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giovedì 11 ottobre 2018

Albert Camus e la "dolce indifferenza del mondo"



“Oggi la mamma è morta. O forse ieri, non so”. Inizia con queste stranianti parole il romanzo di Albert Camus “Lo straniero” (Bompiani Editore), un classico della letteratura. E’ la madre di Meursault, un modesto ed oscuro impiegato che vive ad Algeri nella più completa apatia verso se stesso e il mondo, il quale si trascina in uno stato di indifferenza, di solitudine e di estraneità. Neanche la morte della madre – notizia appresa dalla direzione dell’ospizio in cui da tempo la donna era ricoverata - riesce a rattristarlo, a scuoterlo dalla sua pigrizia mentale e corporea, a liberarlo da quella inerzia che sembra plasmare la sua mente, incapace com’è di avvertire qualsiasi sentimento di dolore. E la sua indifferenza sembra concretizzarsi subito dopo il funerale della madre allorquando afferma “tutto è stato così naturale, che non mi ricordo più niente”. Il dimenticare, quindi, scandisce inesorabilmente la sua esistenza; ma anche la noia del vivere, l’indifferenza verso il sentimento dell’amore nei confronti di una persona cara, il disinteresse verso quelle semplici azioni quotidiane vissute solo come abitudini consolidate senza alcuna responsabile consapevolezza. Le sue giornate sono piatte, prive di entusiasmo e di iniziative, senza molta partecipazione, anche quando si trova a vivere momenti di intimità “...l’ho baciata, ma male” oppure quando si appresta a trascorrere una giornata di festa “..mi è venuto in mente che era domenica e questo mi ha dato noia: la domenica non mi piace”.

L’atmosfera che si respira nel libro - attraverso il monologo interiore del protagonista - è sempre melanconica, direi rassegnata: è l’accettazione remissiva degli eventi che gli accadono, o meglio che gli scivolano addosso e lo allontanano sempre di più dalle cose e dalla vita. La narrazione procede quasi sempre in maniera lenta e intorpidita, che poi è la stessa tensione che anima il protagonista, tensione mista ad una forte incertezza che si manifesta anche nel rapporto amoroso che lui intrattiene con la sua donna: “mi ha domandato se l’amo - dice Meursault – le ho risposto che era una cosa che non significava nulla, ma che mi pareva di no”. L’apatia e l’indifferenza non lo abbandonano neanche quando uccide, per futili motivi, un arabo che nemmeno conosce: si lascia arrestare e si consegna impassibile al processo, evitando di difendersi e senza cercare giustificazioni al suo gesto. La sua filosofia di vita è che ci si abitua a tutto, anche alle situazioni più estreme che offre la vita come quella carceraria, e l’abitudine, appunto, sembra costituire la sua forza d’animo, la sua corazza protettiva nei confronti del mondo esterno e delle avversità dell’esistenza. “se avessi dovuto vivere dentro un tronco d’albero morto, senz’altra occupazione che guardare il fiore del cielo sopra il mio capo, a poco a poco mi sarei abituato – dice Meursault – avrei atteso passaggi di uccelli o incontri di nubi” così come nel carcere attendeva “le strane cravatte dell’avvocato” o come da cittadino libero aspettava pazientemente “il sabato per avere il corpo di Maria”. Anche il processo che subisce è la rappresentazione di una sorta di commedia dell’assurdo in cui, da una parte, i giudici sembrano accanirsi più sulla mancanza di qualità morali dell’imputato che sul reato per cui viene giudicato, mentre dall’altra, l’imputato -  che non aveva mai assistito ad un processo - diventa attore interessato ma passivo ed estraneo, senza avere la possibilità non solo di difendersi, ma di esprimere alcun parere al riguardo.

In questo contesto narrativo Meursault si configura come un lucido eroe di un assurdo destino, il quale di fronte alla condanna a morte si apre per la prima volta “alla dolce indifferenza del mondo” e si sente felice al pensiero che il giorno della sua esecuzione ci siano molti spettatori che lo accolgano “con grida di odio”. E’ un libro che fa molto riflettere – come tutti i grandi libri, piacciano o meno - un romanzo che scandaglia gli angoli più nascosti dell’animo umano. Da leggere assolutamente.

8 commenti:

  1. Un libro così mi metterebbe angoscia. Non è per me.
    S.

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    1. De gustibus...un libro della Littizzetto ma anche l'ultima opera letteraria di Totti non generano angosce, non ti fanno pensare e ti fai pure quattro risate :-)

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  2. E' un grande classico della letteratura su questo non si discute.

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    1. I grandi non si discutono: si possono solo leggere.

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  3. lo citi spesso Camus mentre io ho sempre rinviato la sua lettura.
    forse questa è l'occasione buona per porvi rimedio.
    massimolegnani

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  4. Se hai rinviato la sua lettura significa che forse c'è qualcosa in lui che non ti convince: si, questa è l'occasione buona per scoprirlo. Poi mi farai sapere.

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