In questa nostra società - dominata dai
social network, dai telefonini sempre accesi e connessi e dai format televisivi
dove uomini e donne esibiscono e spettacolarizzano senza alcuna vergogna i
propri sentimenti, mettendo in piazza la propria vita intima e privata – si
avverte sempre più forte un bisogno di visibilità sociale. Tutto ciò ci fa riflettere
su quanto gli individui, oggi, si sentano isolati e vogliano uscire
dall’anonimato in cui sembrano ingabbiati. Il telefonino - ma ormai è riduttivo
chiamarlo così - è certamente il principale strumento tecnologico attraverso il
quale si cerca di colmare il vuoto esistenziale per non sentirsi soli e
abbandonati. Dovunque ci troviamo – per strada, sui mezzi pubblici, nelle
stazioni, nei ristoranti, nei cimiteri, nelle chiese, nei centri commerciali,
lungo i sentieri di montagna – non vediamo altro che persone con lo sguardo
chino su uno schermo. Siamo contemporaneamente spettatori e concorrenti di una sorta
di gara a chi ce l’ha più lungo (lo smartphone), più bello, più tutto; assistiamo
e partecipiamo ad una estenuante esibizione di conversazioni e di chiacchiere
ad alta voce, le più varie, le più insignificanti; siamo deliziati da un incalzare
di suonerie le più stravaganti, mentre si smanetta su uno schermo alla ricerca continua
di notizie, video, pettegolezzi sulla vita degli altri, eternamente connessi
con un “altrove” che allontana dal presente e da quello che succede intorno a
noi.
Siamo schiavi della tecnologia e della necessità
di essere sempre contattati e rintracciabili, condizioni queste che restringono
la nostra libertà di movimento e di pensiero: dobbiamo sempre giustificarci se
non rispondiamo ad una telefonata o se teniamo il cellulare spento. Se poi -
pur avendo il telefonino sempre acceso - non ci chiama nessuno (mentre tutti
gli altri intorno a noi stanno al telefono) - ci lasciamo prendere dallo
sconforto e dalla malinconia. E allora, per soddisfare quel bisogno di
sicurezza, per sentirci vivi, per ripristinare quel contatto continuo con
qualcuno e con il “mondo”, e per non sentirci abbandonati, facciamo il primo
numero che ci capita, anche se non abbiamo nulla da dire. Pronto? Dove sei? E immediatamente
spunta il sorriso sulle nostre labbra. Ci tranquillizziamo.
Non conosciamo più l’attesa e non abbiamo più il tempo di
elaborare una risposta meditata. Dobbiamo sempre rispondere con urgenza, in
qualsiasi momento ed in qualsiasi situazione. Tutto è diventato terribilmente improrogabile.
Con un telefonino in mano possiamo comunicare, contemporaneamente, con un
interlocutore lontano e con tanti vicini che ascoltano. E’ una protesi
che indossiamo ogni mattina, appena svegli. E’ la droga del terzo
millennio. E come tutte le droghe, genera dipendenza. Abbiamo paura di essere
tagliati fuori da questa comunicazione continua e incessante, andiamo in
fibrillazione quando lo dimentichiamo o temiamo di averlo perso. E poi quella
smania di controllarlo continuamente in cerca di notizie, messaggi, chiamate
perse, pagine facebook…Non vengono
risparmiati neanche i bambini da questo uso indiscriminato. Una volta - i
nostri figli, i nostri nipoti - cominciavano a prendere coscienza del mondo e
ad instaurare relazioni affettive con un orsacchiotto di peluche, con un
trenino, con una bambolina: oggi hanno lo smartphone già alle elementari e si
chiamano tra di loro per comunicare.
Spero che il telefonino, nel prossimo
futuro, non provochi nuove malattie, ma io penso che già da ora contribuisca ad
accrescere le patologie che uno già possiede, le evidenzia e le fa conoscere a
tutti. Con un telefonino in mano abbiamo l’illusione di poter risolvere
qualsiasi problema e la pretesa di poter controllare i nostri familiari, i
luoghi che frequentano, gli spostamenti che effettuano durante la giornata.
Intanto la nostra capacità di gestire l’ansia si va progressivamente
indebolendo: si cade in preda al panico se il telefonino resta muto per molto
tempo, o se la figlia, che è uscita con gli amici, non telefona da più di
mezz’ora. In compenso cresce l’esibizionismo:
diamo volutamente in pasto ai presenti i nostri fatti personali, anche i più
intimi e segreti, come se fosse un diritto/dovere farsi sentire.
P.S. – Non possiedo telefonini. Pensate
che per fare una telefonata mi servo, ancora, del telefono fisso di casa. E così facendo, rinuncio a quel piacere impagabile che solo una
telefonata con uno smartphone riesce a darti, per strada o su un autobus affollato di
gente nell’ora di punta.
hai tutte le ragioni e sei pure di piacevole lettura in questa tua battaglia contro l'esasperazione della tecnologia, però la tua guerra è persa, la tecnologia ci circonda e con la tecnologia occorre venire a patti, trovare compromessi, perchè anche per scrivere e pubblicare questo brano hai utilizzato tecnologia elettronica.
RispondiEliminaun sorriso solidale
massimolegnani
E' una guerra che perdiamo tutti...e per venire a patti con la tecnologia basterebbe una sola cosa, semplice, semplice: il buon senso. Ma lo abbiamo smarrito. ormai, da tempo. Un caro saluto a te. :-)
EliminaAnalisi ineccepibile. Io sono uno degli schiavi del cell.. non posso farne a meno e mi lega al resto del mondo che evidentemente non riesco più a sentire mio.
RispondiEliminaGuadagniamo distanze e persone con uno smartphone.
Ma spesso rischiamo di perdere quello che abbiamo sotto il naso. Distanze (minime) e persone (accanto) comprese.
Ohhh! finalmente uno che ha il coraggio di dire di essere schiavo del cellulare. A sentire le voci, in giro, sembrerebbe che tutti lo usino in maniera oculata. E' come chiedere a un fumatore chi è che butta le cicche per strada: sono sempre gli altri, naturalmente. Comunque voglio sperare, caro Franco, che quando vai a sentire un concerto non ti comporti come quelle migliaia e migliaia di persone che, anziché ascoltare la musica e guardare dal vivo il cantante, preferiscono impugnare tutti insieme un telefonino e filmare il concerto, per guardarselo poi a casa. Assurdo! Ma tu sei troppo intelligente e sono sicuro che la cosa non ti riguarda. E' solo per dire che oggi, purtroppo, non sappiamo più guardare se non abbiamo sotto gli occhi uno schermo... Un caro saluto
EliminaTroppo gentile per i complimenti... ho un collega senza cellulare.. e giuro, lo invidio.. comunque a me da fastidio scorgere display luminosi dentro il cinema e non esito a rimproverare il malcapitato di turno.. ci deve essere un limite... e poi ci vuole educazione.. ad esempio, a tavola, il cell va a destra del piatto, o a sinistra?!? ;)
EliminaIl cellulare a tavola va a sinistra solo per i mancini :-). Comunque, a parte gli scherzi, a tavola andrebbe bandito. Per esempio, metti che noi due un bel giorno ci troviamo a chiacchierare in piacevole compagnia al ristorante, davanti ad un bel piatto fumante di bucatini all'amatriciana e all'improvviso squilla il tuo cellulare, con la sua bella musichetta. Tu tu cosa fai? Puoi parlare davanti a me oppure, se non vuoi farmi sentire, ti alzi e ti allontani lasciandomi solo al tavolo come un carciofo. Comunque ti comporti, adotti sempre un comportamento scorretto e alquanto maleducato, prima perché interrompi la nostra conversazione e poi - la cosa più importante - lasci che il piatto si raffreddi, per dare retta a quello scocciatore che magari ti ha chiamato per sapere cosa ha fatto la Roma nel derby. Perciò, caro Franco, meglio spegnere il cellulare a tavola. E poi, detto tra di noi, perché invidi quel tuo collega che non ce l'ha? a te mica te l'ha ordinato il medico!? Ti auguro una buona domenica, con simpatia :-)
EliminaDiciamo che anch'io non potrei vivere senza. E' la prima volta che mi capita di vedere (anzi leggere) uno che non ha il cellulare. Mi domando come fai...
RispondiEliminaValeria
Non esageriamo: si può vivere anche senza telefonino. E senza traumi. Forse non vivevamo così, solo una quindicina di anni fa? Mica stavamo nel medioevo? L'unico inconveniente, quando mi trovo fuori casa, è che non posso avvertire mia moglie di buttare la pasta :) :)
EliminaIo ho uno smartphone ma non ne sono schiavo. Il segreto di pulcinella sta nel fatto che si dovrebbe avere moderazione e vivere anche la vita reale e quando per es. visiti un posto fantastico, respirarlo, viverlo, goderlo, e non pensare solo ai selfie o a filmare tutto in diretta su fb….
RispondiEliminaCondivido pienamente le tue parole...ma non sempre c'è "moderazione". Basta guardarsi in giro
EliminaHo il cellulare, ma resisto, orgogliosamente resisto ad osservare il resto, il resto del mondo.
RispondiEliminaPerò, di fronte a uno che sa farne a meno mi sento come la piccola Bernadette davanti alla Madonna...sono felicemente sconcertata, tutto detto con assoluta ammirazione.
Mi fai sorridere...Sappi, comunque, che non sei la sola a rimanere sconcertata: la prima è mia moglie, che ancora non riesce a farsene una ragione. Sapessi, invece, quanto io sia felice di non essere pedinato...controllato...spiato. E sapessi quante telefonate inutili e stupide si evitano, sia nel farle che nel riceverle. Anche se, purtroppo, sono costretto ad ascoltare quelle degli altri. Mi auguro, in futuro, che - così come è avvenuto con il fumo delle sigarette - venga esteso il divieto di parlare con un cellulare in tutti i luoghi pubblici. Ho l'impressione, a volte, che la gente se non è circondata da una folla di ascoltatori non trovi nessun gusto nel telefonare. Sarebbe una buona cosa, una pausa rigenerante anche per chi è schiavo del telefonino. :-)
Elimina:)
RispondiElimina:)
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