Lo confesso: non riesco a
farmi piacere la politica né i suoi diretti rappresentanti governativi ed
istituzionali. Per rincuorarmi o per avere un atteggiamento positivo nei
confronti di questa particolare categoria di soggetti dovrei, forse, rifugiarmi
nelle antiche civiltà del passato quando a fare politica venivano chiamati
soprattutto gli uomini migliori, i saggi e i filosofi. Chi oggi “scende in
campo” per dedicarsi alla res publica
non deve avere remore morali e non deve essere dotato di alcuna preparazione
specifica: basta che sia furbo e arrogante, magniloquente e senza dignità,
amante del potere e dei soldi e privo di vergogna. E che abbia l’abilità di
saltare, all’occorrenza, sul carro del vincitore. Tutto il resto arriva dopo:
clientele, ruberie, corruzione, arricchimenti personali con i soldi pubblici.
Qualcuno dirà: ma in politica esistono anche le persone perbene e oneste,
sensibili al ruolo istituzionale per il quale sono state chiamate. Giusto! ci
mancherebbe!! Il problema è che quest’ultimi non fanno nulla per allontanarsi
dalle malefatte dei primi: li difendono, li coprono, li giustificano... li abbracciano. E li salvano anche di fronte ad un terzo grado di
giudizio, calpestando la legge. E allora diventa davvero difficile distinguere
i buoni dai cattivi.
E’ noto che la corruzione, il
malgoverno, i privilegi a favore della “casta politica” non sono mali che
riguardano esclusivamente i tempi moderni. No, perché i favoritismi, il do ut des, gli appoggi agli amici degli
amici e gli interessi personali esistevano già nell’antica Grecia, la culla
della democrazia, e poi nell’antica Roma. Tant’è che lo storico greco Plutarco
indirizzò agli uomini politici del suo tempo una serie di consigli con intenti
pratici e morali. Oggi tali scritti, in considerazione dei principi che vi
troviamo illustrati, appaiono di straordinaria stringente attualità. In
sostanza Plutarco dice che l’ingresso in politica deve essere determinato non
già da una infatuazione dettata da vanagloria o spirito di rivalità ma da una
volontà chiara e consapevole di operare per il bene comune e di “fare qualcosa di nobile” . E che non
bisogna usare tale trampolino per arricchirsi. Il politico - dice sempre
Plutarco – deve scegliersi dei collaboratori molto competenti, specialmente in
quei settori in cui lui non ha capacità specifiche, tenendo presente che la
corruzione è sempre in agguato e che è il male peggiore, la morte della democrazia.
Ritiene, inoltre, riprovevole quel comportamento plateale tenuto dai politici
nei pubblici dibattiti (i nostri talk show televisivi…) e a tal proposito
scrive: “vi sono anche di quelli che,
smaniosi di popolarità e ammalati di protagonismo, affrontano gli avversari in
pubblici dibattiti come se fossero attori di teatro…”. La dote fondamentale
del politico, secondo il filosofo greco, deve essere la trasparenza, una
condotta esemplare da tenere non solo in pubblico, nell’esercizio delle proprie
funzioni, ma anche nella vita privata, affinché sia immune da qualsiasi biasimo
o accusa: “la gente infatti, - scrive
Plutarco - è curiosa di sapere non solo
quello che fa o dice in pubblico, ma anche cosa mangia, dove e con chi, quali
sono i suoi amori, come va il suo matrimonio, qualunque fatto, insomma, sia
esso frivolo o serio, che investa la sua sfera personale”.
E possiamo solo immaginare
cosa avrebbe pensato il tribuno dell’antica Roma Livio Druso delle attuali intercettazione telefoniche, per le quali
oggi i nostri politici (si fa per dire) chiedono severe restrizioni (ma
basterebbe non delinquere mentre si parla al telefono…). Plutarco narra che questo
tribuno, eletto dall’assemblea del popolo – il quale, tra l’altro, aveva il potere
di invalidare le sentenze dei magistrati ritenute lesive dei diritti di un
plebeo - “avendogli un artigiano
proposto, per cinque soli talenti, di orientare e sistemare diversamente quelle
parti della sua abitazione ch’erano esposte alla vista dei vicini, rispose: te
ne darò dieci se renderai trasparente tutta la mia casa, affinché tutti i
cittadini possano vedere come vivo”.
Altri tempi!!…altri politici!!
Certo che Plutarco aveva mente fina e vista lunga
RispondiEliminaBisognerebbe farlo studiare obbligatoriamente a chi aspira alla carriera politica.
massimolegnani
Sarebbe una buona idea, quella di far leggere Plutarco ai politici...ma non basterebbe! Noi la corruzione, caro Carlo, ce l'abbiamo nel DNA. :-)
EliminaNon c'entra con questo post, ma te lo volevo dire: oggi mi sono letta una sintetica biografia di Fausta Cialente e ho scoperto che i suoi romanzi sono apparentati stretti con la sua vita. Me ne sono meravigliata e mi sono ricordata del tuo post "Storia di una famiglia nella Trieste di fine Ottocento"
RispondiEliminaGrazie davvero! Ed io sono andato a rileggermi quel post, compreso il tuo commento di allora. Comunque, non solo la Cialente ma tanti altri scrittori, soprattutto del passato, hanno fatto letteratura attraverso le loro vicende familiari.
EliminaLa corruzione, le caste, il potere, sono tutte cose che esistono da sempre. Quello che oggi mi disgusta maggiormente (oltre il fatto che abbiamo cmq davvero raggiunto un livello insostenibile di corruzione e disinteresse reale alla cosa pubblica) è come queste persone non si vergognino ma anzi ostentino a volte quasi come un vanto questa loro furberia o corruttela.
RispondiEliminaE' una sorta di titolo di merito: se non sei corrotto e non sei implicato in qualche indagine giudiziaria, non vai da nessuna parte.
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