Lo scrittore francese Honorè de
Balzac fu uno dei più grandi romanzieri dell’800 ed
è considerato il grande interprete del romanzo verista del XIX secolo. Attraverso
la sua monumentale opera letteraria “La
commedia umana”, costituita dai suoi innumerevoli romanzi e racconti, ha
descritto in maniera dettagliata e completa la società francese del suo tempo
in tutti i suoi articolati aspetti etico-sociali. Con questo suo romanzo “Papà Goriot” – che io lessi per la
prima volta una trentina di anni fa, oggi riletto con rinnovato interesse – lo
scrittore francese rappresenta un doloroso dramma familiare, attraverso le
vicende di un ex fabbricante di pasta alimentare (papà Goriot) che sacrifica la
sua intera esistenza per le due figlie,
le quali, senza ricambiare questo affetto, lo sfruttano e lo lasciano morire
solo come un cane.
E’ un dramma umano che si consuma
all’interno di una squallida pensione, dove “regna una miseria senza poesia”, da dove esala un “odore di pensione” che sa di rinchiuso,
di ammuffito, di freddo, gestita da una signora cinquantenne che “assomiglia a tutte le donne che hanno avuto
delle disgrazie”, una donna che esercita nei confronti dei suoi pensionanti
un’indiscussa autorità. In questo luogo, microcosmo e metafora di un’intera
società, oltre al nostro papà Goriot, troviamo una variegata e dolente umanità sconfitta
dalla vita e dagli eventi, che si lascia vivere avvolta da una malcelata
rassegnazione, “come galeotti condannati
all’ergastolo”. La storia ruota poi intorno alle due figlie del
protagonista - sposate a due cinici e freddi aristocratici appartenenti alla
nobiltà parigina - più attente e interessate ai soldi e al patrimonio del padre
che all’affetto per quel genitore che le amava al punto da sacrificare tutta la
sua esistenza, pur di vederle felici.
L’autore, con pagine velate di
tristezza senza tuttavia rinunciare a spruzzi di sincera ironia, oltre a
proiettarci in una Parigi sofferente dei primi anni dell’800, ci svela anche
l’altra parte della società del suo tempo, ricca ed aristocratica, amante dei
ricevimenti fastosi ed eleganti, una società dominata dagli interessi a scapito
dei sentimenti umani. L’amarezza che vive il protagonista - che incarna l’amore
ossessivo di un padre nei confronti delle figlie, derubato dei suoi averi e
continuamente oppresso dalle stesse - altro non è che il dramma che vive
un’intera società alla ricerca continua di quei valori etico-morali che non
siano esclusivamente legati al denaro. E’ la disgrazia di un’epoca corrotta che
antepone gli interessi economici agli affetti
più genuini, e che sacrifica gli uomini al dio denaro. Non esiste amore, anche
eccessivo e patologico come quello di un padre nei confronti dei propri figli –
pare volerci ricordare Honorè de Balzac - che possa reggere di fronte a certi
sentimenti come la cattiveria e la sete di ricchezza e di protagonismo, di cui
sembrano permeate le aspirazioni dell’uomo.
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