Chissà se un giorno l’Unesco potrà
mai dichiarare “Patrimonio dell’umanità”
uno solo dei tanti grattacieli che svettano
nelle grandi metropoli del mondo, alcuni dei quali si avvicinano ormai ai mille
metri di altezza! Sono opere architettoniche ardite e grandiose frutto dell’ingegno
umano, ma forse non meritano di essere inserite nella lista perché non interpretano
quella “relazione armoniosa fra l’uomo e la natura” che è alla base del
riconoscimento.
Invece è di questi giorni la notizia che i “muretti a secco” sono diventati patrimonio dell’umanità a seguito
della richiesta avanzata all’Unesco da alcuni stati europei, tra cui l’Italia. Si
realizza finalmente il riscatto della pietra sul cemento; si rafforza l’antica
arte contadina di tutelare il territorio attraverso piccoli interventi murari
rispetto all’esaltazione delle “grandi opere” e si riconosce il valore dell’abilità
manuale sulla tecnologia sempre più invadente dei nostri tempi.
I muretti a secco sono autentici
capolavori di architettura rurale. Già questo diminutivo, muretto, rimanda a
qualcosa di gradevole, gentile, rispettoso dell’ambiente, che evoca protezione
e legami, al contrario del muro di cinta o della muraglia che ricordano confini
e divisioni. Resto sempre affascinato quando mi trovo al cospetto di questi
manufatti costruiti con una tecnica semplice e quasi primitiva, frutto di antica sapienza e del lavoro caparbio e certosino dei nostri contadini. Mute sentinelle
a salvaguardia del territorio, baluardi naturali a difesa di memorie e
tradizioni da recuperare, i muretti a secco entrano nell’olimpo del patrimonio
dell’umanità. Servivano e servono – in quasi tutte le regioni italiane - a
terrazzare zone particolarmente scoscese necessarie alle coltivazioni, ad
arginare frane e crolli. Il muretto a secco, con quella sua elementare costruzione
fatta esclusivamente di pietre messe l’una sopra l’altra - a contenere un
declivio, a rendere più morbido un pendio e più armoniosa una collina, perfino a
ingentilire un luogo - è l’affermazione di un’arte rurale che nasce con l’uomo
e si tramanda da millenni, legata al paesaggio delle nostre campagne. E’
un’opera che utilizza per la sua realizzazione un solo elemento, tra i più
nobili presenti in natura: la pietra, propria di ogni territorio. Io penso che
con questo riconoscimento il muretto a secco acquisisca anche un suo valore
simbolico di argine alla cementificazione selvaggia e allo sfruttamento del
territorio. Oggi la barbarie - sia ben chiaro -
non si identifica nelle distruzioni, ma nelle costruzioni. I nuovi barbari
distruggono, costruendo. Da qui le alluvioni, le frane che provocano morte e
distruzione del paesaggio. Mi auguro che con l’inserimento del muretto a secco
nella lista del patrimonio mondiale da tutelare ci sia un forte cambiamento di
rotta, vale a dire no alle case abusive e si ai muretti a secco.
condivido il tuo elogio dei muretti.
RispondiEliminaqui in campagna ne incontro spesso, alcuni in buono stato, altri ormai semidiroccati.
trasmettono un senso di solida quiete, sembra di vedere le mani incallite che hanno posato pietra su pietra secondo una maestria antica.
massimolegnani
Grazie, Carlo. Da campagnoli quali siamo (se non sbaglio tu vivi in campagna mentre il sottoscritto, pur vivendo in città, è nato in un paese di campagna e si sente campagnolo) non potevamo non amare quelle solide costruzioni fatte di pietra su pietra. Buona domenica.
RispondiEliminaTra il grattacielo e il muretto io scelgo quest'ultimo. Trasmette più umanità. Condivido le tue parole. Gio.
RispondiEliminaSimboleggiano mondi differenti, una diversa filosofia di vita e come tali destano sentimenti contrastanti: il grattacielo - per quanto mi riguarda - mi inquieta, al solo pensiero che possa contenere al suo interno migliaia e migliaia di persone, il muretto a secco invece mi dona serenità e silenzio. Se potessimo umanizzarli, il secondo batterebbe di gran lunga il primo...
RispondiEliminaI muretti a secco di Ponza, costruiti su pendii incredibili, a picco sul mare, a salvaguardare quella poca terra coltivabile. Patrimonio Universale di Ponza sicuramente. E grandissimi quei piccoli grandi uomini che si sono dedicati, con pazienza certosina, ad un'opera spesso invisibile ma indispensabile.
RispondiEliminaCi sono stato qualche anno fa a Ponza: li ricordo bene, quei suoi meravigliosi muretti a secco, opere davvero importanti per un territorio a picco sul mare. Simili a quelli delle Cinque terre in Liguria o a quelli della Costiera amalfitana. Ma l'Italia tutta è ricca di questi autentici capolavori di architettura rurale, che vanno protetti e custoditi
RispondiEliminaParli di una realtà che in Liguria conosciamo bene e che è anche importante per contrastare il dissesto idrogeologico.
RispondiEliminaI muretti a secco caratterizzano il paesaggio ligure più di qualsiasi altro territorio e lo rendono davvero unico. Peccato che i fondi messi a disposizione dalla Regione per il finanziamento di queste opere non siano sufficienti a soddisfare le tante domande avanzate dalle autorità locali. Spero che questo riconoscimento decretato dall'Unesco possa servire a sensibilizzare maggiormente le istituzioni sull'importanza dei muretti a secco, veri argini al dissesto idrogeologico.
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