Se c’è un libro che mi suscita un
vero timore reverenziale e mi induce a pensare che, al suo confronto, tutti gli
altri sembrano inferiori, ebbene questo libro è “Alla ricerca del tempo perduto” di Marcel Proust. Io penso che non
esista nel panorama letterario universale uno scrittore tanto amato quanto detestato
come Proust. Se i suoi estimatori (e sono tanti) non fanno che esaltare la sua
scrittura e il suo stile incomparabile, crogiolandosi nelle sue lunghissime, meticolose
disquisizioni, i suoi denigratori (che sono altrettanti), lo considerano un
pesante mattone prolisso e indigeribile che ti stordisce. Tra quest’ultimi và
ricordato quell’editore che nel 1913 lo bocciò con queste famose parole: «Sarò
particolarmente tonto, ma non riesco a capire come questo signore possa
impiegare trenta pagine a descrivere come si gira e si rigira nel letto prima
di prendere sonno».
Sette volumi con circa “9.609.000 caratteri,
scritti in 3724 pagine” (fonte Wikipedia): un’opera monumentale. Uno dei
massimi capolavori della letteratura di tutti i tempi, piaccia o meno. Per
scrivere “Alla ricerca del tempo perduto”
lo scrittore francese trascorse circa 13 anni della sua breve, intensa e –
forse - infelice esistenza (dal 1910 fino all’anno della sua morte avvenuta nel
1922), relegato in una stanza foderata di sughero per isolarsi dai rumori e dalle
“sirene” del mondo circostante, scrivendo di notte in dolorosa solitudine. Con
un’abile combinazione di finzione letteraria e fatti autobiografici, Proust
riportò in vita il tempo passato rendendolo ancora vivibile attraverso la “memoria
involontaria”, quella che viene accesa all'istante da un odore… da un colore…
da una parola… da un paesaggio… da una persona… da una sensazione. Scrive Paolo
Pinto nell’introduzione al libro: “Nella
Recherche, insomma, tutto è falso, e chi pretendesse di scrivere una biografia
di Proust basandosi esclusivamente su di essa giungerebbe sicuramente ad esiti
fallimentari; eppure è anche tutto vero, nel senso che non c’è emozione,
sentimento, idea, personaggio dell’opera che prescinda totalmente dalla vita
dell’autore”. Con la sua scrittura Proust è riuscito a scavare nell’animo
umano come nessun altro, attraverso un viaggio a ritroso nel tempo, mettendo in
risalto vizi e virtù di un mondo perduto: il suo mondo e quello della borghesia
del suo tempo di cui era un degno e raffinato rappresentante. E chissà se tra
quelle pagine non si nascondano anche aspetti della nostra esistenza e del
nostro mondo interiore! Come solo i grandi scrittori sanno fare quando, pur raccontando
sé stessi, parlano di noi.
Ho comprato, di recente, il
bellissimo cofanetto edito dalla Newton Compton Editore contenente i sette
volumi - finemente rilegati - di cui si compone l’opera di Proust, spendendo solo
20 euro (e poi dicono che i libri costano troppo!). Avevo già letto – e devo
dire con difficoltà e con stupore – i primi due libri ( “Dalla parte di Svann” e “All’ombra
delle fanciulle in fiore” ). Ora mi aspettano sullo scaffale della mia
libreria gli altri cinque volumi: una sfida e un’impresa. La lettura di questo
romanzo, inutile nasconderlo, risulta molto impegnativa, a volte faticosa, e richiede
una dote invidiabile di pazienza. I periodi, come è nello stile di Proust, sono
molto lunghi, articolati e complessi. Spesso bisogna ritornare indietro,
rileggerli con calma e attenzione per comprenderne appieno il senso e coglierne
le infinite sfumature. Sono come quelle
canzoni d’autore poco orecchiabili che non ti prendono immediatamente: hanno
bisogno di un ascolto molto più lungo e attento per apprezzarle. Poi si fanno
amare per sempre. Luoghi e personaggi dell’opera sono inventati, sebbene
ricordino luoghi e persone legate all’esistenza del narratore: in primis la
mamma, anzi la “mammina” e la nonna, le figure a cui l’autore era più legato.
Poi i suoi vicini di casa, le donne di cui si innamorava, le persone
aristocratiche che frequentava, i suoi amici…Questi innumerevoli personaggi, nel
corso della narrazione, compaiono e scompaiono ripetutamente e spesso ce li
portiamo dietro per pagine e pagine attraverso minuziose e a volte snervanti descrizioni.
E’ un libro che lascia un segno profondo nell’animo perché ti sovrasta e ti fa
sentire piccolo piccolo. C’è chi nemmeno osa affrontarlo, vista la mole; c’è
chi lo rinvia a data da destinarsi, perché lo teme; c’è chi lo inizia e lo
abbandona dopo poche pagine, affranto; c’è chi lo legge estasiato e poi lo
rilegge, senza mai saziarsene; c’è chi lo porta a termine con fatica, però
felice di esserci riuscito. Credo che nessun altro romanzo desti così tante
reazioni tra chi ha un po’ di dimestichezza con i libri.
confesso che tra le mie numerosissime lacune c'è anche Proust che non credo possa entusiasmarmi con la sua prolissità. Poi è chiaro che mi perdo un grande autore, ma ho una lista di romanzi lunga da me a te che vorrei leggere prima dei suoi.
RispondiEliminamassimolegnani
Sapessi quante sono le mie lacune!! Non si possono leggere tutti i libri; e non si possono leggere tutti i grandi autori. E poi, diciamocelo: ognuno di noi ha i suoi autori preferiti. Quindi, prima loro e poi gli altri.
EliminaIo sono uno di quelli che è stato rapito da questo libro. Lo lessi durante una difficile estate di tanti anni fa.
RispondiEliminaE' proprio il caso di dire: come Proust può cambiarti la vita.
EliminaHo finito "all'ombra delle fanciulle in fiore" (ho 13 anni), e voglio finire tutta l'opera
EliminaMi complimento con te: leggere Proust a 13 anni, di questi tempi, è davvero una cosa rara. Bravo!
EliminaCiao Jack
Un plauso a mio padre che la Recherche l'ha letta tutta quanta e l'ha amata profondamente!
RispondiEliminaI miei più profondi complimenti a tuo padre. Tanto di cappello di fronte ad un lettore così appassionato
EliminaNon ho ancora completato l'impresa, sono al secondo libro ma non dispero. Sulla sinatssi e sugli enormi lunghissimi periodi tipici dellla scrittura proustiana avrei molto da dissentire. Ma è un'opinone prsonale, la Recherce rimane un monumento.
RispondiEliminaDici bene: "rimane un monumento". E se non riusciamo a conquistarlo, ciò dipende solo dalla nostra inadeguatezza
EliminaCi ho provato, ma senza finire.
RispondiEliminaUna volta mi colpevolizzavo per certe svogliatezze, poi ho preso a pensare che leggere è un piacere prima di tutto e che ogni periodo della vita ha la sua letteratura.
Verissimo, leggere deve essere un piacere. Resta il fatto che Proust miete molte vittime tra i lettori. Evidentemente la sua lettura non desta molto piacere
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