Non esiste nulla di più
deprimente - almeno per me - che passeggiare lungo una strada ricoperta di
graffiti, scarabocchi, scritte stupide e oscene che ormai deturpano muri, monumenti,
vetrine di negozi, mezzi pubblici e qualsiasi altro supporto. Sono segnali,
questi, di un palese degrado che avanza indisturbato senza che le
amministrazioni locali, o chi per esse, sentano l’urgenza di intervenire al
fine di arginare un fenomeno così selvaggio, che mette a dura prova la pazienza
dei cittadini e imbruttisce la città.
Tra graffiti e
manifesti pubblicitari (quest’ultimi meriterebbero un post a parte), non esiste
più uno spazio libero e pulito dove poter posare gli occhi senza imbattersi in
un groviglio di sgorbi, di scritte illeggibili e sgrammaticate che si
sovrappongono ad altre scritte, di ghirigori prodotti con vernici indelebili
che ti aggrediscono visivamente e ti massacrano dentro. Provo rabbia e disgusto
per queste “espressioni murarie”. E pensare che c’è sempre qualcuno, il solito
“benpensante” (si, perché nel nostro Paese i saggi senza saggezza abbondano),
che sta dalla parte di questi “imbrattatori di strada” (non saprei come
chiamarli altrimenti), che danno libero sfogo al loro estro comunicandoci
qualcosa: forse rancore o frustrazione o insofferenza nei confronti della
società e della vita. Certamente, noi percepiamo tutta la loro violenza. Invece, per qualcuno,
i graffitari metropolitani sono degli “artisti” incompresi. E intanto sporcano indisturbati
le nostre città, di notte quando nessuno li vede, imbrattano la facciata
colorata di quel palazzo appena ristrutturato (l’ho visto ieri con i miei occhi…una
vera crudeltà!), deturpano un antico muro costruito con le pietre su cui si era
posata la patina del tempo. E’ un vero e proprio sfregio al decoro e alla
bellezza di un luogo. E noi, prima dobbiamo subire visivamente questa
sopraffazione, e poi – quando finalmente le autorità pubbliche preposte si
decidono ad intervenire per rimuovere tali obbrobri - siamo costretti a pagare
con i nostri soldi.
Italo
Calvino, che non poteva condividere questo ideale di città oppressa dalle
scritte di ogni genere, che non risparmiano nessuna zona del centro e della
periferia, così scriveva: “…La parola sui
muri è una parola imposta dalla volontà di qualcuno, si situi egli in alto o in
basso, imposta allo sguardo di tutti gli altri che non possono fare a meno di
vederla o recepirla. La città è sempre trasmissione di messaggi, è sempre
discorso, ma altro è se questo discorso devi interpretarlo tu, tradurlo tu in
pensieri e in parole, altro se queste parole ti sono imposte senza vie di
scampo. Sia essa epigrafe di celebrazione dell’autorità o insulto
dissacratorio, si tratta sempre di parole che ti piombano addosso in un momento
che tu non hai scelto: e questa è aggressione, è arbitrio, è violenza. (Lo
stesso vale per la scritta pubblicitaria, certamente; ma lì il messaggio è meno
intimidatorio e condizionante, – ai «persuasori occulti» ho sempre creduto poco
– ci trova più difesi, ed è comunque neutralizzato dai mille messaggi
concorrenti ed equipollenti). La parola scritta non è imposizione quando ti
arriva attraverso un libro o un giornale perché per essere ricevuta presuppone
un previo atto di disponibilità da parte tua, un consenso all’ascolto espresso
nell’acquistare o soltanto nell’aprire quel libro o quel giornale. Ma se
t’arriva da un muro senza possibilità d’evitarla è una sopraffazione in ogni
caso. È prevedibile che chi oggi sente il bisogno d’affermare le sue ragioni
conculcate scrivendole sui muri con la bombola spray, il giorno in cui avrà il
potere continuerà ad aver bisogno dei muri per giustificarlo, in epigrafi
marmoree o bronzee o – secondo le usanze del momento – in smisurati striscioni
propagandistici o altri strumenti dell’imbottimento dei crani…”
Condivido le tue parole. Un fenomeno che riguarda tutte le metropoli del mondo.
RispondiEliminaPiero
Grazie Piero. Certo, è un problema che riguarda tutte le grandi città. Quelle americane, per esempio, sono molto più graffitate delle nostre. Consoliamoci così...:-)
RispondiEliminaE menomale che ancora
RispondiEliminapossiamo "consolarci" nell' interpretazione di un noto scrittore come Calvino,cercando sempre di dare un senso a questo presente, andando a ritroso nel tempo.
Tu senti di scrivere in questo blog,ma effettivamente è una mia scelta leggerti,come quella di aprire un libro e di leggere o rileggere passi che danno forma a qualcosa che magari esiste in me e riesco ad afferrarla attraverso la conoscenza, direttamente davanti ai miei occhi.Ma è una scelta consapevole,libera.
A me anche i grandi cartelli pubblicitari mi danno una sensazione di invasione nella naturalezza delle cose.
Buona serata
L.
Quando non troviamo nel quotidiano le risposte giuste, quando non riusciamo a "dare un senso a questo presente", allora dobbiamo aggrapparci al pensiero dei Grandi, "andando a ritroso nel tempo" come dici giustamente tu. E' la nostra ancora di salvataggio. Ma è anche un modo per rafforzare una nostra considerazione, una nostra riflessione, appellarsi alle parole dell'autore a cui noi ci rivolgiamo. Come scriveva Michel de Montaigne “faccio dire agli altri quello che non posso dire altrettanto bene, sia per insufficienza del mio linguaggio sia per insufficienza del mio sentimento…bisogna che nasconda la mia debolezza sotto quelle grandi autorità”. Buona serata anche a te, L.
EliminaMolto bene ,Pino ...con te ho capito qualcos'altro ...ho conosciuto qualcun altro
Eliminae siccome mi è molto piaciuta la citazione a Michel de Montaigne proseguo :
"Vorrei che qualcuno sapesse strapparmi le penne non mie, ma con chiarezza di giudizio e per la sola distinzione della forza e della bellezza dei ragionamenti. Poiché io, per mancanza di memoria mi trovo ogni momento nell’impossibilità di distinguerli secondo la loro origine, so vedere benisssimo, misurando la mia forza, che il mio terreno non è in alcun modo capace di produrre certi fiori troppo splendidi che vi trovo disseminati, e che tutti i frutti del mio orto non potrebbero controbilanciarli.
Di questo sono tenuto a rispondere, se mi areno da solo, se nei miei ragionamenti c’è della vanità e del vizio che io non avverta affatto o che non sia capace di avvertire se me lo indicano.
Infatti alcuni difetti sfuggono ai nostri occhi, ma la malattia del giudizio consiste nel non poter rendercene conto quando un altro ce li fa notare..."
L.
Troppo bella la citazione da te riportata...grazie
EliminaSono io a ringraziare te di cuore ,per avermi dato l'opportunità di una introspezione che proprio attraverso la conoscenza dei "Grandi" il nostro mondo interiore si rafforza ...:" Montaigne “faccio dire agli altri quello che non posso dire altrettanto bene"
EliminaSai cosa penso ?Che anche tu sia un "Grande"...sei riuscito a portarmi velocemente,forse più di tutti,al mio modo di " sentire "
Ti abbraccio con un grande sorriso e nuovamente ti ringrazio!
L.
Mi hai fatto sorridere e hai fatto bene a mettere quel "grande" - riferito a me - tra virgolette. Il tuo modo di sentire, probabilmente, è anche il mio. E quindi ci troviamo tra le parole scritte :-)
EliminaGrazie a te e un caro saluto. P.
Le parole di Calvino sono sempre speciali, originali, e anche quando si concretizzano in "prese di posizione certe" ti inducono a contro-argomentare intellettualmente, a riflettere, anche (magari) per dire che sei del tutto d'accordo
RispondiEliminaProprio così, Sabina: uno come Calvino ti "costringe" a pensare. E di questi tempi non è una cosa da poco
EliminaLa stessa forzatura di chi ascolta la sua musica a volume altissimo: ti obbliga ad ascoltare senza che tu possa scegliere.
RispondiEliminaCerto, una sopraffazione anche quella
EliminaConcordo ma distinguerei i murales vere e proprie opere d'arte dagli scarabocchi come i graffiti.
RispondiEliminaIl problema nasce comunque, perchè dopo un pò di tempo c'è sempre qualcuno che si crede più artista del precedente e vi sovrappone la "sua opera d'arte"
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