto,
attento a non farsi notare. Ha capito, però, che questo suo comportamento non
la disturba affatto. A volte perde una corsa, pur di aspettarla. E forse lei fa
lo stesso, quando non lo vede. Ed ogni volta si domanda: “Dove va a quest’ora, e sola? Probabilmente assiste un malato, o segue
chissà quali turni in un ospedale…”. Vorrebbe parlarle, rompere quel muro di silenzio che incombe tra di loro, ma si vergogna e non sa come
affrontarla. Non sa trovare “la parola
adatta, la faccia giusta”. A volte crede di aver trovato la frase perfetta,
la ripete due o tre volte, la rimastica bene, ma poi si frantuma lasciandolo
più deluso, più confuso, più irrequieto e impotente di prima. Si accorge che
non ha mai avuto, per lei, pensieri o desideri carnali. “E’ questo, innamorarsi? – si chiede - Se è così, cosa significa?” Scopre, con stupore, che non ha mai
detto “ti amo” ad una donna. Neanche
alla sua fidanzata Anna. E non gli è mai passato per la testa quel desiderio di
sentirselo dire. Di colpo capisce cosa, quella monaca, gli ha già dato, senza parlare: la
consapevolezza, la capacità di vedersi com’è realmente, come è sempre stato. Lo ha costretto a scoprirsi ed ora sa
che lui è “quella pulce, quel niente travestito
da uomo ammodo, quarantenne, rispettabile, buon partito”. Non avendo il
coraggio di parlarle, gli sembra di scappare e di tradirla ogni sera mentre la
tensione in lui diventa sempre più forte…finchè…un martedì del 19 dicembre, le rivolge finalmente la parola, dicendo: “Si può dare la buonasera a una suora?". La suora “si
voltò pallida, con gli occhi grandi, subito riprese a fissare il marciapiede
opposto. E rispose: “ Non è peccato ”.
"La suora giovane" è un romanzo delicato
e malinconico. Ma ciò che lo rende delizioso, godibile e speciale non è tanto
la storia di queste due solitudini che si incontrano, quanto la meravigliosa
scrittura di Arpino che le descrive, scrittura che in alcune pagine raggiunge
vette altissime, di straordinario impatto emotivo.
visto il titolo del posto ho temuto fosse la recensione di un romanzo orrendo letto di recente e di cui ho dimenticato in fretta quasi tutto, titolo, autore (un francese contemporaneo) e casa editrice: anche lì una suora giovane alle prese con l'amore, ma le analogie con Arpino finiscono qui. Tanto è delicato, attento, credibile uno, Arpino, tanto è grossolano e poco credibile l'altro, unico elemento interessante l'ambientazione in una Francia bigotta occupata dai nazisti.
RispondiEliminaho cercato il libro stamattina per darti qualche ragguaglio in più (ed evitarti una lettura accidentale) ma ritrovare un libro nella mia libreria (pur ordinata per autori e case editrici) è un'impresa quasi sempre disperata.
massimolegnani
Se dovesse, invece, capitarti tra le mani questo delicato libro di Arpino, di poco più di cento pagine, ti consiglio di non lasciartelo sfuggire. Eugenio Montale, che lo lesse ai suoi tempi, ebbe a scrivere che questo racconto aveva tutta l'aria di essere un capolavoro del suo genere. Ciao Carlo e buona giornata.
Eliminal'avevo letto a suo tempo e lo avevo apprezzato.
RispondiEliminabuona giornata a te
ml
ciao Carlo...
EliminaDeve essere un libro davvero delicato e poi è vero la scrittura di Arpino è davvero straordinaria.
RispondiEliminaArpino è un ottimo autore, forse dimenticato. Meriterebbe maggiore attenzione
EliminaArpino è il mio Nobel privato.
EliminaHo letto tutti i suoi romanzi.
Grande scrittore: piace molto anche a me
EliminaMi manca quest'autore...è grave, cercherò di riparare, grazie a te!
RispondiEliminaNon si può leggere tutto. Comunque, se ti capita, prendilo in considerazione. Ciao Sabina
EliminaSabina, mi permetto di consigliarti "L'ombra delle colline".
EliminaCiao.
Un romanzo che ho letto anch'io, da cui emerge l’eterno tema letterario del ritorno alle origini. Un bel libro...
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