“Oggi la mamma è morta. O forse ieri, non so”. Inizia con queste stranianti
parole il romanzo di Albert Camus “Lo straniero” (Bompiani Editore), un
classico della letteratura. E’ la madre di Meursault, un modesto ed oscuro
impiegato che vive ad Algeri nella più completa apatia verso se stesso e il
mondo, il quale si trascina in uno stato di indifferenza, di solitudine e di
estraneità. Neanche la morte della madre – notizia appresa dalla direzione
dell’ospizio in cui da tempo la donna era ricoverata - riesce a rattristarlo, a
scuoterlo dalla sua pigrizia mentale e corporea, a liberarlo da quella inerzia
che sembra plasmare la sua mente, incapace com’è di avvertire qualsiasi
sentimento di dolore. E la sua indifferenza sembra concretizzarsi subito dopo
il funerale della madre allorquando afferma “tutto
è stato così naturale, che non mi ricordo più niente”. Il dimenticare,
quindi, scandisce inesorabilmente la sua esistenza; ma anche la noia del vivere,
l’indifferenza verso il sentimento dell’amore nei confronti di una persona cara,
il disinteresse verso quelle semplici azioni quotidiane vissute solo come
abitudini consolidate senza alcuna responsabile consapevolezza. Le sue giornate
sono piatte, prive di entusiasmo e di iniziative, senza molta partecipazione,
anche quando si trova a vivere momenti di intimità “...l’ho baciata, ma male” oppure quando si appresta a trascorrere
una giornata di festa “..mi è venuto in
mente che era domenica e questo mi ha dato noia: la domenica non mi piace”.
L’atmosfera che si respira nel
libro - attraverso il monologo interiore del protagonista - è sempre
melanconica, direi rassegnata: è l’accettazione remissiva degli eventi che gli
accadono, o meglio che gli scivolano addosso e lo allontanano sempre di più
dalle cose e dalla vita. La narrazione procede quasi sempre in maniera lenta e intorpidita,
che poi è la stessa tensione che anima il protagonista, tensione mista ad una
forte incertezza che si manifesta anche nel rapporto amoroso che lui
intrattiene con la sua donna: “mi ha
domandato se l’amo - dice Meursault – le
ho risposto che era una cosa che non significava nulla, ma che mi pareva di
no”. L’apatia e l’indifferenza non lo abbandonano neanche quando uccide,
per futili motivi, un arabo che nemmeno conosce: si lascia arrestare e si
consegna impassibile al processo, evitando di difendersi e senza cercare
giustificazioni al suo gesto. La sua filosofia di vita è che ci si abitua a
tutto, anche alle situazioni più estreme che offre la vita come quella
carceraria, e l’abitudine, appunto, sembra costituire la sua forza d’animo, la
sua corazza protettiva nei confronti del mondo esterno e delle avversità
dell’esistenza. “se avessi dovuto vivere
dentro un tronco d’albero morto, senz’altra occupazione che guardare il fiore
del cielo sopra il mio capo, a poco a poco mi sarei abituato – dice
Meursault – avrei atteso passaggi di
uccelli o incontri di nubi” così come nel carcere attendeva “le strane cravatte dell’avvocato” o
come da cittadino libero aspettava pazientemente “il sabato per avere il corpo di Maria”. Anche il processo che
subisce è la rappresentazione di una sorta di commedia dell’assurdo in cui, da
una parte, i giudici sembrano accanirsi più sulla mancanza di qualità morali
dell’imputato che sul reato per cui viene giudicato, mentre dall’altra,
l’imputato - che non aveva mai assistito
ad un processo - diventa attore interessato ma passivo ed estraneo, senza avere
la possibilità non solo di difendersi, ma di esprimere alcun parere al riguardo.
In questo contesto narrativo
Meursault si configura come un lucido eroe di un assurdo destino, il quale di
fronte alla condanna a morte si apre per la prima volta “alla dolce indifferenza del mondo” e si sente felice al pensiero
che il giorno della sua esecuzione ci siano molti spettatori che lo accolgano “con grida di odio”. E’ un libro che fa
molto riflettere – come tutti i grandi libri, piacciano o meno - un romanzo che
scandaglia gli angoli più nascosti dell’animo umano. Da leggere assolutamente.
Un libro così mi metterebbe angoscia. Non è per me.
RispondiEliminaS.
De gustibus...un libro della Littizzetto ma anche l'ultima opera letteraria di Totti non generano angosce, non ti fanno pensare e ti fai pure quattro risate :-)
EliminaSublime Camus.
RispondiEliminaConcordo!
EliminaE' un grande classico della letteratura su questo non si discute.
RispondiEliminaI grandi non si discutono: si possono solo leggere.
Eliminalo citi spesso Camus mentre io ho sempre rinviato la sua lettura.
RispondiEliminaforse questa è l'occasione buona per porvi rimedio.
massimolegnani
Se hai rinviato la sua lettura significa che forse c'è qualcosa in lui che non ti convince: si, questa è l'occasione buona per scoprirlo. Poi mi farai sapere.
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